Dopo una stagione di apprendistato al Paris Saint-Germain, Gonçalo Guedes sta dimostrando al Valencia di essere uno dei talenti più eccitanti del calcio europeo
Nel 2017 l'offerta calcistica dei palinsesti televisivi copre ormai qualsiasi grande competizione. Se per problemi di soggettività del gusto non sarà mai possibile stabilire quale sia il più godibile tra i principali tornei, è vero anche che - almeno in questo momento - c'è un campionato che per contenuti tecnici non è paragonabile agli altri.
La Liga 2017/18 sembra avere già da ora delle gerarchie ben definite, con le due squadre di Madrid inizialmente in preda a crisi di risultati talmente inaspettate da aver messo in discussione due giocatori come Griezmann e Cristiano Ronaldo. Il Barcellona di Valverde ha guadagnato quattordici punti di vantaggio sul Real quarto e sembra correre spedito verso la vittoria finale. C'è però una squadra, insieme all'Atletico che prova a tenere testa ai catalani, terza con otto punti di distacco: il Valencia. La squadra di Marcelino è stato in grado di fermare sull'1-1 i blaugrana al Mestalla dopo essere passato in vantaggio con Rodrigo e aver giocato una partita di applicazione difensiva e intensità straordinarie.
Il Valencia appartiene a quella medio-alta borghesia spagnola che nobilita la Liga e la rende il campionato più interessante al mondo, non solo grazie ad allenatori che danno alle loro squadre precise identità di gioco, quasi sempre proattive, ma soprattutto grazie al tasso tecnico sopra la media delle rose (come il Celta di Emre Mor e Iago Aspas, e la Real Sociedad di Xabi Prieto e Illarramendi).
Marcelino ha costruito il suo Valencia su un 4-4-2 dai riferimenti geometrici precisi e senza un alto grado di specializzazione richiesto ai suoi interpreti. Ne hanno beneficiato anzitutto quei giocatori nel limbo della propria carriera, reduci magari da esperienze fallimentari in altri campionati: le parabole di Zaza e Kondogbia sono il manifesto più evidente del lavoro del tecnico asturiano. Ma lo sono anche calciatori talentuosi, e in momenti diversi della loro carriera, come Dani Parejo e Gonçalo Guedes, forse la più grande sorpresa di questo inizio di stagione.
Guedes è portoghese ed è cresciuto calcisticamente nel Benfica, che all’inizio della scorsa stagione lo ha ceduto al Paris Saint Germain per 30 milioni di euro. Dopo appena 11 presenze nell’arco di una stagione i parigini lo hanno ceduto in prestito al Valencia, che però sembra volerlo acquistare a titolo definitivo versando nelle casse del Paris Saint Germain 35 milioni di Euro.
Alla quarta stagione da professionista, con meno di 50 partite giocate nella massima serie, Guedes potrebbe insomma essere già protagonista di due grosse cessioni (con annesse plusvalenze) in meno di due anni. Ma cosa convincerebbe il Valencia a investire una cifra così grande su un talento ancora così poco definito? Il fatto è che Guedes è davvero in grado di sprigionare prestazioni di dominio calcistico assoluto, apparendo fuori scala anche contro squadre come Real Sociedad e Siviglia.
La signature move di Guedes
Il 4-4-2 di Marcelino non dà consegne particolari ai singoli interpreti. Il sistema segue alcuni princìpi cardine: compattezza orizzontale tra difesa e centrocampo, scivolamenti continui da un lato all'altro per la riconquista del pallone, combinazioni soprattutto tra esterni e punte in fase offensiva e, se possibile, veloci attacchi in transizione. Princìpi chiari e in teoria facilmente assimilabili, che stanno restituendo al Valencia il proprio posto nell'èlite del calcio spagnolo. Guedes si adatta alla perfezione alla semplicità dei dettami di Marcelino, e non perché si tratti di un giocatore dagli orizzonti limitati, che viene esaltato da un sistema in cui ognuno sa come agire. Al contrario, se riesce a interpretare al meglio le idee del suo allenatore è grazie soprattutto a un inventario calcistico complesso.
