Quella volta in cui Myke Tyson volle affrontare un gorilla

Cus D’Amato, grande allenatore di pugilato e mentore di Mike Tyson, al suo irascibile e manesco allievo cresciuto a New York e allevato dai ‘Cats’ di Rutland Road, una gang di strada caraibica che spadroneggiava in Crown Heights, non lontano dalla Eastern Parkway di Brooklyn, ripeteva molto spesso “…ricorda che di fronte a un pericolo o una minaccia, l’adrenalina accelera il battito e dà una forza eccezionale, ma fra eroe e codardo la differenza la fa la disciplina: le emozioni che si provano sono le stesse. Ma nel tuo caso, Mike, la tua mente non ti è amica. Spero che tu lo sappia. Devi combatterla, piegarla, rimetterla al suo posto. Devi imparare a controllare le tue emozioni”. Un consiglio non sempre tenuto al centro dei pensieri da Mike Tyson, la cui vita è sempre stata piuttosto burrascosa: innegabile campione sul ring e tra i migliori pugili di tutti i tempi, migliore picchiatore di sempre nella categoria dei pesi massimi, probabilmente il più feroce lottatore mai salito su un quadrato, ma anche uomo capace di clamorose e rovinose cadute. Dalla giovane età trascorsa fra risse e riformatorio al tumultuoso divorzio con l’attrice Robin Givens; dall’accusa per stupro nei confronti di Desirée Wahington che gli costò sei anni di carcere alla squalifica per avere morso un orecchio in combattimento - e sputato un pezzo di cartilagine - a Evander Holyfield nel corso di una rivincita valida per un titolo mondiale; dalle polemiche sul ring e fuori dal ring con arbitri e avversari alla conversione all’Islam con il nuovo nome di Malik Abdul Aziz. Ce n’è abbastanza per comprendere quanto la figura di Tyson possa definirsi controversa e quanto possano avere influito in cinquantanove anni di esistenza, più di quarantacinque dei quali passati a tirare e prendere pugni, gli eventi su una personalità complessa alla quale va tuttavia riconosciuta più di un’attenuante: la famiglia disgregata, la morte della mamma, l’alcoolismo e la violenza in ambito familiare, la mancanza di una figura paterna , le risse e gli arresti, i combattimenti clandestini, le molestie sessuali subite all’età di sette anni da un estraneo e quel carcere minorile diventato la sua seconda casa e che a soli tredici anni aveva già conosciuto per trentanove volte! Ecco, venire fuori da un’infanzia e da un’adolescenza così difficili e travagliate non potevano non lasciare tracce indelebili in un uomo dalla mano di acciaio costretto a imparare a sopravvivere più che a vivere e incapace persino di gestire semplici relazioni sentimentali. Fallito il suo primo matrimonio a causa di un carattere aggressivo e rabbioso, più avanti fallì anche il secondo, con la pediatra Monica Turner. Mentre intorno gli morivano la giovanissima sorella Denise a ventiquattro anni per un infarto e poi anche la piccola Exodus, di quattro anni, una degli otto figli avuti da Tyson in tre esperienze coniugali, l’ultima delle quali con Lakiha ‘Kiki’ Spicer, piombata a rimettere ordine nella sua terza vita, dopo innumerevoli difficoltà finanziarie oltre che personali. Non a caso Mike Tyson ha più volte ringraziato ‘Kiki’ per averlo salvato e avergli ricostruito la vita anche post-professionale, creandogli un presente e un nuovo futuro da imprenditore. In definitiva, Mike Tyson è sempre stato una figura ingombrante, anche per sé stesso, dentro e fuori dal ring. Innamorato da ragazzo dei suoi piccioni, che allevava e ai quali dava il mangime sul tetto di casa, e per causa dei quali aveva quasi ammazzato di botte un ragazzo quando aveva solo dieci anni. Una personalità così inquieta e bizzarra, circondata a volte da amici assai inaffidabili e da immancabili personaggi improbabili ma con il fiuto per gli affari, come il mitico Don King. E’ fuor di dubbio che Mike Tyson abbia sempre avuto una personalità narcisistica, alterata dai grandi risultati maturati in ambito sportivo e da una complessiva mancanza di strumenti culturali adeguati a mitigare il suo eccessivo bisogno di ammirazione, il senso grandioso di sé, il bisogno di stupire che a volte ha fatto a pugni - tanto per cambiare - con la necessità di empatizzare al contrario con chi lo circondava. E’ forse anche per questo che talvolta Mike ha confuso l’audacia con l’incoscienza e così rischiato di trasformare anche quel po' di mite e vantaggioso che era in grado di costruire in spettacolo di bassa lega, occasione di guadagno, quando non addirittura rischio di tragedia. Come accadde in quel 1989, quando era all’apice della propria carriera, e Mike aveva affittato uno zoo intero a New York per una visita romantica privata con la moglie dell’epoca, Robin Givens. Dubito fortemente che Mike Tyson