Il regno di Armani che non tramonterà mai: grazie di tutto, Maestro

C’è una monarchia sulla quale non tramonterà mai il sole, neanche ora che il suo re, re Giorgio, non c’è più. Il regno dell’eleganza italiana sarà sempre suo. Giorgio Armani non è stato un semplice, immenso, stilista. E non perché sia stato anche un visionario imprenditore capace di costruire un’azienda che dal principio alla fine, per 50 anni, è stata di sua proprietà, fatto ormai raro nel mercato del lusso, dove i grandi nomi finiscono nel portafoglio di grandi fondi di investimento. Ma perché il suo era il respiro autentico dell’artista, quello capace di creare con un soffio capolavori dal nulla, e per questo riconosciuto e celebrato in tutto il mondo. E ad altri mondi ha aperto la sua arte: uno di questi è stato certamente lo sport. Non esiste un altro marchio di alta moda che sia anche così profondamente sportivo, che in esso abbia trovato modo di declinarsi, contaminarsi, vestirsi di nuovo. “Questo mondo non smette di ispirarmi e appassionarmi”, disse non troppo tempo fa, quando i 90 anni erano ormai un traguardo, e vestire le nazionali azzurre ormai un’abitudine: ultima quella che tra poco affronterà le sfide di Milano-Cortina, ma anche la Nazionale di Calcio e quella olimpica di Parigi, tanto per ricordare le ultime collaborazioni. "Il mondo dello sport è animato da valori in cui credo profondamente: spirito di squadra, duro lavoro, rispetto e lealtà”. E non ci ha creduto solo a parole, Armani. Lo sport lo ha sostenuto con tutte le sue risorse, anche quelle finanziarie. Uno in particolare, l’amato basket. Se Armani è sinonimo di eleganza in tutto il mondo, certamente in Italia si traduce “pallacanestro”. Nel 2004 diventò sponsor dell’Olimpia Milano, salvando la società in un momento complicato, nel 2008 anche proprietario: niente altro deve aver cucito con più emozione di sei scudetti sul petto dei suoi ragazzi, prima ancora che sul suo petto, sul suo cuore. Perché Armani era soprattutto tifoso, tifoso, tifoso… Un tifoso capace di dare presenza, requisito numero uno. Di garantire pazienza nelle stagioni complicate, requisito numero due. Di regalare umanità, come ha raccontato commosso Gigi Datome, capo delegazione azzurra ora ma grande campione dell’Olimpia sino a due anni fa. Di diffondere luce, e non si fa fatica a credergli: chi ha quel talento creativo conosce il buio, certo, ma lo trattiene dentro di sé, tutto il resto attorno è illuminato. Quel respiro dell’artista che ha soffiato il suo stile sui bozzetti, solo al Forum, nella sua poltroncina, il tifoso Giorgio lo ha trattenuto davvero. Nulla come il ritmo dei quattro quarti del basket lo faceva vibrare, come accadeva solo alla vigilia delle grandi sfilate in cui Armani diventava il Maestro. Il Maestro che ha insegnato stile essenziale, classe e sobrietà ovunque, anche nello sport, nella vittoria come nella sconfitta, l’ultima. Perché nulla può essere rozzo e volgare quanto il non saper perdere, e talvolta, il non saper vincere. Non nel suo caso, non nel suo regno, dove la bellezza è stata il suo vero strumento di potere, dove l’unica legge in vigore continuerà ad essere la legge dell’eleganza, che Re Giorgio ha lasciato impressa ovunque. Come un’impronta su una passerella, come un’impronta su un parquet.

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Il regno di Armani che non tramonterà mai: grazie di tutto, Maestro

Veronica Baldaccini