Femke Bol ha deciso di raddoppiare la sua corsa: la sua storia nel segno di Mondrian

Gli abitanti di Amersfoort, non distante da Utrecht, devono aver sviluppato un solido amore per la corretta combinazione degli elementi geometrici. Qui è nato Piet Mondriaan, pioniere dell’arte astratta, con le linee perfette dei suoi quadri, semplici e complessi insieme. Non sappiamo quanto la sua concittadina Femke Bol adori la pittura fiamminga, ma la sua giovane e già straordinariamente vincente carriera sportiva, si è sviluppata su identica precisione, seguendo le linee delle corsie di una pista di atletica. La differenza è che alle superfici piatte disegnate da Mondrian , la venticinquenne Femke ha aggiungo la variabile delle 10 barriere da 76 centimetri che compongono la prova dei 400 ostacoli. Superarle non è mai stato un problema per le gambe da fenicottero di una ragazza di un 1.84, due volte campionessa del mondo, arrivata all’atletica in modo abbastanza casuale: praticava judo, un giorno si ruppe un braccio, i medici suggerirono uno sport alternativo, così il fratello maggiore, uno sprinter, la portò in pista e da lì non se ne è più andata, così innamorata di questo sport da proporsi come volontaria per i grandi eventi: chi è andato ad assistere agli Europei di Amsterdam nel 2016 può essersi visto controllare il biglietto di ingresso da una ragazzina di 16 anni che oggi è tra le più grandi atlete di sempre. Ma nonostante i successi la concittadina di Mondrian ha realizzato di avere un problema: nata nel 2000, è contemporanea di Sydney McLoughlin, un anno di più, dominatrice della specialità e motivo per cui Femke, che pure vanta quattro dei primi nove tempi di sempre dei 400 ostacoli, si deve accontentare del primato europeo. Il suo 50.95 è distante quasi sei decimi dal record assoluto della ventiseienne del New Jersey, che si è pure presa i due ori olimpici di Tokyo e Parigi, con l’olandese relegata al bronzo. Non a caso, i due titoli mondiali della Bol, a Budapest e Tokyo, sono arrivati in assenza dell’americana. Insomma, per vincere all’olandese serviva inventarsi qualcosa, e non bastava neppure togliere le barriere: pure sul piano si sarebbe trovata di fronte l’invincibile Sydney, quest’anno oro mondiale a Tokyo dei 400 con il secondo tempo della storia. E così, ispirandosi davvero a Mondrian, ai disegni di linee che presuppongono una perfezione non solo geometrica ma anche filosofica, ecco l’idea che spariglia i giochi: niente barriere e raddoppio della distanza, dai 400 metri del ‘Killer Round’, il giro che uccide secondo la cinica ma corretta definizione degli inglesi, agli 800 metri. Scelta coraggiosa, ma non un azzardo. Troverà sulla sua strada avversarie non meno toste, su tutte la bionda studentessa di Leeds Keely Hodgkinson, campionessa olimpica a Parigi, ma con la certezza di una disponibilità di serbatoio in grado di renderla competitiva anche sul doppio giro di pista: il 49.17 della gara piana assicura che non sarà messa in difficoltà da un passaggio intorno ai 55-56 secondi, quello delle ottocentiste migliori. Toccherà al suo coach, lo svizzero Laurent Meuwly, responsabile di sprint, ostacoli e staffette della squadra olandese, modificare gli allenamenti per ampliare la riserva energetica di Femke, ricordando per altro come gli 800, la specialità con i maggiori progressi medi nel periodo, siano ormai diventati più una prova di velocità prolungata che non di mezzofondo veloce. Il cambio di disciplina, nell’atletica, non è per altro così infrequente, e lo dimostrano proprio due simboli dell’atletica italiana. Marcell Jacobs, stufo di infortunarsi nel salto in lungo, a ventiquattro anni ha deciso di sfruttare la sua velocità di rincorsa per i 100 metri. Non avrebbe smesso di essere tradito da muscoli talentuosi ma di seta, ma avrebbe ricevuto il dividendo dell’oro olimpico di Tokyo. Al lungo è invece arrivato Mattia Furlani, che da ragazzino era intenzionato ad imitare la sorella maggiore Erika sulla pedana dell’alto. Era bravo pure a saltare per aria, campione europeo allievi a Gerusalemme, ma si è presto accorto di essere ancora più formidabile nell’andare lontano: l’8.39 del mondiale di Tokyo lo ha già piazzato nella storia ad appena 20 anni. Ora tocca a Femke Bol, ragazza educata e sorridente, un’inconfondibile vocina acuta quando risponde alle interviste, il cuore grande per sollecitare una raccolta di fondi per i terremotati turchi in occasione degli Europei Indoor di Istanbul, lei che il cuore lo ha impegnato anche sentimentalmente, fidanzata da anni con l’astista belga Ben Broeders. Non abbandonerà certo i 400 ostacoli, né farà mancare l’apporto alla patria in staffetta, ma ora è chiamata all’affascinante sfida degli 800, come portata alla nuova distanza da una linea logica dipinta da Mondrian.

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Femke Bol ha deciso di raddoppiare la sua corsa: la sua storia nel segno di Mondrian

Nicola Roggero