Una partita fondamentale per gli obiettivi di tutte e due le squadre. Il City sembra in una condizone migliore, ma lo United proverà a sfruttare il vantaggio di giocare in casa
Il Derby di Manchester mette di fronte due squadre in forte antitesi sia tattica, sia condizionale: i Citizens di Guardiola negli ultimi 3 mesi hanno vinto tutte le partite ad eccezione delle sconfitte nell’andata dei quarti di finale col Tottenham in Champions e con il Newcastle in Premier; i Red Devils di Solskjaer, vengono da un ciclo di un mese e mezzo abbastanza deludente, con 5 sconfitte tra campionato (di cui l’ultima particolarmente pesante, 4-0 contro l’Everton) e Champions, e due sole vittorie, contro Watford e West Ham.
Anche le ambizioni sono, conseguentemente, diversissime: Guardiola cercherà di sfruttare questo recupero della trentunesima giornata per staccarsi dal Liverpool, in vetta, mentre Solskjaer vincendo salterebbe dal sesto al terzo posto, a pari punti con Tottenham e Arsenal e a una lunghezza sopra il Chelsea, stringendo ulteriormente la corsa per un posto nella prossima CL. Al di là delle differenti prospettive, un derby è sempre tale proprio per la capacità di mischiare carte e concetti altrimenti lontani anni luce, grazie a un vigore agonistico e tensivo che può scompaginare facilmente i valori in campo e il dualismo sulla carta. Premesso ciò, sarebbe comunque sbagliato ignorare i diversi segnali tattici che possono suggerirci quantomeno i temi principali della partita.
La fluidità del City
Sul finire del terzo anno del progetto, i principi di Guardiola sono ormai introiettati alla perfezione nella rosa, ed è chiaro a tutti che il City sia una squadra capace di disporre a suo piacimento delle avversarie che puntano a difendere con le unghie e con i denti l’interno della propria trequarti, grazie a rotazioni, esche e combinazioni rapide che alla lunga hanno sempre il risultato di ottenere spazio anche dove, in principio, non ce n’è.
Dall’altra parte, dopo un periodo iniziale di costruzione del gioco attraverso l’utilizzo del rombo di centrocampo, esaurito forse l’entusiasmo generale per il cambio di guida tecnica, lo United di Solskjaer ha iniziato a ritornare verso un approccio con ancora qualche sfumatura mourinhana, soprattutto contro squadre più quotate tecnicamente (si veda ad esempio il 3-5-2 di matrice cautelativa adottato in Champions contro PSG e Barcellona). Nonostante gli esiti non particolarmente soddisfacenti, il tecnico norvegese ha comunque mostrato di avere una certa attenzione verso le caratteristiche degli avversari, curando le fasi di pressing in maniera più o meno intensa a seconda della situazione e variando diversi sistemi di gioco, accettando di difendere sia con linee da 5 che con linee da 4.
Questa potrebbe essere una chiave di volta del match: la squadra di Guardiola è abituata a usare a suo vantaggio il pressing avversario per aprire dei varchi dietro le linee, e sono state poche le occasioni in cui la sua costruzione è stata messa realmente in difficoltà, in questa stagione. Nella gara di andata dei quarti contro il Tottenham, la produttività dei Citizens è stata messa in crisi grazie all’atteggiamento senza palla degli Spurs, disposti con un 4-4-2 e attenti ad assorbire i tipici movimenti a stringere dei “finti” terzini, in particolar modo grazie a una grande partita di sacrificio di Eriksen su Delph. Il risultato, però, è stato anche figlio di una remissività abbastanza sorprendente rispetto al solito. Al ritorno, tenendo i terzini più orientati all’ampiezza e sfruttando un atteggiamento verticale più sfacciato, Guardiola ha ritrovato maggior rapidità di fraseggio e si è giocato la qualificazione al meglio delle proprie possibilità.
Dopo appena tre giorni dal 4-3 della gara di ritorno, il Tottenham affronta nuovamente il City, questa volta in Premier, utilizzando un 5-3-2 per consentire agli esterni di uscire in pressione in maniera più sicura sulle ali di Guardiola, nella partita precedente usati come riferimenti prioritari nella circolazione, sfruttando la copertura di un uomo in più alle loro spalle. Il City si adatta immediatamente a questo nuovo contesto, ritornando a spostare uno dei due terzini in posizione di mediano, alle spalle delle punte del Tottenham, attirando la pressione del centrocampista avversario e svuotando così la linea di passaggio verso l’esterno, a questo punto isolato contro il diretto marcatore.