Un esempio sono le ricezioni spalle alla porta, una situazione di gioco in cui pochissimi giocatori riescono a spiccare. Guedes ha un talento tecnico e fisico che gli permette di essere già a vent’anni un’eccellenza in questo fondamentale. Per spiegare questo eccezionale controllo di corpo, pallone e avversario si potrebbe ricorrere al famoso aforisma su Shearer, «l'unico attaccante che marcava i difensori». Guedes possiede le armi per resistere alla pressione sia in situazioni statiche che dinamiche. Nel primo caso riesce a sfruttare il fisico, il suo metro e ottanta, le sue spalle larghe. Guedes è bravo a mantenere il contatto con l'avversario per rimanergli davanti e piegarsi sul busto per poter allungare la gamba e tenere il pallone lontano dal raggio d'azione del marcatore.
Quando invece riceve già in movimento viene fuori forse il tratto più evidente del talento di Guedes: il controllo orientato. Per un calcio diretto come quello del Valencia, che cerca di raggiungere il prima possibile la porta avversaria, anticipare l'avversario serve a creare quello spazio vitale, che è essenziale per lo sviluppo delle trame offensive. Guedes fa parte di quella ristretta cerchia di calciatori per cui non esiste il confine tra controllo e conduzione, e riesce spesso a imprimere una svolta verticale al palleggio della sua squadra. Il controllo palla è il primo strumento che Guedes usa per eludere la pressione alle spalle o saltare gli avversari in dribbling.
Il Valencia quasi abusa di questo talento di Guedes. Al punto che il suo primo tocco con l’interno che si chiude può essere già considerato una signature move del portoghese.
Le mille sfaccettature del talento di Guedes
In Valencia - Siviglia, al 42' del primo tempo, sul risultato di zero a zero, il Valencia recupera palla nella propria trequarti e fa ripartire l'azione. Le punte sono all'altezza del centrocampo, seguite dai centrali di difesa andalusi, mentre Guedes si posiziona in zona centrale pochi metri dietro il dischetto di centrocampo, seguito a uomo da Corchia. La difesa avversaria è altissima; Rodrigo sul centro sinistra riesce a ricevere un passaggio dalla difesa e appoggia a Guedes, che si muove alle spalle del proprio marcatore. Per non perdere velocità Guedes esegue il solito controllo orientato, stavolta chiudendo il sinistro e voltando il pallone verso la porta di Rico.
A quel punto col passo lungo riesce a distanziare i marcatori; arrivato al limite dell'area evita con una sterzata la scivolata di Kjaer, poi tocca un'altra volta il pallone per eludere il rientro di Pizarro e infine calcia di collo destro sotto l'incrocio del secondo palo.
Quest'azione non vale solo come esempio di controllo orientato nello spazio, ma è iconica delle mille sfumature del talento di Guedes. Scomponendo in più frammenti la corsa verso il gol, dal momento in cui si muove alle spalle di Corchia a quello in cui la palla finisce sotto l'incrocio, è possibile apprezzare tutti i dettagli che lo rendono speciale.
Innanzitutto l'intelligenza spaziale: Guedes riesce sempre a capire dove posizionarsi per essere utile alla costruzione della manovra, offrendo una linea di passaggio oppure attaccando lo spazio dietro la linea difensiva avversaria. La capacità di occupare la giusta porzione di campo è un talento naturale, invisibile ma prezioso, che Guedes ha nel suo corredo genetico, come faceva notare Jorge Jesus già due anni fa: «Gonçalo Guedes è due anni avanti rispetto ai ragazzi della sua età. Non si può valutare un giocatore solo per quello che fa con la palla al piede. Serve capire la sua capacità di comprendere il gioco da un punto di vista tattico e psicologico».
Nell'azione sopra, quando parte il passaggio in direzione di Rodrigo nota il movimento incontro dell’attaccante che attira la marcatura di Mercado. Appena l'argentino si muove in avanti e prima che la punta abbia ricevuto, Guedes già si sta muovendo alle spalle di Corchia, intuendo di poter ricevere nello spazio liberato dalla salita di Mercado.
Coordinarsi coi movimenti degli attaccanti e magari anche scambiarsi la posizione diventa fondamentale in un sistema che altrimenti diventerebbe troppo rigido e prevedibile per gli avversari. Quando Guedes si muove in orizzontale per offrire una soluzione di passaggio, la sua libertà lo porta anche ad occupare la fascia opposta, dove crea superiorità numerica associandosi con Soler e liberando spazio per le sovrapposizioni di Gaya sul lato opposto. Molti dei suoi controlli orientati verso il centro del campo nascono proprio quando nota delle smagliature tra centrocampo e difesa che lo invitano ad occupare dinamicamente il mezzo spazio di sinistra.
