L'allenatore dell'Ajax è, fin qui, l'uomo copertina di questa Champions. L'olandese ha imparato tanto al fianco del maestro Guardiola (ai tempi del Bayern) e adesso forse l'ha superato: i lancieri sono in semifinale, il City di Pep va a casa
L'allievo supera il maestro. Forse è troppo presto per dirlo, ma il destino segnato dai quarti di finale ci regala questo bel titolo e rischia di tracciare un nuovo percorso nel calcio di oggi e in quello che verrà. Una sorta di passaggio di consegne, seppur avvenuto a chilometri e ore di distanza. Erik ten Hag, dopo aver già incantato con il suo Ajax nel tempio del Bernabeu, ripete l'impresa anche in casa della Juventus e conquista una straordinaria qualificazione alla semifinale di Champions League. Un giorno dopo, nel teatro dell'Etihad, il City di Pep Guardiola è protagonista di un pirotecnico 4-3 contro il Tottenham. La vittoria, tuttavia, non basta a passare il turno e decreta l'eliminazione dei Citizens. Per il catalano, nonostante le due Champions già messe in bacheca alla guida del Barça, la competizione sembra quasi diventare una maledizione e prolunga una striscia avara di soddisfazioni che dura dalla post vittoria del 2011. Un lungo lasso di tempo in cui Pep non ha mai centrato l'obiettivo finale, ma dai cui insegnamenti ha preso spunto l'attuale guida tecnica dell'Ajax. Il 49enne olandese infatti, dopo un po' di gavetta, fu chiamato nel 2013 per allenare il Bayern Monaco B sotto chiamata proprio di Guardiola. Il suo compito? Quello di trasmettere ai più giovani il tiqui-taca e l'estetica del 'maestro', per renderli subito integrabili per la prima squadra. ten Hag lo osservò da vicino, ne catturò i segreti e mise in atto una filosofia ispirata al Guardiolismo e alla scuola Ajax. O meglio, la scuola Cruyff. La stessa che ha ispirato Pep e che con la consacrazione di ten Hag nell'Europa che conta rappresenta, probabilmente, la chiusura di un cerchio. In semifinale ci sarà posto solo per il figliol prodigo, chiamato a inseguire quel sogno chiamato Triplete che il manager del City ha già conquistato in carriera.
Il simbolo Mahrez e 50 milioni di motivi che premiano ten Hag
Il City, contro il Tottenham, ha offerto una grande prestazione. Belle giocate, tanti gol e una vittoria che non cancella, però, la parola 'fallimento' dalla testa di tifosi e addetti ai lavori. Il club di Manchester spreca un'altra occasione per arrivare in fondo alla Champions e inizia a fare i conti con l'importante esborso avvenuto la scorsa estate, non certo una novità per lo sceicco Mansour. 70 quasi i milioni spesi per Mahrez, quasi quanto i 90 fatturati dall'intera società di Amsterdam. 70 milioni che diventano bruscolini se confrontati ai circa 330 versati nella passata estate per riformare quasi l'intero pacchetto difensivo. Con quei soldi, per sottolineare il peso del confronto, Guardiola avrebbe potuto comprare quasi l'intera attuale rosa dell'Ajax, valutata al momento 419.15 milioni (dati Transfermarkt). ten Hag, invece, si è accontentato di spendere molto meno, 50 milioni, la maggior parte dei quali utilizzati per affiancare uomini d'esperienza - come Blind e Tadic - a quei giovani in rampa di lancio, resi già pronti al grande salto dalla sua sapiente guida, frutto di studio approfondito, passione e capacità di andare oltre i primi limiti. È stato proprio Pep a trasmettergli la bravura nel guidare i giovani, ma il nuovo modello 'made in Ajax' si è rivelato più veloce e concreto di quello multi-milionario in versione inglese. In attesa che, a suon di trofei, il mister dei lancieri superi definitivamente il suo maestro.