Maradona, De Laurentiis a Sky: "Simbolo di riscatto, giusto intitolargli lo stadio"
AD10S DIEGOIl presidente del Napoli a Sky Sport sulla morte di Maradona: "Sapevo dell'operazione al cervello, ma conoscendo l'uomo ero convinto che ce l'avrebbe fatta anche stavolta. Non avrei mai immaginato che sarebbe morto, sono addolorato. Ho conosciuto un uomo straordinario fuori dal campo, gli ho anche proposto di diventare ambasciatore del Napoli". Poi la lettera: "A te, simbolo di un ambito riscatto e di una desiderata resurrezione"
"Stavo guardando la televisione in attesa di incontrare Gattuso in serata e la notizia per me è arrivata a ciel sereno". È ancora scosso Aurelio De Laurentiis, che ai microfoni di Sky Sport ha raccontato come è venuto a conoscenza della morte di Diego Armando Maradona. Il presidente del Napoli ha poi proseguito, non nascondendo il suo dolore per la scomparsa del calciatore simbolo del club azzurro: "Sapevo che si era operato al cervello - ha aggiunto De Laurentiis - ma, conoscendo l'uomo, sapevo che ne aveva passate di peggiori e ho pensato che ce l'avrebbe fatta anche stavolta. Non avrei mai immaginato che sarebbe venuto meno. Ci sono rimasto molto male. Sono addolorato, è stata una bella botta".
Da uomo di cinema, che titolo darebbe a un film su Maradona?
"Sono 12 mesi che stiamo lavorando su una serie tv che racconta gli anni dei due scudetti e si chiamerà 'La prima volta'. È un titolo provvisorio, ma credo sia molto azzeccato".
Ha lavorato con Maradona nel film “Tifosi”. Che ricordi ha di quell'esperienza?
"Incredibile. Non sapevo nulla di calcio e con i fratelli Vanzina si decise di scrivere un film, diretto da Neri Parenti, dove c'erano i tifosi juventini, milanisti, interisti, romanisti e napoletani. Venne fuori l'idea di prendere Maradona, ci mettemmo in contatto con lui e diventammo pazzi, era difficilissimo trovarlo e parlargli per una negoziazione. Poi lui diede una possibile adesione, ma niente di più. Allora istituimmo due troupe, una al nord e una solo su Napoli per Maradona. Poi arrivò la notizia che Diego stava arrivando in Italia e anche la troupe del nord scese a Napoli. Avevamo un'idea del campione, ma non di quest'uomo così straordinario. Tutti lo amavano. Poi a Napoli non si poteva neanche girare e al secondo giorno ci spostammo a Roma, fingendo in qualche posto che fosse Napoli. E così riuscimmo anche a portare a casa quelle poche scene che lo riguardavano".
Avete cercato di coinvolgerlo nel progetto Napoli, qualche anno fa lo avete portato anche a Madrid...
"Lui era molto interessato, ci sono stati vari incontri. Gli dissi: "Diego, tu dovresti fare l'ambasciatore del Napoli. Chi meglio di te può rappresentare questa città in tutto il mondo?". Mi disse che era una bellissima idea, venne a Madrid ma aveva una sponsorizzazione dal Governo di Dubai e si era stabilizzato lì. Non si poteva spostare, ma venne a Madrid e in altre competizioni internazionali. Però, finito il suo contratto a Dubai, tornò in Argentina dove ha scelto di fare l'allenatore".
Quando ha ritrovato Maradona da presidente, qual è stata la sua sensazione?
"Mi ha sempre colpito una cosa di Diego, anche quando ci trasferimmo da Napoli a Roma durante 'Tifosi'. Passammo una notte a parlare fino all'alba con lui e con la moglie, venne fuori una grandissima umanità. Un uomo che mi colpì moltissimo. La moglie disse: "Pensa Diego, se tu fossi come in campo. Cosa avresti avuto in cambio? Che cifre avresti guadagnato?". Lui rispose: “Sono molto contento e felice perché ho avuto delle figlie che hanno riempito la mia vita"".
Qual è l'eredità che lascia?
"Quella indelebile di riscatto, di resurrezione. Non ci dimentichiamo che Napoli, negli anni '60, veniva fuori da una situazione molto pericolosa. Negli anni '70 è arrivato un colera devastante, negli anni '80 il terremoto. Oggi Napoli sorride, non solo calcisticamente. I visitatori stranieri la stanno apprezzando, visitando in continuazione. All'epoca c'era una situazione molto pesante e discutibile. Arrivò questo nuovo Robin Hood a riscattare la povertà, ma anche la dignità di un popolo come quello napoletano. Per questo la gente è impazzita".
