Un ginocchio a terra che fa discutere la scherma: cosa c'è dietro il gesto di Turner

Nel 2016, Colin Kaepernick si inginocchiò durante l'inno nazionale per protestare contro le ingiustizie razziali negli Stati Uniti. Otto anni dopo, su una pedana di scherma del Maryland, in un clima di apparente indifferenza generale dei presenti, un gesto simile viene ripetuto: stavolta apre un fronte diverso, ma altrettanto infuocato — il dibattito sull’identità di genere nello sport femminile. Il 30 marzo 2025, durante il Cherry Blossom Open presso l’Università del Maryland, la fiorettista trentunenne Turner si rifiuta di affrontare Redmond Sullivan, schermitrice transgender ventenne, già nota per aver gareggiato nella squadra maschile del Wagner College. Dopo essersi inginocchiata, poggia la maschera a terra e comunica all’arbitro: “Mi dispiace, non posso farlo. Io sono una donna, e questa persona è nata uomo. Questo è un torneo femminile, e non combatterò contro di lui”. Il regolamento internazionale è chiaro: rifiutarsi di affrontare un avversario regolarmente iscritto comporta cartellino nero e squalifica immediata. Così avviene. Nei giorni successivi, il video della scena viene rilanciato dall’account @icons_women e condiviso da personaggi noti. Per alcuni è il gesto coraggioso di un’eroina, per altri una provocazione calcolata. Turner stessa, in un’intervista a Fox News, ammette che la protesta era premeditata: aveva letto il nome di Sullivan tra gli iscritti la sera prima e deciso: “Lo farò. Mi inginocchierò”. “Ero triste, arrabbiata, delusa. Non volevo affrontare questa situazione in un torneo che amo, a cui partecipo da dieci anni” racconta. “Temevo ritorsioni da parte degli arbitri se mi fossi espressa. Ho già evitato tornei dove sapevo ci sarebbero state atlete transgender. Ma fino a che punto posso continuare a rinunciare?”. “Probabilmente, almeno per un po’, questa decisione mi costerà cara. Non credo sarà facile tornare a gareggiare, né allenarmi come prima. È molto difficile per me fare questo”. In un video pubblicato dal Consiglio Indipendente dello Sport Femminile, si vede Sullivan avvicinarsi e parlare con calma con Turner appena dopo la protesta. “Quando mi sono inginocchiata, ho guardato l’arbitro e ho detto: ‘Mi dispiace. Non posso farlo. Io sono una donna e lui è un uomo, questo è un torneo femminile e io non combatterò contro questa persona’. Redmond non mi aveva sentita: si è avvicinato, forse pensando che fossi ferita. Mi ha chiesto: ‘Va tutto bene?’ E io: ‘Mi dispiace. Ti voglio bene e ti rispetto moltissimo, ma non combatterò contro di te’”. Il torneo ‘Cherry Blossom’, pur svolgendosi all’Università del Maryland, non è normato dalla NCAA — l’ente che regola lo sport universitario negli Stati Uniti — ma da USA Fencing. La federazione americana, in qualità di ente regolatore, ha chiarito che la squalifica è stata inflitta non per le opinioni espresse, ma per il rifiuto di gareggiare. Un gesto sanzionato in modo immediato e previsto dal regolamento. La Federazione Internazionale di Scherma , a cui USA Fencing aderisce, vieta esplicitamente il rifiuto di competere contro avversari regolarmente iscritti. L’arbitro non ha potuto fare altro che estrarre il cartellino nero. Red Sullivan ha proseguito il torneo, concludendolo al 24° posto su 39 partecipanti, in piena regola e in linea con i criteri FIE e USA Fencing, che da tempo riconoscono la sua idoneità. Nel 2023, USA Fencing ha introdotto la sua attuale politica di inclusione transgender: consente agli atleti transgender M→F di partecipare alle competizioni femminili dopo almeno 12 mesi di terapia ormonale per la soppressione del testosterone, dietro presentazione di documentazione medica, da fornire prima della competizione. In una nota, la federazione ha ribadito: “La nostra politica mira ad ampliare l’accesso alla scherma e a creare spazi sicuri e inclusivi. Siamo pronti ad aggiornare la nostra politica man mano che emergeranno nuove ricerche basate su dati concreti o che verranno introdotte modifiche nel movimento olimpico e paralimpico”. A supporto di questo approccio, già dal novembre 2022 USA Fencing aveva stabilito di preferire, per l’organizzazione di tornei nazionali, quegli stati ritenuti più inclusivi, privi di leggi giudicate