E Akliouche fu: la scintillante epifania di un talento tardivo

"Non devi aspettarti che sia Maghnes a venire da te. Bisogna fare il contrario. Perché lui avrà sempre l’impressione di disturbare" – David Bechkoura, suo ex allenatore al Monaco 'B' "Vedeva il gioco prima degli altri" – Eric Laclef, suo ex allenatore negli U13 del Torcy Una scintilla di rivelazione. Sono rare, e quando scoccano bisogna saperle scorgere perché innescano, accendono, illuminano. A volte, d’immenso. Minuto 61’44” nell’esclusivo salottino del Principato, il Louis II nel quartiere di Fontvieille, sotto le sfavillanti luci di una normale serata di gala monegasca: Monaco-Tottenham del 22 ottobre 2025, terza giornata della fase a girone di Champions League. In mezzo al campo, d’emblée, un no-look pass – in apparenza senza senso – di una massa afro fluttuante, à la Julius Erving, sotto la quale si celano – quasi a proteggersi – un talento cristallino e un paio d’occhioni blu Estoril come il mare della Costa Azzurra. Solo che provengono dalla sponda opposta del Mediterraneo, e la genia somiglia tanto a quella di un altro illustre virtuoso ancestralmente originario della Cabilia. È in quell’istante, senza avversari intorno né un vero perché che si assiste all’epifania di un promesso giocatore. Quasi a ridosso della linea mediana l’11 biancorosso riceve palla su sponda – spalle alla porta – del centravanti Folarin Balogun, spezza il raddoppio liberandosi dal pressing con il tacco-interno sinistro in una sorta di mezza Cruijff Turn e, in avvitamento, avanza palla al piede orizzontalmente verso la linea laterale. A quel punto si volta verso destra e di piatto col sinistro, – in un unico movimento, testa alta ma senza guardare in quella direzione – la scarica dall’altra parte a Jordan Teze, destinatario preso così controtempo che non ci arriva: rimessa-Spurs. In teoria una banale palla persa, di quelle che fanno infuriare compagni e ancor più allenatori . Nella pratica una pennellata d’autore, di quelle che invece fanno innamorare i tifosi . E deliziano i galeani mendicanti di buon calcio, di una bella giocata, da qualsiasi latitudine esso ed essa provengano. "Non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: 'Una bella giocata, per l’amor di Dio'. E quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il Paese che me lo offre". – Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio 'Magic' moment E non solo loro. Un commentatore live si esalta: il tono della voce si eleva, l’enfasi ha il sopravvento sulla nuda cronaca: "…gran servizio no-look per Jordan Teze, che chiede scusa, non aveva capito". E sul replay ravvicinato ben colto dalla regia, lo stesso telecronista spiega che "Akliouche 'vede' il gioco con due, tre passaggi in anticipo. Guardate qui cosa fa: un numero alla Ronaldinho, alla Magic Johnson. Troppo però per Teze, che non aveva intuito". L’istantanea però ancora più illuminante è l’espressione – o meglio, l’assenza di – sul volto di Akliouche, subito dopo l’incomprensione col compagno scattato in ritardo: neanche una smorfia, non un plissé. Del tutto incapace di prendersela con gli altri per la sua manifesta superiorità. Un po’ come il Brandon Durrett point guard della fittizia Bishop Hayes HS di coach Jack Cunningham in Tornare a vincere , classicone di genere diretto da Gavin O’Connor e sceneggiato da Brad Ingelsby. Ma, concausa Covid-19, flop mondiale al botteghino: 15,5 milioni di dollari d’incasso a fronte dei 20-25 milioni di budget. CJC: "Perché non riesci a crederci?" BD: "A cosa?" CJC: "Che sei il più forte della squadra. Capisci questo gioco molto meglio degli altri. . Perché non l’hai rimproverato per aver sbagliato?" BD: "Non sono molto bravo a rimproverare. E poi non sono il capitano, quindi..." CJC: "Se ti nomino capitano rimprovererai Chubbs ogni volta che sbaglia? Sì o no " CJC: "Brandon, dimentica tutto: devi tirare. E basta di annuire" BD: "Ci penso io, coach" Ah, per la cronaca la partita è finita 0-0. E più per merito di Guglielmo Vicario, il portiere degli Spurs, che per responsabilità di Folarin Balogun, in almeno tre-occasioni-tre mandato in porta da giocate visionarie di Akliouche. Il suo gemello diverso che L’Équipe l’indomani premierà con un incoraggiante «7/10» tra i 'Tops', bocciando invece con un severo ma giusto «4» l’attaccante sciupone tra i 'Flops'. Al nostro però gli inviati Romain Lafont e Antoine Maumon de Longvialle nelle more del loro pur lusinghiero giudizio non risparmiano una sacrosanta tiratina d’orecchi. "Ha fatto saltare la difesa del Tottenham con diverse giocate in combinazione con i suoi partner d’attacco. Il suo assist per Balogun, al 28’, è una delizia e le sue accelerazioni hanno portato a parecchie occasioni. Nel secondo tempo, avrebbe potuto evitare certi gesti". Un 'Brandon Durrett' in tacchetti