Liverpool-Tottenham in Champions, Chelsea-Arsenal in Europa League. Le finali delle coppe europee parlano solo inglese. Proprio nell'anno dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea...
Il 2019 sarà ricordato per le Fab Four del calcio inglese: Liverpool, Tottenham, Arsenal e Chelsea. Il caso, o il destino, ha voluto che 4 squadre del Regno Unito conquistassero l’Europa proprio nell’anno in cui la Gran Bretagna sta affrontando una complicata, e per certi versi drammatica, trattativa per l’uscita dall’Unione europea. Sempre gli scherzi del fato hanno voluto che il ritorno delle semifinali di Europa League si giocassero in un giorno particolare, il 9 maggio. Anniversario della "Dichiarazione Schuman"che diede il via all’inizio della costruzione della comunità europea. È il giorno della Festa dell’Europa e il calcio confini in questo senso non ne ha. D’altra parte gli inglesi hanno prima inventato e poi diffuso il gioco più bello del mondo, e non c’è cortile, oratorio, campetto in tutto il continente dove non ci siano ragazzini che corrono dietro al pallone. Sì, è un anno paradossale: da un lato la Brexit, l’addio del Regno Unito all’Unione europea. Dall’altro invece l’Inghilterra torna in Europa prepotentemente, come mai in passato, da dominatrice e invitata principale alle due feste di gala del calcio continentale. Nel mese di maggio, che in inglese si dice e si scrive May, esattamente come il nome del Primo ministro di Sua Maestà Theresa, la persona che sta provando, non senza fatica e insuccessi, a gestire l’uscita del Regno dall’UE. Qualcuno ha scritto: "Gli inglesi hanno ormai preso l’abitudine di far finta di uscire dall’Europa ma all’ultimo minuto cambiano idea", ironizzando su quel gol di Lucas Moura all’ultimo istante di una pazza semifinale tra Ajax e Tottenham. Ma il 2019 non ha smesso di scherzare con le coincidenze. 4 allenatori, 4 leader di queste imprese: un tedesco, Klopp, un argentino, Pochettino, uno spagnolo, Emery e un italiano, Maurizio Sarri. 3 europei doc e un sudamericano di un paese che in passato non ha proprio avuto rapporti amichevoli con la Gran Bretagna. Comunque vada a finire, nell’anno 2019 l’Europa è nel destino degli inglesi.
Klopp, tedesco di fuoco
Gegenpressing, il suo credo calcistico: aggressività appena si perde palla, mai un attimo di tregua, e poi verticalizzazioni continue alla ricerca della porta. Jurgen Klopp, un nome che più tedesco non si può. Nato a Stoccarda. Legato al Mainz, prima da attaccante poi da allenatore. Ma è sulla panchina del Borussia Dortmund che si fa notare: due campionati vinti, ma anche una finale di Champions persa contro il Bayern. Un tedesco nel rigore e nella professionalità. Al tempo stesso sanguigno, le sue esultanze sono ormai note in tutto il globo. Dopo la finale persa contro il Real lo scorso anno passò la notte intera a bere con i tifosi, cantando una promessa: "la ripoteremo (la coppa) a Liverpool". Una ricerca dell’empatia con il pubblico mai innaturale, lui sente la Kop, la Kop si sente sempre più Klopp
Pochettino, argentino e globetrotter
Il passato non è stato sicuramente tranquillo tra inglesi e argentini. Ma il tempo, per fortuna, passa e fa riavvicinare tutti. Soprattutto se di mezzo c’è il calcio. Mauricio Pochettino è nato in un paesino dal nome indicativo (Murphy, nella regione di Santa Fe), discendente da immigrati italiani provenienti dal Piemonte. Ha giocato in Spagna e Francia. Nella penisola iberica ha iniziato la sua carriera da allenatore, ma la consacrazione avviene in Inghilterra. Uno insomma che ha imparato a essere cittadino del mondo e quale città, se non Londra, poteva consacrarlo. Gli Spurs grazie a lui hanno raggiunto la prima storica finale di Champions League. La sua Geyser sound a fine partita contro l’Ajax rimarrà comunque nella storia del club londinese.
Sarri, azzurro Chelsea
Dal 1998 a oggi 6 allenatori italiani sono stati sulla panchina del Chelsea: Vialli, Ranieri, Ancelotti, Di Matteo, Conte e Sarri. Possiamo dire che più che blues la squadra di Abramovich è sempre più "azzurra". L’allenatore tosco-napoletano ha resistito alle critiche, ha superato momenti difficili, ma gli obiettivi li ha raggiunti: qualificazione in Champions League e ora la possibilità di vincere il suo primo trofeo, l’Europa League. Che ci sia un legame speciale tra l’Italia e il Chelsea è fuori di dubbio. Quando si tratta di vincere, scegliere un allenatore azzurro è sempre una garanzia per il club di Abramovich. Sarri ora vorrebbe continuare con il suo Italian Job, magari con obiettivi europei ancora più importanti
Emery, lo specialista spagnolo
L’Arsenal dopo l’epoca del francese Wenger si è affidata a uno spagnolo. Unai Emery, in Europa League, condivide il record con Trapattoni: 3 coppe vinte. Ma l’allenatore dei Gunners, con il Siviglia, le vinse tutte di fila. Uno specialista nel costruire Armate invincibili e nel gestire le finali, partite in cui o si alza la coppa o si va a casa. L’Arsenal vuole conquistare la sua prima Europa League, e per Emery significherebbe arrivare a 4 trofei vinti e staccare il Trap, tenendosi il record tutto da solo. Gunners orgogliosamente londinesi e inglesi, ma ben venga l’esperienza spagnola in certe competizioni.