dannose per le comunità LGBTQ+ o per la salute riproduttiva delle donne. Tuttavia, nel dicembre 2023, la Fair Fencing Organization — realtà no profit — aveva richiesto una revisione della policy, proponendo anche la creazione di una task force tutta al femminile. Ma la proposta è stata bocciata con otto voti contrari e tre favorevoli, non superando l’approvazione del consiglio direttivo composto da rappresentanti federali, tecnici e membri del comitato etico. Il gesto di Turner ha scatenato reazioni forti: elogiata come simbolo di coraggio da figure come Riley Gaines, attivista anti-trans ed ex nuotatrice, e da Martina Navratilova, che ha condiviso il video sui social definendola "simbolo di resistenza per i diritti delle donne nello sport". Turner ha ricevuto persino un premio in denaro. Ma non sono mancate critiche pungenti. L’olimpionica Monica Aksamit, bronzo nella sciabola a squadre a Rio nel 2016 e voce rispettata nel circuito USA, ha sottolineato una contraddizione significativa: "Turner ha gareggiato contro uomini solo una settimana prima, vincendo quattro assalti su sette. Non era un problema allora. Ora sì?". Il 23 marzo, infatti, Turner aveva partecipato alla Phoenix Cup, torneo misto in Pennsylvania, battendo quattro avversari maschi prima di essere eliminata ai quarti. "Chiamarla coraggiosa è comico. Sembra più una messinscena" ha aggiunto Aksamit, ricordando che...molte schermitrici si allenano e gareggiano regolarmente con uomini: "La scherma è uno sport molto tecnico, dove gli uomini non hanno vantaggi assoluti. Tutti hanno punti di forza e di debolezza". Nel cuore del dibattito emergono dati, studi e normative. Una ricerca dell’Università di Hertfordshire pubblicata nel 2023 sulla rivista Sports, ha analizzato la partecipazione delle donne transgender nella scherma agonistica. Lo studio evidenzia che, anche dopo 36 mesi di trattamento ormonale, le atlete transgender mantengono livelli di forza e massa muscolare superiori rispetto alle donne cisgender — soprattutto se continuano ad allenarsi con i pesi. Tuttavia, riconosce che le differenze si attenuano e che l’effetto varia da sport a sport, lasciando ampio spazio all’interpretazione e alla revisione delle policy. Lo studio propone, tra le soluzioni, la creazione di una categoria 'open' per promuovere l'inclusione senza compromettere l'equità competitiva nelle categorie femminili. Anche in Italia, seppur il dibattito non abbia ancora raggiunto i toni accesi registrati oltreoceano, la vicenda ha suscitato attenzione. Il tema viene trattato da poco tempo e solo da pochi, per lo più addetti ai lavori, che osservando i mutamenti della società, si pongono interrogativi sull’evoluzione di sport, scienza, educazione e formazione. A parlarne apertamente con noi è stato il maestro Enrico Di Ciolo, figura rispettata nel mondo schermistico italiano - con un profilo che unisce il ruolo di tecnico di IV livello CONI, educatore e professore laureato ISEF, oltre che palma d’argento del CONI e Cavaliere della Repubblica Italiana al merito sportivo - che ha così sintetizzato la propria posizione: "Sì a far competere le persone transgender in una gara mista, ossia una gara integrata uomini e donne, perché è pari opportunità per tutti scegliere se farla questa gara, o no; mentre nel far competere le donne insieme ai trans non vedo la pari opportunità per le donne. Sul perché la Turner non abbia voluto tirare con quella persona, bisogna chiedere a lei. Non credo che in Italia ci siano casi dichiarati. Nessuno ne parla. Se la scienza dà delle opinioni a riguardo, allora che siano le opinioni della scienza e non quella delle associazioni pro-trans a parlare. Che si faccia chiarezza sulla effettiva differenza che si verrebbe a creare tra un uomo che diventa donna prima o dopo lo sviluppo sessuale, che si dica cosa succede a livello ormonale se ci alleniamo da uomini e poi diventiamo donne". Se USA Fencing ha scelto di privilegiare un approccio inclusivo, di contro, la NCAA – ente che governa e regola lo sport universitario – ha adottato da febbraio 2025 una posizione più rigida, in linea con un ordine esecutivo firmato da Donald Trump, volto a vietare la partecipazione degli atleti transgender alle categorie femminili e a concedere alle agenzie