Dzeko, Coutinho e l’importanza di fare le scelte giuste

Champions League

Vanni Spinella

A gennaio hanno fatto scelte di vita opposte: Dzeko ha detto no al Chelsea per inseguire un sogno con la Roma, Coutinho ha lasciato il Liverpool per un Barça che non poteva schierarlo in Champions. Ma è anche la serata di Kolarov, contro i blaugrana "in maglia City"

In casi come questi si sottolinea sempre come sia la vittoria di un gruppo. Una volta tanto però è soprattutto la vittoria di chi è rimasto, di chi ha creduto in quel gruppo, nel famoso “progetto”. Roma-Barcellona è la vittoria di Edin Dzeko, che il 19 gennaio aveva già un piede sulla scaletta dell’aereo diretto a Londra, destinazione Chelsea. Erano i Blues approdati agli ottavi chiudendo il girone alle spalle proprio della Roma (3-3 e 3-0 per i giallorossi nei due confronti diretti) ma che in tanti davano come certi protagonisti del cammino in Champions, vuoi per l’abitudine a frequentare quel palcoscenico negli ultimi anni, vuoi per la maggiore ambizione del club, vuoi per le garanzie che uno come Antonio Conte può dare. Dzeko, praticamente già venduto, si disse lusingato ma rispose “no grazie” rinuciando a tanti, tanti soldi di Abramovich. Ha preferito un sogno, dato che al Chelsea – piccolo particolare – non avrebbe potuto disputare la Champions. Il Chelsea, al primo ostacolo, si è arenato. Quell’ostacolo si chiamava Barcellona.

Manolas, il gol dopo i due autogol

Dzeko gli ha dato la prima spallata dopo 6’; la seconda è arrivata da un altro che in quanto a fedeltà ha molto da insegnare; la terza, l’ultima, quella decisiva, è stata una testata. Manolas ha finito di sgretolare il muro blaugrana, e mentre urlava incredulo la sua gioia avrà ripensato anche lui alla sua sliding door, quella che a giugno l’avrebbe portato a giocare nello Zenit. Tutto già apparecchiato anche in quel caso: Mancini che lo voleva fortemente, un supercontratto che lo aveva convinto e la mano che si ferma sul più bello, al momento della firma. Manolas cambia idea, spiazza persino la Roma, qualcuno scrive che per il club giallorosso si tratta di un “autogol da 35 milioni”. Ne farà un altro, di autogol, all’andata contro il Barcellona: ma poi con quel colpo di testa restituisce tutto e con gli interessi. Dzeko-Manolas, i due che nel corso della gara di qualificazione al Mondiale tra Bosnia e Grecia avevano dimenticato di essere compagni di club, venendo alle mani, riuniti in un abbraccio nel segno di quelli che hanno vinto per il solo fatto di essere rimasti.

Avrà goduto di sicuro anche il “vecchio” Kolarov, che la “pazzia” di Di Francesco ha spostato qualche metro più avanti, sulla sinistra, per proporre un’apparentemente folle difesa a 3: in estate era stato proprio lui a chiedere la cessione al City, Guardiola aveva dovuto accettarne la scelta ("Vuole la Roma") ma probabilmente senza capirla: la rivoluzione di Pep era stata studiata per costruire un club in grado di dominare la Premier ma soprattutto di arrivare tra le prime d’Europa. La Roma gli avrebbe garantito tanto? Nella serata in cui Guardiola e i suoi devono rinunciare al sogno europeo, Kolarov avanza con la Roma, a suon di discese e di coperture intelligenti, contro un Barcellona... in maglia "City".

Messi non riesce a crederci e gli si rizzano i capelli in testa

E Coutinho guarda il "suo" Liverpool in semifinale

E poi ci sono quelli che hanno perso due volte. Accettando il trasferimento da record al Barcellona, Coutinho sapeva bene che non avrebbe potuto giocare in Champions, essendo già stato schierato dal Liverpool. Ma francamente: quante possibilità avrebbero avuto i Reds di andare lontano? Liverpool in semifinale, anche senza Coutinho; Barcellona a casa. Piange anche Sterling, un altro che il Liverpool l’ha lasciato ormai da tre stagioni e che adesso inizia a raccogliere i frutti apprestandosi a vincere la Premier. Ma se parliamo di sogni, di notti magiche, le due che ha vissuto il Liverpool contro il City non hanno prezzo. Sterling si è illuso con l’assist a Gabriel Jesus dopo pochi secondi, i suoi ex compagni, ma soprattutto chi l’ha sostituito nel cuore dei tifosi, l’hanno risvegliato bruscamente. Salah segna, Karius para: c’è una rivincita anche per lui, il portiere tedesco con un passato nelle giovanili del City, dove però non si era mai ambientato. Una parentesi in Patria e poi la seconda occasione in Premier, chiamato da Klopp. Alla fine ha avuto ragione lui.