José "Godinho": 5 vittorie che hanno veramente esaltato Mou

Premier League

Vanni Spinella

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Le vittorie che fanno godere non coincidono sempre con la conquista di un titolo, in particolare nel caso di Mourinho. Lo Special One, infatti, preferisce i successi in cui è ben chiara la sua firma, perché è di quelli che si nutre il suo ego

Non sempre le vittorie che fanno godere di più un allenatore sono quelle che portano tituli. Ci sono anche quelle che fanno bene allo spirito, che generano un godimento più sottile. Forse le preferite di uno come José Mourinho, a cui piace sì collezionare trofei, ma che ama anche nutrire il proprio ego. Mourinho vince più volentieri quando il suo avversario perde: non significa che goda nel vedere il nemico umiliato, gli basta che gli venga riconosciuta la superiorità nel duello personale che si instaura con “l’altro”, duello in cui la partita assume quasi i toni del contorno. In carriera Mourinho ha collezionato decine di partite che l’hanno esaltato (lui ne ha citate un paio, come Chelsea-Tottenham 3-3 del 2007 o Dinamo Kiev-Inter 1-2 del 2009) e una manciata di partite che hanno davvero titillato il suo ego. A nostro avviso, le sue preferite.

Manchester City-Manchester United 2-3 (7 aprile 2018)

Rovinare il giorno della festa all’eterno nemico può essere una buona idea, quando si è fuori dalla lotta e ci si è ridotti a fare gli spettatori. Se poi il nemico ti “invita” anche a casa sua per celebrarlo e si aspetta che tu gli dica quanto è bravo, Mourinho potrebbe avere qualcosa da ridire.

Da parecchie ore cerchiamo di immaginarci il discorso di José Mourinho nello spogliatoio del Manchester United, all’intervallo del derby contro il City, con i suoi sotto 2-0. Smalling, in un’intervista post-partita, ci ha fornito qualche indizio, lasciando intuire come lo Special One abbia fatto leva sull’orgoglio dei suoi giocatori chiedendo loro di “non assistere come marionette alla festa degli altri”. Sui toni e le modalità che hanno accompagnato frasi del genere lasciamo spazio alla vostra fantasia: il punto è che Mourinho ha raggiunto il suo scopo, ha dato alla squadra la scossa che le serviva per tornare in campo e rovinare la festa del City. Il come ci sia riuscito, i tempi e i modi, sono da sceneggiatura candidata all’Oscar: in un derby, in rimonta, nella tana del nemico, sono tutti elementi che non fanno che accrescere il godimento mourinhano. Ha fatto piangere tanti bambini presenti allo stadio; ha costretto i tifosi a nascondere i cartelli con la scritta “The Finished One”; ha abbracciato Guardiola a fine partita e probabilmente gli ha fatto anche i complimenti per la stagione. Ma intanto come godeva…

Chelsea-Arsenal 6-0 (22 marzo 2014)

A proposito di feste rovinate, a proposito di nemici. Se con Guardiola esiste almeno un rapporto di stima reciproca (i due si rispettano e riconoscono l’uno nell’altro il grande rivale), il sentimento nei confronti di Wenger è vicinissimo all’odio vero, peraltro ricambiato. Batterlo fa sempre felice José, ma il picco di godimento è stato raggiunto il giorno in cui gli ha rubato la scena nel giorno in cui festeggiava le 1000 panchine con l’Arsenal. Il Chelsea gli infligge un indimenticabile 6-0, Wenger invecchierà pensando per sempre a quel pomeriggio come a uno dei più brutti della sua carriera. Tanti auguri, Arsene. Firmato: il tuo caro nemico.

Barcellona-Inter 1-0 (28 aprile 2010)

Si può godere per una sconfitta? Chiedetelo ai tifosi dell’Inter, che vi racconteranno di quella serata di passione, al Camp Nou, al cospetto della squadra più forte del mondo che insegna calcio a suon di tiki-taka e che ha promesso una leggendaria remuntada dopo essere stata stuzzicata a San Siro. Semifinale di Champions, all’andata l’Inter ha firmato l’impresa a Milano (3-1), ma per il Barcellona di Guardiola raccogliere un 2-0 in casa non sembra un grosso problema. Quando poi i nerazzurri restano in 10 (espulso Thiago Motta: ricordate l’occhiolino di Busquets a terra?) il loro destino sembra segnato. In campo, però, entra il famoso pullman, parcheggiato davanti alla porta di Julio Cesar e un’Inter tutta cuore limita i danni uscendo sconfitta solo 1-0. L’immagine di Mourinho che, dito al cielo, attraversa il Camp Nou correndo sotto gli innaffiatoi aperti (per cercare di rovinargli la festa) è la fotografia del suo godimento. Perché sa che quella "vittoria" (dalla conferenza Barcellona/ossessione, Inter/sogno a Eto'o terzino) l'ha inventata tutta lui.

Manchester United-Chelsea 2-1 (25 febbraio 2018)

La data l’avevamo segnata tutti sul calendario fin dal primo scambio di frecciate avvelenate. Duello verbale da cui Conte era uscito sconfitto, perché l’arte della provocazione non è qualcosa che si improvvisa. Il fatidico giorno in cui i due si incontrano di persona, dunque, Antonio è già al tappeto. Qualsiasi altro allenatore gli avrebbe inferto il colpo di grazia, l’umiliazione finale: semplicemente ignorandolo al momento dell’ingresso in campo. E invece, in questo caso, la vera vittoria sta nel fare il primo passo verso un riavvicinamento. Mourinho va a cercare Conte – che probabilmente non se lo aspetta – e gli tende la mano. In quel momento, ha già vinto. Poi lo batte anche sul campo, rimontando lo svantaggio iniziale. Ma la partita è solo un qualcosa che fa da sfondo alla vicenda personale dei due.

Inter-Milan 2-0 (24 gennaio 2010)

Derby di Milano, stagione del Triplete. Al minuto 65, con l’Inter in vantaggio 1-0 ma in 10 fin dal 26’ per l’espulsione di Sneijder, la sostituzione è già pronta: fuori Pandev, dentro Thiago Motta. Proprio in quel momento però i nerazzurri conquistano un calcio di punizione dal limite sul versante destro, l’ideale per un mancino. Alt, fermi tutti! Mourinho rimanda la sostituzione, lascia Pandev in campo e lo indica come battitore per quel calcio di punizione. Gol. Mourinho si esalta, si indica come se avesse segnato lui, e in fondo un po’ ne è convinto davvero perché se Pandev è stato semplicemente il braccio, lui era la mente. «All’intervallo, quando eravamo già in 10, Mourinho ci disse che quel derby lo avremmo vinto anche in 9» ha raccontato Pandev «E andò proprio così!» (con l’espulsione di Lucio all’ultimo minuto). Un altro “intervallo mitico” di Mou. A farlo godere, però, non è tanto la vittoria (che lui ritiene sempre contro tutto e tutti) quanto il “suo” gol: la dimostrazione tangibile, data al mondo intero, della sua superiorità sul piano dell’intuizione. In quel preciso istante, mentre Pandev esulta, è molto probabile che Mourinho stia veramente pensando qualcosa tipo «Sono davvero un genio». Possiamo dargli torto?