federali l’autorità di far rispettare il divieto: il genere di una persona corrisponde a quello assegnato alla nascita e riportato sul certificato di nascita. La decisione della NCAA arriva il giorno dopo la firma del presidente: solo le persone assegnate al genere femmine alla nascita possono gareggiare nelle competizioni femminili. In un contesto in cui la NCAA riunisce circa 1.100 università affiliate nei 50 stati americani e conta oltre 500.000 studenti-atleti, il documento approvato da Trump consente il taglio dei sussidi governativi alle agenzie federali che non si attengono alle linee guida contenute nell’ordine esecutivo. Il cambiamento di politica è entrato in vigore immediatamente e si applica a tutti gli atleti, indipendentemente da eventuali precedenti valutazioni di idoneità. "Crediamo fermamente che standard di idoneità chiari, coerenti e uniformi siano ciò che serve agli atleti universitari di oggi, piuttosto che un mosaico di leggi statali e sentenze giudiziarie contraddittorie", aveva dichiarato all’epoca il presidente della NCAA, Charlie Baker. "In questo senso, l’ordine del presidente Trump offre uno standard nazionale chiaro". Ed ecco allora che, là dove è nata, la questione assume una dimensione politica. L’ 8 aprile 2025, il Procuratore Generale del Texas, Ken Paxton, apre un CID un’indagine formale su USA Fencing,, accusandola di violazioni delle leggi statali. Su X scrive: "USA Fencing ha squalificato una giovane donna per aver coraggiosamente preso posizione contro un uomo biologico. Le loro politiche sono non solo potenzialmente illegali, ma anche profondamente offensive verso le atlete come Stephanie Turner". Tre giorni dopo, l’11 aprile, l’account @icons_women - lo stesso che aveva reso virale il video di Turner - rilancia la notizia nel circuito conservatore e dei media vicini a Trump, citando Fox News, e annuncia un’indagine federale: l’opinione pubblica è nuovamente polarizzata. Il 12 aprile, USA Fencing conferma l’esistenza di un’inchiesta imminente: sarà condotta da una task force creata dal Dipartimento dell’Istruzione in collaborazione con il Dipartimento di Giustizia. La missione dichiarata: "Proteggere le atlete dagli effetti dell’ideologia di genere nello sport scolastico e universitario". Sarà questa una delle prime inchieste ufficiali della squadra investigativa, formata appena una settimana prima. "USA Fencing collaborerà a qualsiasi richiesta secondo quanto previsto dalla legge", ha dichiarato la federazione in una nota. Nel frattempo, il Wagner College ha confermato a Fox News Digital che Redmond Sullivan non fa più parte della squadra femminile di scherma dell’ateneo. Nessuna dichiarazione ufficiale è stata rilasciata. A questo punto, la domanda è inevitabile: lo sport sta diventando il campo di battaglia di una guerra ideologica? E stiamo davvero ponendoci le domande giuste? È possibile conciliare inclusività ed equità competitiva? Come tutelare sia le atlete cisgender sia quelle transgender? Quali criteri scientifici devono guidare i regolamenti sportivi? La protesta individuale ha ancora un senso, o rischia di diventare puro simbolismo? E, infine, chi decide cosa è 'giusto' nello sport: gli atleti, le federazioni, la scienza o la politica? Stephanie Turner, pochi giorni prima del suo rifiuto, aveva gareggiato in un torneo misto contro uomini, vincendo diversi incontri. Questo mette in dubbio la coerenza biologica della sua protesta. Il fatto che l’azione fosse premeditata e ripresa in video suggerisce un intento mediatico. Alcune sue dichiarazioni trasmettono sfiducia nelle istituzioni, nonostante esistano sia eventi misti che femminili con accesso regolato. Eppure, il suo gesto ha avuto un effetto dirompente: ha riacceso una discussione globale. Oggi più che mai, lo sport non vive in una bolla di neutralità. Il caso Turner lo dimostra. In una società frammentata, polarizzata e rumorosa, ogni gesto in pedana, ogni scelta federale, ogni parola pubblica può diventare parte di uno scontro più ampio, o un vero e proprio atto politico. Ma forse il vero coraggio, più che inginocchiarsi, è sedersi e parlarne.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Un ginocchio a terra che fa discutere la scherma: cosa c'è dietro il gesto di Turner

Sara Cometti