Ibrahimovic e gli altri campioni senza età: quanti "Benjamin Button" nello sport

DIAVOLO IBRA

Alfredo Corallo

Con la rete alla Fiorentina, lo svedese è diventato il giocatore più "anziano" a toccare quota 15 gol in un singolo campionato di Serie A. "Ma più passa il tempo e più ringiovanisco", ha scherzato l'attaccante del Milan, che è in buona compagnia: da Valentino Rossi a Federer, sono tanti i fuoriclasse seduti al tavolo del cosiddetto "patto col diavolo"

MILAN-SAMP LIVE

 

Ogni generazione di sportivi ha avuto i suoi "Benjamin Button", per utilizzare un'immagine cara a Ibra: Sir Stanley Matthews - che era un bambino quando la novella di Francis Scott Fitzgerald sbarcò in libreria - vinse il Pallone d'Oro nel 1951 alla veneranda età di 42 anni e lo stesso Silvio Piola - coetaneo dell'asso inglese - aveva già oltrepassato la quarantina nel pomeriggio del suo 274° (e ultimo) gol in Serie A, di cui è rimasto il top-scorer assoluto. "Malgrado non fosse più un ragazzino, possedeva ancora un fisico poderoso - ricorderà Nils Liedholm di quel Novara-Milan del 7 febbraio 1954 - aveva sempre addosso due difensori, eppure riuscì ugualmente a inventarsi una delle sue famose rovesciate a bicicletta". Il pilota argentino Juan Manuel Fangio ne aveva addirittura 46 quando tagliò in testa il traguardo del suo quinto Mondiale in F1, nel 1957. Ma più che "curiosi", sono stati dei casi eccezionali, se è vero che tanti dei loro primati resistano - o hanno resistito per decenni - alle scalate di colleghi blasonati (almeno) quanto loro. Allora erano dipinti come dei Faust, un'orda di Dorian Gray che avevano venduto l'anima al diavolo in cambio dell'eterna giovinezza; quasi sopravvivesse un certo sospetto, ereditato dal secolo precedente, che si trattasse di una classe maledetta. "Quarant'anni sono una vita intera, sono la più fonda vecchiaia - ammoniva Dostoevskij nelle sue Memorie dal sottosuolo, partorito nello stesso periodo in cui, peraltro, fu ambientato il racconto interpretato al cinema da Brad Pitt e in 'campo' da Ibrahimovic - e vivere oltre questa età è indecoroso, volgare, immorale...".

Brad Pitt in Benjamin Button
©Ansa

 

Le "magnifiche ossessioni" di Buffon, Valentino e Serenona

E invece il genio russo sarebbe stato orgoglioso del suo concittadino Lev Yashin e dell'omaggio che Mosca tributò nel 1971 al grande portiere nel giorno della sua partita d'addio, 41enne, salutato allo stadio Lenin da oltre centomila spettatori. Il "Ragno Nero" - a proposito di record rimasti imbattuti - è il solo nel suo ruolo a poter vantare il Pallone d'Oro; come Dino Zoff - il suo discendente diretto - è ancora oggi il più "vecchio" giocatore ad aver sollevato al cielo una Coppa del Mondo di calcio e l'unico italiano capace del Double Europei-Mondiali. Archetipo di riferimento - nel rapporto longevità/tasso di competitività - anche per il suo di allievo, Gigi Buffon, che a 43 anni non ha delle particolari colpe da "espiare" né quella fame di riscatto (Zoff fu messo in croce al Mundial d'Argentina '78 e arrivò in Spagna con quintali di sassolini nelle scarpette), ma una "magnifica ossessione" chiamata Champions League (e già che c'è scalzare l'ex collega Marco Ballotta dalla poltronissima di più "anziano" nella storia del nostro campionato). La stessa "voglia" che anima Valentino Rossi (il sogno del 10° mondiale in MotoGp) e Serena Williams, ogni santa volta - come ai recenti Australian Open - a un passo dai 24 Slam di Margaret Smith Court. Una categoria di cui non fa più parte Tom Brady, che ha chiuso il cerchio trionfando nell'ultimo Super Bowl con la maglia degli sfavoriti Tampa Bay Buccaneers avvalorando la convizione che fosse lui l'Anello di congiunzione tra i Patriots e il Vince Lombardi Trophy, e non un semplice - per quanto prezioso - ingranaggio.