Quando poi può allungarsi in campo aperto diventa difficile da fermare. Il suo stile di corsa somiglia a quello di una bici con marce alte in pianura, la cui frequenza di pedalata cresce di pari passo coi metri percorsi: più si allungano le distanze più assorbe velocità. Contro il Barcellona, giocando per altro con un dito del piede rotto che lo ha tenuto fuori per le due partite successive, ha raggiunto addirittura i 32 km/h. Sarebbe sbagliato però confonderlo con un'ala in grado solo di giocare in progressione su un binario verticale. L'efficacia di Guedes anzi nasce proprio dalla capacità opposta.
Anche ad alte velocità ha un controllo del corpo e del pallone che gli permette di cambiare ritmo a seconda delle esigenze, riuscendo a rallentare e a riacquistare frequenza di passo in un batter d'occhio. Si tratta di una caratteristica essenziale, specie quando durante una corsa palla al piede ci si ritrova all'improvviso degli avversari davanti e diventa importante valutare l'opzione migliore senza andare avanti in automatico, rischiando di imbottigliarsi. Guedes gioca sempre con grande attenzione, per individuare lo spiraglio giusto per il dribbling o per appoggiarsi ai compagni.
Si tratta comunque di un giocatore essenzialmente verticale, e il suo gioco richiede un grande dispendio energetico. Nonostante questo, riesce a rimanere efficace fino ai minuti finali delle partite, quando gli avversari vanno in riserva e può prendere dei vantaggi con più facilità: su otto partite da titolare è stato sostituito solo in due occasioni.
Ciò che spicca ancora di più nell'azione del gol al Siviglia è pero la sua abilità nel leggere in anticipo le intenzioni degli avversari, riuscendo ad agire di conseguenza ed evitando prima la scivolata di Kjaer e poi il rientro di Guido Pizarro.
La facilità con cui supera entrambi gli avversari è indicativa del suo talento nel dribbling ma, più di tutto, spiega come Guedes intenda usarlo. I princìpi di gioco di Marcelino accentuano la sua vocazione alla verticalità. Evitare l'avversario diventa fondamentale per Guedes per non rompere quel filo teso tra il suo gioco e la porta avversaria. Nel duello con i difensori non è mai lui ad agire per primo: Guedes prova sempre a leggere e ad aspettare la mossa dell'avversario. Per il difensore avversario è molto pericoloso scommettere su un intervento in anticipo, sia quando Guedes riesce a condurre fronte alla porta, sia quando rientra palla al piede verso il centro del campo.
Il portoghese non è un dribblomane incallito, salta l'uomo solo quando è necessario. Lo dimostrano le statistiche: in Liga, tra i giocatori con almeno dieci presenze, è appena ventunesimo per dribbling tentati (3.8) mentre occupa solo il dodicesimo posto per media di dribbling riusciti ogni 90 minuti (2.7). La percentuale di successo però è altissima: il portoghese ha il 75 % dei duelli vinti, un dato migliore di giocatori come Messi e Carrasco, indicativo del suo approccio pragmatico al dribbling.
Guedes lascia sempre all'avversario la prima mossa, avendo la capacità di reagire in una frazione di secondo, e di mandare sé stesso e il pallone nella direzione opposta a quella del difensore. È aiutato in questo senso da una buona confidenza col piede debole, che gli consente di sfidare i difensori su due direzioni, cosa che lo rende particolarmente efficace anche negli isolamenti in fascia.
La sensibilità del piede destro
La conclusione dell'azione contro il Siviglia non è banale: dopo aver saltato Kjaer, per evitare il ritorno di Pizarro è costretto a rientrare ulteriormente, spostando all'indietro l'angolo del pallone rispetto al proprio corpo. A quel punto potrebbe effettuare un ulteriore tocco per avere una prospettiva di tiro più aperta, ma perdere altri secondi significherebbe favorire l'intervento di Corchia pochi metri davanti a lui. Per questo non esita e decide di calciare di collo interno, imprimendo al pallone una traiettoria secca impossibile da parare per Sergio Rico e che termina sotto l'incrocio del palo lontano.
Quello contro gli uomini di Berizzo non è l'unico gol di questa stagione in cui Guedes disegna una traiettoria praticamente imparabile per il portiere col collo del piede. Anche contro l'altra squadra di Siviglia, il Betis, aveva dato prova delle proprie capacità balistiche: raccoglie un pallone intorno ai 25 metri, lo sposta verso il centro per evitare l'intervento di Guardado e calcia di collo interno a rientrare sotto l'incrocio, stavolta del primo palo.
