5 domande sulla sfida di Champions League di stasera tra la squadra di Klopp e quella di Di Francesco, che hanno diversi punti in comune
Quasi tutti i gol del Liverpool vengono dal suo attacco. Per fermarlo sarebbe più sensato mettere la difesa a 3 o a 4?
L’aggiunta di Salah come terzo componente del tridente completato da Firmino e Mané ha permesso a Klopp di assemblare una sorta di Voltron in grado di annientare qualsiasi avversario. In tre hanno segnato 53 gol in campionato, più di qualsiasi squadra fuori dalla top-6 della Premier League e addirittura 83 reti stagionali.
L’attacco dei Reds è praticamente inarrestabile in transizione ed è in grado di assaltare con la massima velocità e prontezza qualsiasi spazio alle spalle della difesa avversaria. Allo stesso tempo, grazie alla grande intesa sviluppata nel corso della stagione, le tre frecce del Liverpool sono pericolosissime anche quando attaccano una difesa schierata, essendo capaci di combinare tra loro con la stessa velocità con cui coprono il campo in contropiede.
Di Francesco ha conquistato l’accesso alla semifinale proponendo per la prima volta una Roma schierata sin dal calcio d’inizio con la difesa a tre. Una soluzione che ha messo in crisi il 4-4-2 del Barcellona, perché consentiva ai giallorossi di avere superiorità numerica sia in fase difensiva che in fase di uscita, senza però rinunciare a pressare in parità numerica la costruzione del bassa del Barca, operata da Umtiti, Busquets e Piqué.
La doppia sfida con il Liverpool propone però uno scenario completamente diverso. Giocare in parità numerica contro tre attaccanti con le caratteristiche di Salah, Firmino e Mané non offrirebbe gli stessi vantaggi, perché impedirebbe di avere un uomo in più in grado di rimediare a eventuali errori dei centrali, lasciando la difesa sguarnita al primo dribbling subito o anticipo mancato. Se la Roma scegliesse poi di difendere a tre, darebbe immediatamente tre riferimenti precisi al pressing del Liverpool, senza però poter usufruire della superiorità numerica a centrocampo, con Nainggolan schierato qualche metro più avanti della linea mediana (o largo o da trequartista). È però lo stesso Di Francesco a ricordarci quanto il calcio sia dinamico e che le considerazioni sui sistemi di gioco contano solo fino a un certo punto.
Per la Roma sarebbe più sensato pressare in avanti il Liverpool oppure aspettarlo basso?
La Roma ha giocato le partite migliori della sua stagione ed in particolare di questa edizione della Champions League, quando ha abbracciato in pieno la sua identità di squadra propositiva, che non attende passivamente l’avversario nella propria metà-campo, ma lo va aggredire fin dall’inizio azione.
Anche con la difesa a tre la Roma non rinuncia a difendere alta sul campo. Un esempio dal Derby, in cui Manolas retrocede nella sua metà-campo e mette Immobile in fuorigioco all’ultimo istante.
Attuare una strategia di questo tipo contro una formazione come il Liverpool, in grado di ribaltare il fronte del gioco in un istante, potrebbe essere un rischio non indifferente, ma è stata la consapevolezza e la fiducia nella stabilità del proprio pressing che ha permesso alla squadra di Di Francesco, non più tardi di due settimane fa, di compiere una delle rimonte più incredibili nella storia di questa competizione. Tutta la campagna europea della Roma si è retta su quelli che spesso vengono indicati come i pilastri del successo in campo internazionale, ovvero l’intensità e la capacità di difendere lontano dalla propria porta, di cui in passato le squadre italiane sono state accusate di difettare.
In una sfida di questo tipo, dove sarà fondamentale capire i momenti della gara e avere anche l’umiltà e l’arguzia di cambiare il proprio atteggiamento in corsa, la Roma potrebbe anche adattarsi a difendere bassa cercando di annullare la profondità, ma non sarebbe probabilmente in grado di sostenere 180 minuti di questo tipo, sia perché la difesa posizionale prolungata non fa parte della sua natura, sia perché renderebbe la risalita del campo in transizione particolarmente complessa. Per volare a Kiev, la Roma dovrà far suo, ancora una volta, il motto virgiliano “audentes fortuna iuvat” e affrontare il Liverpool a viso aperto, senza rinunciare ai propri princìpi.
Strootman ha detto che la Roma ha un piano per fermare Salah. Quale potrebbe essere?
Manolas ha indirettamente risposto al compagno dicendo che a Salah non sarà riservata una marcatura ad uomo specifica, ma la Roma cercherà di limitarlo con uno sforzo di squadra, come è già accaduto con Messi.
Sarà importante provare a portarlo verso l’esterno, impedendogli di convergere verso il centro, perché i difensori giallorossi hanno la possibilità di prevalere nel gioco aereo rispetto agli attaccanti avversari e, storicamente, quando il Liverpool è costretto a crossare in quantità ha molte più difficoltà a portare a casa la partita. In questo senso fondamentale avere un uomo in più che possa offrire la possibilità di un raddoppio, fatto non propriamente scontato se la Roma decidesse di difendere con tre centrali.