Il City trova dunque sempre il modo di assorbire il pressing e palleggiare nella metà campo avversaria, e ci rimane in maniera reiterata grazie anche alle consolidate doti di riaggressione a palla persa e all’abilità nel marcare gli appoggi in uscita al portatore.
In questo esempio, troviamo una situazione che potrebbe facilmente riproporsi qualora Solskjaer decidesse di disporsi nuovamente con un 5-3-2: l’ala destra del City copre la linea di passaggio verso l’esterno del Tottenham, che viene momentaneamente lasciato libero dal terzino del City per attirare dunque il palleggio verso la zona interna. A questo punto entra in gioco la pressione individuale, con Foden in posizione di trequartista a seguire il mediano e Walker a scattare verso Davies, che in precedenza non aveva potuto attaccare la profondità (chiamando magari un rinvio lungo) dato che lo stesso Walker era rimasto inizialmente a protezione della stessa.
Le incognite dello United
Lo United è al momento una squadra forse più abile (seppur non eccellente) nella gestione dei possessi avversari, che nella costruzione di occasioni manovrate, e potrebbe patire particolarmente l’organizzazione minuziosa del City (decisamente più frenetica rispetto a quella del Barcellona, che all’Old Trafford ha disputato una gara abbastanza passiva) nel pressing. Pertanto, sembra inevitabile che lo spartito vedrà la squadra di Guardiola fare la partita e quella di Solskjaer tentare di giocarla su ripartenze corte e lunghe, limitando i rischi in area. A palla recuperata, sarà importante per i Red Devils non cadere nelle trappole di contro pressing di Guardiola, cercando rapidamente i leader tecnici della squadra, capaci di spaccare in due il campo grazie alle combinazioni di protezione della sfera, visione di gioco e break palla al piede. Il nome principale è ovviamente quello di Paul Pogba, che agendo verosimilmente sul corridoio centrale, tra centrocampo e attacco, potrebbe essere anche un riferimento importante sulle palle lunghe, ma anche la gestione dell’ampiezza e l’attacco preventivo degli spazi da parte di Rashford, Martial e Lukaku e/o Lingard sarà determinante, per cercare di isolare queste individualità in situazioni di parità numerica contro i difensori del City in campo aperto, facendo valere rapidità e potenza.
La media del saldo tra xG subìti e prodotti dello United di Solskjaer è prossimo allo zero nelle partite fuori casa, ma positivo in quelle casalinghe.
La principale incognita è che, ad oggi, lo United non è sembrato affatto invalicabile nelle fasi di difesa posizionale bassa, soprattutto per le doti di lettura di alcuni singoli (Young e Jones, ad esempio) nei tempi e modi di aggressione, risultando inoltre spesso troppo passivi nel controllo dell’avversario in area. In una situazione di congestione centrale, Aguero e compagni sono particolarmente abili nel muoversi incontro o scappare in profondità, mettendo così in crisi le marcature individuali e/o creando spazi, anche per brevi momenti, che vengono immediatamente attaccati dagli inserimenti del “terzo uomo”. Lo United ha mostrato diverse volte di non essere in grado di assorbire queste situazioni, a causa di un tempismo spesso errato nei meccanismi di marcatura e copertura. Invitare il City a una partita di supremazia territoriale, abbassando troppi uomini sotto la linea del pallone, sembra dunque più un rischio che una comfort zone, per Solskjaer.
La capacità di orientarne i possessi sin dalle prime battute, magari alzando l’altezza del recupero palla, e di sfruttare le transizioni positive (eludendo il gegenpressing) in maniera cinica, accettando il rischio di tenere gli uomini più decisivi in luce per essere trovati velocemente nelle eventuali ripartenze, sarà determinante per cercare di mettere la gara su binari tattici e mentali più agevoli, sfruttando poi l’onda emotiva del Derby tra le mura amiche e cercando di instillare nello schiacciasassi di Guardiola qualche insicurezza fatale, sfruttando anche la pesante assenza di Kevin de Bruyne.