Valentino Rossi
©Ansa

 

Splendidi quarantenni

Gigi, il Dottore e Serenona - ma anche Francesca Piccinini nella pallavolo e, in relazione agli standard di nuoto e ciclismo, Federica Pellegrini e Vincenzo Nibali - sono parenti stretti dei Maldini, Costacurta, Zanetti, Del Piero, Totti, la generazione delle ultime bandiere che ha definitivamente alzato l'asticella in materia di "Psicologia dello Sviluppo" destabilizzando il modello ciclico dell'esistenza elaborato da Erik Erikson. Sono "i baciati dal DNA", ma anche dei professionisti maniacali, con diete ferree, integrità morale e valori (non solo quelli del colesterolo) ineccepibili. Quelli che... etica e talento senza lavoro non basta, a metà tra "Cuore" di De Amicis e "Caro Diario" di Nanni Moretti, legittimamente ricompensati dal Karma: "Voi gridavate cose orrende e violentissime, e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste, e ora sono uno splendido quarantenne". 

 

La teoria di Federer

Ma le motivazioni che spingono questi Highlander a non desistere si estrinsecano in varie forme, anche le più "materiali". Secondo Roger Federer - che non ha mai del tutto accantonato il desiderio di un oro olimpico nel singolare, l'unica "macchia" del suo infinito e variegato palmarès - alla base di questi curricula costantemente aggiornati ci sarebbero degli impulsi meramente pratici. "Ogni giocatore deve decidere quale sia il miglior momento per appendere la racchetta al chiodo e vivere a tempo pieno con la famiglia e gli amici - ha spiegato lo svizzero nel 2017 in un'intervista a tennis.com - ma se tempo fa ci si ritirava tra i 29 e i 32 anni, ora la media si è alzata. E credo che la ragione sia in gran parte l'aumento dei montepremi in palio nei vari tornei, che consente ai tennisti di avere ottimi guadagni da poter reinvestire in fisioterapisti e medici". È probabile che senza i progressi della chirurgia e delle metodologie di allenamento - al netto degli stimoli derivati dalle challenge con Nadal e Djokovic - anche Re Roger avrebbe definitivamente abdicato, precludendosi questa sua seconda - e sfavillante - giovinezza. Nel 2013 - quando cominciarono i suoi guai fisici - era appunto 32enne; alla stessa età, Michel Platini - cui non mancavano certo le sollecitazioni (Maradona, l'astro nascente Roberto Baggio) - depose la corona. "Non avevo più benzina - confesserà Le Roi - ero veramente stanco, cotto. Ho passato tutto il 1986 infortunato e avevo dei problemi alle caviglie. Per cui ho deciso di smettere".

Roger Federer
©Ansa

 

LeBron, CR7 e la saga dei Predestinati 

Platini - a dirla tutta - non ne poteva più dei sacrifici che gli venivano "imposti" come atleta. I francesi andavano allo stadio con il respiro leggero di un cinemino o di una commedia a teatro, la sua educazione sentimentale applicata al pallone era profondamente bohémien, più vicina allo spirito circense del gioco che all'imperativo "vincere è l'unica cosa che conta". In questo senso, la rigorosa filosofia contemporanea del successo come prerogativa inderogabile alla gloria si adatta molto di più alla saga dei predestinati LeBron James e Cristiano Ronaldo, la "crioterapia-generation", Jack Sparrow 3.0 con Michael Jordan e Pelè (ops) nel mirino che navigano nell'azoto liquido alla ricerca della Fonte benedetta, l'Elisir di lunga carriera. E poi c'è Ibra...

LeBron James e Cristiano Ronaldo
©Ansa

 

Diavolo di un Ibrahimovic

Zlatan il vichingo, figlio prediletto di Odino. Pirata e Signore di Svezia, Deus (ex machina) del Milan e Megadirettore Galattico di "Zanremo". Moto perpetuo - e all'occorrenza motostoppista - che si alimenta di se stesso sovvertendo ogni principio della termodinamica. Che ringiovanisce anziché  invecchiare, stravolgendo secoli di teorie evoluzionistiche. E ora, con il sigillo alla Fiorentina, a 39 anni e 169 giorni (dati Opta) il giocatore più anziano a toccare quota 15 gol in una singola stagione di Serie A. "Mi dà fastidio parlare della mia età, mi sento come Benjamin Button. Più passa il tempo e più divento giovane", ha scherzato (?) nell'intervista a Sky al termine del match vinto 3-2 dai rossoneri al Franchi. "Il rinnovo di contratto? È tutto sotto controllo, non c'è fretta". Per forza, che urgenza avrebbe Ibrahimovic di firmare un altro patto con il diavolo? Ibra "è" il diavolo.