Anche quando si tratta di calciare l'uso del corpo fa la differenza. La precisione dei suoi tiri infatti non è solo frutto di un piede destro straordinario, ma anche della buona postura che riesce a mantenere in queste occasioni: «Il tiro col corpo in avanti rispetto al pallone è qualcosa di istintivo, mi viene naturale colpire la palla in questo modo: non è un fondamentale che alleno di proposito». Il tiro, così come il dribbling, non è un’arma di cui abusa: ne effettua appena 2.1 ogni 90 minuti, centrando la porta nel 54% delle occasioni.
Forse Guedes potrebbe tirare di più, aumentando anche uno score realizzativo che al momento è di 3 gol in 12 presenze. Il portoghese, però, non ha sviluppato ancora una grande ricerca della porta avversaria. La sua vera ossessione, semmai, è quella per l’assist: ne ha firmati già 5, meno solo di Pione Sisto e Guardado, mentre effettua 1.8 passaggi chiave a partita.
Nella ricerca dell’assist Guedes sfrutta una grande sensibilità nel piede destro. Non si fa problemi ad usare anche il sinistro, ma lo sfrutta in maniera più scolastica. Quando invece attiva il destro, ha una tecnica che gli permette di colpire la palla con qualsiasi parte del piede. Oltre ai passaggi più canonici con l'interno, non si contano i palloni tagliati di mezz'esterno per i compagni che alle volte sembrano sorpresi dalla varietà di soluzioni di Guedes.
Tutto ciò, unito a un'ottima visione di gioco e a una capacità di imprimere sempre l'effetto giusto al pallone, gli permette di esplorare linee di passaggio complicate, riuscendo a concentrarsi sullo spazio a disposizione e non sugli avversari. Anche in questo il sistema di squadra agevola le sue caratteristiche. La ricerca della profondità alle spalle della difesa tipica del Valencia di Marcelino, con i movimenti ad elastico delle punte e i tagli di ali e terzini, è un invito a nozze per Guedes. La sua sensibilità nei passaggi risulta però particolarmente efficace in transizione, potendo optare per scelte di passaggio anche difficili ma che, se eseguite con velocità e tempistica adeguate, non rallentano la ripartenza e anzi ne moltiplicano la pericolosità: «In quei momenti c'è pochissimo tempo per prendere una decisione. Delle volte bisogna stare attenti al compagno che chiede palla: in questo modo si può fare la differenza. Segnare è bello per festeggiare e scattare foto con la squadra, però scegliere la giocata giusta per far segnare il compagno è ugualmente importante».
La continua ricerca del passaggio vincente può trasformarsi anche in vera e propria ossessione. Guedes cerca l’assist in situazioni inaspettate e a volte poco convenienti. Nel peggiore dei casi, anche con un buon angolo di tiro, preferisce servire compagni che magari sono posizionati peggio di lui.
Il best case scenario è invece rappresentato dal gol del 2-3 di Zaza contro la Real Sociedad. Real Sociedad e Valencia sono sul 2-2 a pochi minuti dalla fine, in situazione di dieci contro dieci. La squadra di Eusebio non rinuncia alla pressione alta, mentre Marcelino sistema i suoi con un 4-3-2 in cui Guedes agisce da mezzala destra. In questa situazione Zaza e Rodrigo si allargano, con lo spagnolo che poi decide di venire incontro, attirando il pressing della difesa e invitando di conseguenza Guedes ad attaccarla alle spalle. Il portoghese non esita e Gabriel Paulista riesce a raggiungerlo con un preciso passaggio taglialinee. Guedes è più veloce del terzino che prova a coprirlo con la diagonale e arriva in area sul centro destra col solo portiere davanti a sé. È in posizione ottimale per incrociare col sinistro sul secondo palo; però continua a tenere la palla sul destro, mentre due difensori quasi in linea sono praticamente alle sue spalle. L'unica alternativa al tiro potrebbe essere l'assist per Zaza, di qualche metro indietro sul centro sinistra. Ma i difensori sono sfalsati di pochissimo in orizzontale e potrebbero intercettare il passaggio. Guedes però apre improvvisamente il destro come se dovesse calciare di piatto; invece colpisce la palla con la punta esterna riuscendo a farle percorrere quel minimo spazio tra i due difensori e assistendo Zaza che può segnare facilmente il 3-2.
