L'Atalanta ha ritrovato il suo dna. O almeno così sembra

Anche nel precedente turno di Champions League, a inizio novembre, l’Atalanta aveva vinto a Marsiglia, ma nel postpartita del Velodrome, più della magia di Samardzic a tenere banco era stato il clamoroso screzio tra Juric e Lookman, anche se l’allenatore croato aveva derubricato l’episodio come “cose che succedono tutte le domeniche”, provando vanamente a spegnere l’incendio. La partita successiva contro il Sassuolo, prima dell’ultima sosta di campionato, avrebbe certificato la crisi di rigetto del successore di Gasperini: in quattro mesi a Zingonia la scintilla tra lui e la squadra non è mai scoccata. Non era soltanto una questione di feeling - come cantava Cocciante - perché un esonero contempla tante altre ragioni, ma tra Juric e i giocatori non c’è mai stata chimica, che poi è la base su cui si costruisce un gruppo di lavoro. E che spiega le frizioni avute con diversi giocatori nel corso della sua breve esperienza. L’aneddoto raccontato a Sky da Palladino, a caldo, nel postpartita di Francoforte, rivela come si sia rovesciato, in pochi giorni, il clima nello spogliatoio dell’Atalanta. “Ho scritto su un foglio: qual è il dna dell’Atalanta? E ciascuno dei ragazzi ha espresso un concetto. Volete sapere quali? Coraggio, ambizione, fame, unità, intensità, lavoro, sacrificio. Tutte cose che poi ho visto tradotte in campo qui in Germania. Secondo me il dna della squadra deve riflettere quello dei bergamaschi, di tutta la città, di questa società, abituata da sempre lavorare tanto e sodo. Ed è quello che fanno i ragazzi da quando sono arrivato”. Non serve altro per spiegare l’empatia che si è creata in pochissimi giorni a Zingonia tra i giocatori e il nuovo allenatore, che ha elogiato una squadra “attenta, motivata e coraggiosa”, come da tempo non si vedeva in campo. Che lo spogliatoio abbia sposato in pieno la scelta del club di cambiare guida lo ha fatto percepire in maniera eloquente, alla vigilia dell’Eintracht, pure Scamacca, che sentendosi chiedere di raccontare una differenza rispetto alla precedente gestione ha risposto: “Una sola? Il mister ci ha portato positività, entusiasmo, idee chiare. Ci trasmette sicurezza”. E ha portato un’aria nuova, soprattutto più leggerezza, forse l’ingrediente che serviva di più per soffiare via i cattivi pensieri che si affollano nella testa quando le cose vanno male e i risultati non arrivano. Palladino è stato immediatamente riconosciuto da tutto il gruppo come una guida credibile. Ha portato un metodo di allenamento che ha 'risvegliato' l’entusiasmo, sono aumentati i sorrisi e scomparsi i musi lunghi, è tornato il buonumore. Si è ripartiti da zero. E tra una partita e l’altra bisognerà lavorare tanto per elevare la condizione atletica ai livelli del passato, un passaggio inevitabile per esprimersi da Atalanta. I giocatori sono consapevoli però che, non essendoci più Juric, gli alibi sono spariti. Toccare i tasti giusti, per scuotere i giocatori nella testa, è la prerogativa dei grandi allenatori. Di cartelli e scritte motivazionali è piena la storia del calcio. Lo faceva anche Gasperini, celebre il messaggio del branco di lupi appeso a Zingonia diversi anni fa. “Ci sono quelli davanti, quelli in mezzo e l’ultimo”, spiegò all’epoca l’ex allenatore della Dea. “I tre davanti sono vecchi e malati, e camminano davanti per dettare il ritmo e non rimanere indietro in caso di corsa; i secondi cinque sono i più forti e hanno il compito di proteggere l’avanguardia in caso di attacco; il pacchetto in mezzo è sempre protetto, i cinque dietro pure forti per proteggere il branco da dietro. L’ultimo è il capo, si assicura che nessuno sia lasciato indietro, tiene il branco unito ed è sempre pronto a correre ovunque, per proteggere e fare la guardia a tutto il gruppo. Volete sapere cos’è un leader?”, chiedeva Gasp ai suoi. “Non si tratta di essere davanti, ma di prendersi cura della squadra”. Ipotecati i playoff di Champions, adesso urge risalire la classifica in campionato, dove l’Atalanta non vince da oltre due mesi. D’accordo, l’Europa è una vetrina senza eguali per qualsiasi giocatore, ma non può una squadra con l’organico e le potenzialità della Dea arrancare in classifica al 13° posto, dietro a Torino, Cremonese, Udinese e Sassuolo. Senza che nessuno si offenda. Contro la Fiorentina, in una domenica dalle emozioni forti specialmente per Palladino, la prova del nove. Per capire se l’Atalanta si è davvero riaccesa.

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L'Atalanta ha ritrovato il suo dna. O almeno così sembra

Massimiliano Nebuloni