La "frittatona" di Fantozzi, Chiellini il "sopravvissuto": gli eroi italiani a Wembley

STORIE AZZURRE

Alfredo Corallo

©Getty

Tanti gli "eroi" azzurri nello stadio londinese, teatro della finale degli Europei, rimasto nella storia del costume anche per il film di Fantozzi e "profanato" in diverse occasioni da club italiani e due volte dalla Nazionale. E nel 2007 era proprio Giorgio Chiellini il capitano della nostra Under 21 che inaugurò il nuovo Wembley contro i parigrado inglesi, l'unico di quella spedizione ancora in "trincea", a distanza di 14 anni

ITALIA-INGHILTERRA, L'AVVICINAMENTO LIVE

 

 

"Nel buio della sala correvano voci incontrollate e pazzesche. Si diceva che l'Italia stesse vincendo per venti a zero e che aveva segnato anche Zoff, di testa, su calcio d'angolo...". Il 14 novembre del 1973 il portiere friulano non si spinse a tanto, ma giocò sul serio una partita epica all'Old Wembley, quando Fabio Capello e i "camerieri" azzurri - perché così i giornali britannici ci dipinsero simpaticamente alla vigilia del match - servirono ai nobili palati di Sua Maestà la frittatona più indigesta, una "purga" degna della migliore Corazzata Kotiomkin di fantozziana memoria.

 

In principio fu Boniperti 

Ma il film dei nostri a Wembley era già cominciato, da una ventina d'anni, il 21 ottobre del 1953: quando Giampiero Boniperti fu il primo calciatore italiano a ricevere l'onore di giocare nell'Empire Stadium, invitato in occasione del 90° anniversario della Federcalcio inglese per la sfida tra Inghilterra e Resto del Mondo, terminata con un pirotecnico 4-4. Il futuro "presidentissimo" - nonché icona maxima della Juve - fu schierato al fianco del "milanista" Nordahl e realizzò una doppietta, due gol in meno di mezz'ora: un record. «Ricordo che ci portarono allo stadio il pomeriggio precedente alla partita - racconterà - fu quel giorno che lo vidi, per la prima volta. Vuoto, dava le vertigini, alto, immenso. Il giorno dopo giocammo: dall'uscita degli spogliatoi al centro del campo ci saranno stati più o meno 300 metri. Tanti, ma indispensabili per abituarsi a 120 mila spettatori, un muro umano. Necessari per abituarsi a quell'urlo che ho ancora nelle orecchie. Quello fu il "mio" Wembley, una sensazione fantastica, un'emozione che non mi abbandonerà mai. Credo che un calciatore che non abbia mai giocato a Wembley e al Maracanà non possa dirsi un giocatore completo».

Giovanni Trapattoni, Giampiero Boniperti e Dino Zoff
Giovanni Trapattoni, Giampiero Boniperti e Dino Zoff

 

Buffon fa rima con Paròn

Qualche anno più tardi, il 6 maggio del 1959, in amichevole, anche la Nazionale fece il suo debutto nel Tempio - costruito in appena 300 giorni per la Grande Esposizione dell'Impero Britannico del 1924 - e a difendere i pali c'era già un Buffon, Lorenzo, cugino di secondo grado del nonno di Gigi. L'Italia, guidata da un altro mito - Giovanni Ferrari - rimontò il doppio svantaggio e uscì con uno storico 2-2 grazie ai gol di Sergio Brighenti e Amos Mariani, coppia d'attacco del Padova di Nereo Rocco. Il Paròn, che nel 1963 sarà sulla panchina del Milan campione d'Europa: quello di Cesare Maldini, Giovanni Trapattoni e Gianni Rivera che ribaltò il Benfica di Eusebio con la doppietta di José Altafini. A Wembley, ovviamente. 

Scusi, chi ha fatto palo?