Guedes avrebbe potuto percorrere la strada più facile, il tiro di sinistro, avendo però statisticamente più possibilità di sbagliare, data la posizione decentrata e la buona copertura della porta di Rulli. Ha optato invece per il sentiero più difficile, un assist in uno spazio che stava per scomparire, per servire un compagno posizionato meglio rispetto alla porta e quindi con più possibilità di segnare.
The world is yours
Gonçalo Guedes a ventun anni è già un giocatore completo e con ampi margini di crescita in ogni aspetto del suo gioco, che si tratti di dribbling, assist, tiri dalla distanza o movimenti sulla trequarti. E tra le numerose pieghe del suo talento non vanno dimenticati i fondamentali in cui eccelle già da ora, come i controlli orientati o la capacità di mantenere il controllo anche in situazioni complicate, come le ricezioni spalle alla porta.
Per Guedes il ritorno al PSG sembrava un’opzione scontata, e sorprende la decisione del club parigino di lasciarlo andare al Valencia. La piccola plusvalenza ricavata sembra un profitto misero rispetto ai margini di miglioramento di uno dei talenti più eccitanti del calcio europeo, specie a pochi mesi da un Mondiale in cui Guedes potrebbe mettersi in vetrina ancora una volta.
In questo momento della sua carriera, un futuro ai vertici del calcio mondiale per Guedes sembra più una questione di “quando” che di “se”. Eppure il calcio ci ha insegnato che basta poco per ridimensionare le proprie ambizioni, soprattutto in un ruolo come il suo.
Oggi non esiste una definizione univoca per il ruolo di ala. Esistono ormai pochi interpreti classici alla Robben e non si può non notare come tutti i migliori esterni del mondo si siano trasformati in trequartisti in grado di occupare i mezzi spazi: l'esempio più lampante di questa rivoluzione è Eden Hazard. Esiste però un'altra categoria di ali, gli specialisti, quei giocatori eccellenti solo in alcuni fondamentali che gli allenatori sfruttano per determinate situazioni: è il caso di Callejon e dei suoi tagli nel Napoli di Sarri, o di Ferreira Carrasco e delle sue corse palla al piede per risalire il campo nell'Atletico.
Pur nella sua universalità tecnica, per certi aspetti anche Guedes viene impiegato come uno specialista: le sue conduzioni permettono alla squadra di alzare il baricentro quando la difesa è troppo bassa, mentre il suo intuito per gli assist è il contorno perfetto per le corse in verticale di Zaza e Rodrigo. Tuttavia, per entrare stabilmente nell'élite del calcio mondiale, il portoghese prima o poi dovrà emanciparsi dalla comfort zone del Valencia di Marcelino. Le caratteristiche per adattarsi a un calcio più ragionato ed associativo non gli mancano, data la sensibilità nel tocco e la capacità di agire con intelligenza anche spalle alla porta e in spazi stretti.
Per elevare ulteriormente il proprio status dovrebbe ampliare il proprio ventaglio di movimenti, diventando di conseguenza più pericoloso sotto porta. Guedes non difetta di intelligenza spaziale, ma se i movimenti verso il centro per ricevere sui piedi sono una costante, i tagli alle spalle della difesa per ricevere in corsa sono ancora poco esplorati. L'atletismo del portoghese in queste situazioni potrebbe diventare un fattore: marcare un giocatore così imprevedibile e al contempo tecnico diventerebbe un enigma per qualsiasi difensore.
Il talento di Guedes è un mix tecnico-atletico straordinario, che gli permetterebbe di occupare tutti i ruoli del fronte offensivo, come già previsto da Fernardo Santos. Il CT portoghese lo ha impiegato nelle ultime due amichevoli di novembre e sembra nutrire estrema fiducia nel suo gioiello. Dal canto suo Guedes ha ancora diversi mesi a disposizione per confermare il proprio valore al Mestalla e strappare una convocazione per Russia 2018, entrando stabilmente a far parte del supporting cast di Cristiano Ronaldo. Per Guedes sarà importante non appiattire il proprio gioco: starà a lui migliorarlo ulteriormente per dimostrarsi all'altezza della giovane generazione di stelle che sta sorgendo alle spalle di Messi e Cristiano Ronaldo.