avesse conoscenza di quel brano fortemente ironico e dal doppio senso pruriginoso che una ventina di anni prima aveva pubblicato in Italia Fabrizio De André, che andava sotto il titolo di ‘Attenti al gorilla’. Nel quale un po' si tratteggiavano anche altri aspetti importanti del primate… “…Ma si dà il caso che il gorilla / considerato un grandioso fusto / da chi l'ha provato però non brilla / né per lo spirito, né per il gusto / Attenti al gorilla…”. Forse anche per questo, Mike - mentre passeggiava fra le gabbie con Robin - notò questo bel maschio dominante ‘silverback’ che stava aggredendo e intimidendo gli esemplari più piccoli. Un vero e proprio bullo. Ora, va detto che un gorilla è generalmente estremamente forte, con una forza muscolare che supera di gran lunga quella di un essere umano. Il ‘silverback’ in questione si suppone fosse un maschio adulto dalla colorazione argentea della peluria della schiena, presumibilmente il più grande della gabbia quindi, a seconda che si tratti di un gorilla di pianura o di montagna, di almeno 100/115 chili di peso, con una forza pari a quella dei quattro, cinque, forse otto uomini più forti del mondo messi insieme. Un concentrato di muscoli e potenza dall’incredibile forza del morso, istintivo, rapido e letale. Tutte valutazioni che evidentemente Tyson, preso da quel narcisismo di cui sopra e dalla voglia di ‘fare giustizia in quella gabbia’ ma anche di stupire Robin, probabilmente non fece. Buon per lui, però, che a farle fu invece il custode dello zoo, che dimostrò un briciolo di buonsenso e grande carattere opponendosi alla richiesta di ‘Iron Mike’, che con grande sfacciataggine gli offrì 10.000 dollari sull’unghia se gli avesse aperto il cancello per permettergli di affrontare quel gorilla a mani nude. Naturalmente, questo episodio, raccontato da Mike stesso anni dopo, va letto forse tra il serio e il faceto. Ma conoscendo il personaggio ci sarebbe da propendere più per il serio, pure perché la storiella il custode la fece circolare poi per i pub di New York. Il custode, dunque rifiutò a malincuore, proteggendo sia Tyson che l’animale da quello che sarebbe stato probabilmente un disastro annunciato. Vero che i gorilla non sono molto aggressivi. Ma l'idea di prenderne uno a pugni sembrò proprio infelice. Questa storia - entrata con il tempo a far parte delle tante leggende che circondano Mike Tyson - dimostra tuttavìa non solo la totale assenza di paura del Nostro, ma anche quello strano mix di comprensione e follia che lo accompagnava, al punto da ricercare una sfida assurda, nella quale sarebbe stato lui il perdente. Quel che rimane agli atti è che il mondo ha perso l’opportunità di vivere - anche solo nelle cronache - una sfida mondiale fra Tyson e un gorilla. Altro che pesi massimi, uno dei più assurdi “what if” della storia dello sport. “Volevo affrontare un gorilla pagando 10.000 dollari, mi dissero no. Ero in attesa di tornare sul ring per affrontare Roy Jones jr. Era un grosso bullo, io avevo 23 anni, avrei voluto spaccargli il muso”. A proposito di quella sfida dello zoo, anni dopo qualcuno raccontò che in quella gita al chiaro di luna con la bella moglie Robin Givens, Mike fosse in preda a un delirio di onnipotenza e cocaina e per rafforzare la sua tesi specificò che lo zoo non si trovasse proprio a New York ma nel vicino New Jersey. Dettagli, coloriture, pettegolezzi, chiacchiere come tante che hanno avvolto la vita e la carriera di Mike Tyson. L’unica cosa credibile - forse - è che il custode avrebbe detto “non gli ho aperto, ma se un uomo avrebbe potuto avere una possibilità di stendere quel gorilla, beh quello sarebbe stato solo Mike Tyson”. In ogni caso, mancato l’incontro-scontro con l’animale, archiviata la parentesi con i piccioni, Tyson non si fece comunque mancare la convivenza con diversi animali selvatici, e in particolare delle tigri: tre e tutte provenienti dal Bengala, poi date via. In particolare l’amata Kenya, che era vissuta con lui fin da cucciola, pagata circa 50mila dollari, ma che - avendo il pugile l’abitudine di chiudere i visitatori nella gabbia con gli animali, come raccontò il suo amico, Jeff Fenech, "un giorno strappò un braccio a uno". Tyson aveva anche un puma, oltre a degli animali domestici considerati ‘più normali’ come dei cani. In allenamento Tyson è apparso anche nel programma ‘Week of the Shark’ di Discovery Channel. In alcuni video pubblicati sui social lo si vede in mare, accompagnato da un paio di istruttori, circondato da squali, riuscendo anche a immobilizzarne uno. Probabilmente gli sarà bastato uno sguardo…

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Quella volta in cui Myke Tyson volle affrontare un gorilla

Lucio Rizzica