Quale iniziativa state prendendo per ricordarlo?
"È difficile dirlo così su due piedi. Il personaggio è così grande che ogni minuto di silenzio sarebbe illusorio. Abbiamo convinto l'UEFA a lasciarci la possibilità di mettere la faccia di Diego a bordocampo, così come sui maxischermi. Come se fosse una presenza che assiste alla partita, lo faremo sia con il Rijeka che con la Roma, mi sembra dovuta".
Lei ha sponsorizzato l'iniziativa di intitolare il San Paolo a Maradona...
"Sì, la storia del San Paolo è ormai lunga. Da 17 anni sono in questa diatriba con le istituzioni locali. Ho sempre chiesto di vendermelo e chiamarlo 'Diego Armando Maradona'. Se poi, per tradizione, dovrà essere sia 'San Paolo' che 'Maradona', così sarà. Non è che cambiano molto le cose. Però è giusto che Maradona abbia questo riconoscimento. Anche se dovessi fare uno stadio nuovo, fuori città, lo chiamerei così. Ma è una cosa che non prevedo perché i rapporti con le istituzioni sono migliorati, vediamo ora con il Covid cosa dovrà fare lo stato con il mondo dello sport, è meglio che gli stadi passino di mano anche a un prezzo simbolico perché a un certo punto i comuni non se lo possono neanche più permettere".
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La lettera di De Laurentiis
Aurelio De Laurentiis ha inoltre raccolto tutte le sue emozioni in questa lettera, dedicata a Maradona e pubblicata sul sito ufficiale del Napoli, nella quale ha espresso ancora una volta la volontà di intitolare lo stadio di Napoli al campione argentino, simbolo di riscatto per tutto il popolo azzurro.
"Caro Diego, lasci una grande testimonianza di che cosa sia un uomo con tutta la sua fragilità, la sua forza, il suo amore totale per la vita e per il prossimo. Un campione unico e irripetibile.
Le tue debolezze, le tue macchie, i tuoi errori sono pari alla tua immensa grandezza per annullarsi nel mito.
Si è detto da più parti che rappresenti la sintesi tra genio e sregolatezza. Un pittore del pallone: pennellate uniche da ricordare nel “Louvre” dei massimi artisti. Come un Caravaggio inquieto a cui l'indomabilità e la sregolatezza si perdonano per la sua immensa grandezza.
Credo sia giusto intitolare il San Paolo al tuo nome per averti ancora con noi quale testimone dell'eccelsa strada che questa squadra ha intrapreso.
I tuoi sono stati anni indelebili nella memoria dei Napoletani. Simbolo di un ambito riscatto e di una desiderata resurrezione.
Grazie Diego tu sei e rimarrai con tutti noi.
Aurelio De Laurentiis".
AD10S DIEGO
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Ferlaino: "Sono stato il suo carceriere"
Del rapporto con Maradona ha parlato anche Corrado Ferlaino, il presidente del Napoli portato al trionfo dal campione argentino alla fine degli anni '80. Intervistato dal Corriere dello Sport, Ferlaino ha ricordato il primo incontro con il Pibe de Oro: "Il suo manager di allora mi portò a casa di Diego, a Barcellona. Dicemmo pochissime parole, ci fu molto silenzio. Lui era imbarazzato perché si trovava di fronte al presidente del Napoli, io ero timido perché avevo davanti quello che sarebbe diventato il calciatore più forte di tutti i tempi. Sentivamo che stavamo per fare il colpo de secolo, bastava leggergli negli occhi quel desiderio di mostrare a tutti chi fosse. Per questo dico che è inutile fare paragoni o dualismi: non c'è stato un altro Maradona e non nascerà mai nessuno che gli somigli". Alla fine il rapporto si incrinò: "Questa cosa l'ho già detta e la ripeto: sono stato il suo carceriere. E un genio del genere, ovviamente, a un certo punto vuole essere liberato da quella che sembra una prigione, magari cercando nuove ispirazioni altrove. Lo volevano a Marsiglia e Tapie mi disse che avrebbe mandato un assegno nel quale avrei solo dovuto mettere la cifra. Quando arrivò la busta, io strappai tutto. Non avevo nessuna intenzione di venderlo, anche se intuivo che quell'epoca sarebbe finita. Ma ci siamo goduti il campione finché è stato possibile e alla fine abbiamo pure vinto nuovamente il campionato".