Uscirà di scena camminando sulle acque. Ma i miracoli di Zlatan non si fermano certo qui: nel corso della sua carriera è "apparso" ai giornalisti, ha esaudito le preghiere dei suoi allenatori, si è moltiplicato ed è sceso a patti col diavolo. Dicono che una volta sia anche risorto
La camminata sulle acque
L’ultima allusione è stata quella al miracolo della camminata sulle acque. Di certo non casuale, perché Zlatan Ibrahimovic ha da sempre in testa quel modello là: lo cita, ci si paragona, tenta di ripeterne le gesta. “Ritiro? Non uscirò di scena zoppicando, ma a modo mio. Anche se dovessi camminare sull’acqua”, ha dichiarato nella sua ultima intervista. E fa sorridere che per lui, "a modo mio" significhi imitando quel signore (meglio: Signore) vissuto oltre duemila anni fa. D'altra parte parliamo di Zlatan, uno che di sè ama dire: "Non posso che compiacermi di quanto sono perfetto".
Il vangelo secondo Zlatan. In Italia è stato pubblicato con il titolo "Io, Ibra", in cui manca evidentemente una "D"
(D)io, Zlatan
L’aneddoto lo raccontò Benjamin Stambouli, compagno di Zlatan nel Paris Saint-Germain, con ancora il sorriso sulle labbra mentre ricordava. «Eravamo con i fisioterapisti, stavamo facendo dei massaggi e la televisione era accesa. Zlatan era infortunato ma aveva intenzione di giocare la partita successiva. All’improvviso, sullo schermo apparve il titolo ‘Zlatan, il ritorno del Re’. Mi chiese di tradurglielo dal francese, ma sono certo che sapesse bene che cosa significasse. Ad ogni modo, gli tradussi quel titolo e lui mi rispose: ‘Benji, cosa stanno dicendo? Io non sono il Re. Io sono Dio!’».
Ibra vede e provvede
Quest’altra, invece, la svelò Verratti. Siamo sempre nel periodo parigino di Ibra, l’allenatore è Ancelotti che alla sua prima stagione sulla panchina del Psg incontrò qualche difficoltà. Nel 2012, prima di una partita decisiva contro il Lione, Carletto era un po’ nervoso, Zlatan se ne accorse e lo tranquillizzò con poche parole. “Credi in Gesù Cristo?”. “Sì”, rispose Ancelotti. “Allora credi in me, e rilassati”. Il Psg vinse 1-0 con gol di Matuidi su assist… divino di Ibrahimovic.
Non avrai altro Dio all’infuori di Manchester
Quando decise di firmare per il Manchester United, uno dei messaggi più affettuosi gli giunse nientepopodimenoche da Eric Cantona, icona, leggenda, simbolo del club. Chiunque si sarebbe ritenuto onorato, specie se King Eric, nel darti il suo tenero benvenuto, ti offre anche la sua mitica maglia numero 7. "Hai scelto lo United, ed è la miglior decisione che tu abbia mai preso. Il mio regalo per te è la numero 7, se lo vorrai", gli scrisse Cantona. Poi una sfilza di privilegi e gioie che lo avrebbero atteso, entrando a far parte di quel regno. Il suo regno. E, infine, un unico piccolo avvertimento: "Solo un’ultima cosa: può esserci solo un Re a Manchester. Tu potrai essere il principe, se lo vorrai. Il Re è andato, lunga vita al principe!". La risposta di Ibrahimovic è tutto un programma: “Ammiro Cantona e ho sentito quello che ha detto. Ma io non voglio essere il Re di Manchester. Io sarò il Dio di Manchester”. Per la cronaca: Zlatan prese la maglia numero 9, “scippandola” a Martial.
L'onniscienza di Ibra
Conferenza stampa prima del playoff tra Svezia e Portogallo che vale la partecipazione al Mondiale 2014. Un ingenuo giornalista serve su un piatto d’argento le battute perfette a Ibrahimovic: «Chi vincerà gli spareggi per la Coppa del mondo?». Risposta di Zlatan: «Solo Dio lo sa». Di nuovo il giornalista, pensando di fare lo spiritoso: «È un po' difficile chiedere a lui». Gran chiusura di Ibra: «E perché? È qui davanti a te, adesso».
La moltiplicazione dei ruoli
Un bravo giocatore può giocare ovunque, teorizzano molti allenatori. Ruoli, schemi e compiti, di fronte alla classe pura e al talento, passano in secondo piano. Ibrahimovic andò oltre e, quando gli chiesero quale fosse il suo ruolo ideale, rispose alla sua maniera: “Il mio ruolo? Non saprei. Ne ho undici”. Altro che uno e trino…
Il patto col diavolo
Dopo il suo rinnovo con i Red Devils, Ibrahimovic torna a confrontarsi con Dio pubblicando sui suoi profili social un’immagine che non aveva bisogno di ulteriori commenti: lui, nei panni di Gesù, che stringe la mano al diavolo simbolo del club. Geniale.
La creazione
Non è merito suo, invece, “la creazione di Zlatan”, fotomontaggio ideato da un tifoso. Sotto, tra i commenti, qualcuno scrisse: “Hai fatto un grave errore. Hai messo Zlatan dalla parte sbagliata”. Intervistato da Thierry Henry nel gennaio del 2017, però, raccontò di avere grandi progetti per la rinascita del Manchester United e di essere deciso a riportarlo in alto in tempi brevi: "Allo United è tutto nuovo, abbiamo un nuovo allenatore, nuovi giocatori, la situazione è nuova. L’allenatore ha i suoi metodi, lo si segue, si cerca di fare il meglio possibile. Questo è quello per cui lavoriamo, ma serve tempo: Dio ci ha messo 7 giorni a creare il mondo, per me ci vorrà un pochino di più…". E poi dicono che non è umile.
La resurrezione
Di Guardiola e Mourinho gli avranno chiesto almeno cento volte, e lui non ha mai nascosto la propria preferenza. Di Pep, che nella sua autobiografia chiama “il filosofo” con tono di scherno, ha sempre sottolineato l’incapacità di gestire uno del suo livello (“Chi compra Ibra, compra una Ferrari. Lui però mi usava come una Fiat”), spaventato dalla grandezza di Zlatan (enorme, in uno spogliatoio di “scolaretti” come quello del Barça). Per Mou, invece, sempre parole di stima e riconoscenza: “Con Mourinho ho sempre avuto un legame speciale. Per lui sarei anche morto”. Tanto che problema c’è? Tempo tre giorni e sarebbe tornato.