Nel caso in cui Di Francesco optasse per il 3-4-3 difensivo, sarebbe più indicato sfruttare il centrale di sinistra in anticipo, in modo da impedire a Salah di ricevere palla, utilizzando per esempio Manolas sul centro-sinistra, che oltre ad essere il centrale più aggressivo in uscita tra quelli in rosa, avrebbe la possibilità di difendere i tagli verso il centro con il proprio piede forte.
È indubbiamente complesso annullare l’influenza di un giocatore come Salah, che è molto pericoloso anche sui cambi di gioco, quando si allontana dal proprio marcatore e prende palla largo per poi attaccare immediatamente l’area, oppure quando si abbassa e lo costringe fuori posizione per provare a dribblarlo facendo leva sulla propria imprevedibilità palla al piede. Mourinho c’è riuscito due volte. Nella recente vittoria per 2-1, negandogli la profondità dopo aver ottenuto il doppio vantaggio. All’andata (0-0) tagliandogli i rifornimenti, cioè orientandosi a uomo sui centrocampisti del Liverpool, che hanno avuto molte difficoltà a far arrivare il pallone all’egiziano (in quell’occasione il giocatore di movimento dei “Reds” con meno tocchi), soffrendo la stazza e la forza fisica dei “Red Devils”. Non è detto che il pressing della Roma non prenda spunto dalla strategia del Manchester United.
Nella gara di ottobre, terminata 0-0, Mourinho ha limitato i centrocampisti del Liverpool, sovrapponendo il triangolo del suo 4-2-3-1 su quello del 4-3-3 di Klopp, in modo da creare una serie di duelli individuali.
Il Liverpool ha massacrato il City sulle seconde palle. La Roma come potrà gestire questa situazione? C’è davvero una distanza incolmabile tra le due squadre a livello di intensità?
Sul piano dell’intensità globale, la Roma potrebbe pagare qualcosa, anche perché, a parità di condizione fisica, oltre alla capacità di resistere allo sforzo, gli uomini di Klopp sono probabilmente più veloci di diversi titolari giallorossi (da Fazio a Strootman, passando per Kolarov e De Rossi). Ma l’esercizio dell’intensità va di pari passo con la restrizione dei confini spaziali del campo: difendendo come un’unica unità e rimanendo compatti, i giallorossi potranno ridurre il gap con i velocisti del Liverpool.
Sarà poi importante affidarsi a quei giocatori che per le loro eccezionali doti fisiche possono rimediare ad eventuali scompensi strutturali. Manolas, che con la sua accelerazione può competere anche con Salah, Firmino e Mané; Nainggolan, che grazie alla sua resistenza e fisicità può essere l’uomo-ovunque del centrocampo; Dzeko, che può sfruttare il fisico e la sua capacità di calamitare i palloni aerei per fungere da valvola di sfogo quando i difensori saranno messi in difficoltà dal pressing avversario.
Quali potrebbero essere le situazioni di vantaggio per la Roma?
Il centrocampo del Liverpool è probabilmente il reparto con la qualità globale inferiore, anche se in questa stagione, la tattica di squadra e il ritmo di gioco sono riusciti a mascherare le lacune tecnico-tattiche dei centrocampisti di Klopp. Se per il numero di gol realizzati, l’attacco del Liverpool può dirsi superiore a quello della Roma, il centrocampo dei giallorossi può vantare più esperienza e più completezza di quello del Liverpool, soprattutto dopo l’infortunio alla schiena di Emre Can, e l’ennesima ricaduta di Lallana (partito per curarsi in Sud Africa), che salvo miracoli non saranno a disposizione se non per l’eventuale finale.
C’è poi la possibilità di affidarsi ad un attaccante praticamente unico nel suo genere come Edin Dzeko, soprattutto nella sua versione onnipotente manifestatasi nel 3-0 al Barcellona. Se il pressing di entrambe le squadre rendesse ai difensori impossibile giocare il pallone a terra, quelli giallorossi avrebbero la possibilità di affidarsi al loro “target-man”, un po’ come accade proprio nel calcio inglese. Quale migliore strumento del corpo dell’attaccante bosniaco per contendere le seconde palle e rivolgere verso il Liverpool le sue stesse armi? Occhio poi ai calci piazzati che i “Reds” hanno sempre avuto qualche difficoltà a difendere e dove la Roma può sfruttare le sue torri.
Klopp, scherzosamente, si è paragonato a Di Francesco perché entrambi fanno giocare le loro squadre alte e con intensità e soprattutto perché erano due underdog, ma adesso sono in semifinale e non ci sono arrivati per caso. Questa è la chiave per approcciare al meglio una sfida di questa importanza, dimostrare a tutti di valere questi palcoscenici. La Roma è una squadra in missione: per i suoi tifosi, per il calcio italiano, ma soprattutto per sé stessa.