Rivera era in campo anche nel 1973 per la prima, leggendaria vittoria tricolore Oltremanica, consegnata alla gloria dal gol di Capello (che poi sarà anche ct dell'Inghilterra) e tramandata alle nuove generazioni dall'immortale capolavoro del maestro Luciano Salce, il Secondo tragico Fantozzi, nella scena del "programma formidabile" che il nostro eroe aveva in mente per la sera della partita, che ancora oggi recitiamo come un mantra: "Calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, familiare di Peroni gelata, tifo indiavolato e rutto libero...". Se la telefonata di Filini e la visione "forzata" della Corazzata Potëmkin-Kotiomkin guasterà i piani del ragioniere, il vero incubo per il sampdoriano Paolo Villaggio si materializzerà realmente il 20 maggio del 1992, sempre a Wembley, quando il sogno dei blucerchiati di Vujadin Boskov, Roberto Mancini & Luca Vialli (già, proprio loro) di vincere la Coppa dei Campioni s'infrangerà sul Barcellona di Johan Cruijff e Pep Guardiola, "vittime" del destro armato di Rambo Koeman. 

 

Italians do it better

Vialli che, avrà di che consolarsi appena un anno dopo con la "sua" Cremonese: i grigiorossi allenati da Gigi Simoni potranno fregiarsi per l'eternità di essere stati il primo club italiano a "profanare" il Tempio, vincendo per 3-1 la Coppa Anglo-Italiana contro il Derby County, il 27 marzo del 1993 (affermazioni ripetute da Brescia e Genoa nel '94 e '96) aprendo di fatto la strada al trionfo londinese del Parma di Nevio Scala in Coppa delle Coppe con lo stesso risultato appena due mesi più tardi, il 12 maggio a spese dei belgi dell'Anversa. Ma la rivincita di Luca avrà tutto un altro sapore nel suo periodo al Chelsea, da giocatore e allenatore, insieme a Gianfranco Zola, Carlo Cudicini e soprautto Roberto Di Matteo: a Wembley solleverà due FA Cup, una Coppa di Lega e la FA Charity Shield, con tre sigilli "sparsi" del centrocampista di origini svizzere che da mister dei Blues conquisterà nella stessa location un'altra FA Cup, nel 2012. Succedendo - peraltro - al Mancio, che si era rifatto - in parte - della delusione blucerchiata alzando al cielo la Coppa d'Inghilterra a Wembley da boss del Manchester City. 

Di Matteo, Vialli, Giorgio Armani, Cudicini e Zola: il trionfo del "made in Italy" a Londra
Di Matteo, Vialli, Giorgio Armani, Cudicini e Zola: il trionfo del "made in Italy" a Londra - ©Ansa

 

Magic Box, Batigol e papà Chiesa

Di Matteo era titolare anche in quella che rimane la vittoria più prestigiosa dell'Italia a Wembley contro la nazionale inglese, il 12 febbraio del 1997, nel cammino verso i Mondiali francesi: in quel caso fu il compagno di squadra "Magic Box" Zola a determinare la sfida, regalando l'impresa agli azzurri di Cesarone Maldini (ancora lui). Tra gli eroi di quella battaglia anche "Soldatino" Di Livio, che si concederà il bis nel 1999 quando con la Fiorentina del Trap scriverà un altro pezzo di storia italiana ai danni dell'Arsenal di Wenger, ai gironi di Champions. Una sofferenza lunga 74 minuti, finché Aldo Firicano non strappò una palla a Vieira, dal siciliano ad Heinrich, passando per Enrico Chiesa (il babbo di Federico) fino a Gabriel Omar Batistuta: "Destro secco e boom!" (copyright Massimo Marianella) e delirio viola a Londra. 

 

L'imprinting del "Pazzo" e Chiello il "sopravvissuto"

Quello della Fiorentina resterà l'ultimo successo di una nostra squadra nel vecchio Wembley, buttato giù nel 2003. Ricostruito dalle fondamenta e inaugurato nel 2007 con la gara ufficiale del 24 marzo tra l'Under 21 inglese e i nostri azzurrini (proprio così). E azzurro sarà il primo gol, di Giampaolo Pazzini, che tagliò - praticamente - il nastro del nuovo impianto, battezzando la loro porta dopo appena 28 secondi e chiudendo con una tripletta da sogno nel 3-3 finale e la sensazione che l'Italia, a Wembley, sarà sempre di casa. Per una copia delle "chiavi" chiedere a Giorgio Chiellini, capitano della spedizione e unico "sopravvissuto" oggi di quell'Italia. Una fascia alla testa (il suo marchio di fabbrica) e l'altra tatuata sul braccio, una vita in trincea.

Giorgio Chiellini
Giorgio Chiellini a Wembley, nel 2007, nella partita inaugurale del nuovo impianto - ©Getty