sì, dunque, ma fino a un certo punto. Il problema è che, per l’Akliouche uomo ancora in divenire, oltre che astro nascente del calcio mondiale, i gesti han sempre contato molto più che le parole. A cominciare da gol e prestazioni che, nel giro di un anno, lo avevano messo sotto i riflettori del football nazionale e poi europeo: Monaco-Barcellona 2-1 il 19 settembre 2024, al ritorno del Monaco in Champions League sei anni dopo l’ultima disastrosa partecipazione del club. Strepitoso il suo assolo in slalom per l’1-0 al 16’, contro un Barça al primo stop stagionale e sin lì a punteggio pieno: 5 vittorie su 5 in Liga. L’unico «8» in pagella quella volta L’Équipe lo aveva riservato a lui, l’ormai già ex promessa che, sempre in quel salottino mai così glamour, aveva rubato l’occhio dal vivo non solo al Ct Didier Deschamps ma pure a… Michael Jordan, paparazzatissimo in tribuna vip con la seconda moglie Yvette Prieto. "C’est un petit rêve de jouer la Ligue des champions et de marquer". – Maghnes Akliouche, L’Équipe, 21 settembre 2024 Profondo bleu La presenza del selezionatore della nazionale maggiore non dev’essere stata casuale, anche perché la federazione algerina aveva già contattato, se non direttamente il giocatore, di sicuro chi gli sta intorno. "È in un momento positivo, va bene così" era stato il laconico messaggio fatto filtrare dal suo entourage a L’Équipe, che su piazza, a Montecarlo, ha nello stesso de Longvialle un inviato permanente. Come dire a nuora affinché suocera intenda: occhio perché il pargolo, smesso il bleu-Espoirs , da grande potrebbe vestirsi di vert-Fennecs . In realtà, Akliouche si è sempre considerato un nazionale francese, dall’under 20 all’olimpica. Ancora in età per il prossimo ciclo, a inizio settembre 2024 era stato inserito anche nella lista del nuovo selezionatore della Under 21, Gérald Baticle, ex allenatore dell’Angers, ma era chiaro che il ragazzo ritenesse concluso il proprio percorso nella categoria. "Sì, ho fatto ciò che dovevo fare", aveva risposto nel post-partita di quel Monaco-Barcellona di Champions ai cronisti che gli chiedevano se avesse avuto la sensazione di aver disputato una grande partita sotto gli occhi di Deschamps. "Si può sempre fare meglio, ma sono riuscito a dare un contributo alla squadra e a fare delle cose positive. Dovrò comunque rivedere il video per capire cosa si può migliorare. Ma sono contento di me stesso". In realtà il virgulto era già bello che sbocciato già in primavera. Trascinando il Monaco al secondo posto nella Ligue 1 2023-24 si era già messo in mostra non solo come uno dei prospetti più promettenti ma come uno dei migliori giocatori del campionato. Questo lo rendeva una possibile sorpresa nella lista di Deschamps per gli Europei di quell’estate? No, perché lo staff tecnico dei Bleus 'A' lo riteneva – a ragione – ancora troppo indietro rispetto a Ousmane Dembélé e a Bradley Barcola. Ma molto lasciava pensare che la sua chiamata tra i grandi sarebbe stata più una questione di 'quando' che di 'se'. "Se lo guardi negli occhi, c’è qualcosa che ti dice che con lui non devi fare sciocchezze". – Thierry Henry, ex selezionatore Francia U21 e olimpica Intanto però c’era dietro l’angolo Parigi 2024, e Thierry Henry, il selezionatore dell’olimpica, non aveva esitato a inserirlo tra i 18 per i Giochi. Morale: due gol in 10 presenze, ma solo due dall’inizio delle quattro in campo su sei gare del torneo, con la France olympique, prima a punteggio pieno nel Gruppo A davanti a Stati Uniti , Nuova Zelanda e Guinea . E poi medaglia d’argento dopo aver eliminato Argentina ed Egitto prima di arrendersi ai supplementari contro la Spagna. Anche per via di un infortunio a una coscia durante la preparazione, quelle olimpiadi le ha giocate all’ombra di Enzo Millot . Era il suo vice come interno destro nel rombo con ai vertici Olise e Manu Koné dietro le punte Jean-Philippe Mateta e capitan Alexandre Lacazette; ma è comunque riuscito a farsi notare segnando in finale al 79’ – da subentrato per l’interno sinistro Joris Chotard al 52’ – il momentaneo 2-3 deviando di tacco la punizione di Michael Olise, il migliore e perno di ogni azione dei francesi. Un tocco magari pure fortunoso, mentre tutt’altro che casuale era stato il ritmo impresso ai Bleuets nella ripresa da Akliouche e dall’altro subentrato Arnaud Kalimuendo. "Non ha necessariamente le doti di velocità dei normali esterni", argomenta Stéphane Nado, che lo aveva allenato nelle Riserve del Monaco, ma compensa con una "rapidità di percezione che gli permette di adattarsi un po’ ovunque nel settore offensivo". Un giocatore altruista, più orientato al passaggio che alla conclusione, a volte pure troppo. "È migliorato nella volontà di puntare di più la porta e finalizzare le azioni. Lo si vede molto di più nell’area di rigore". Occhio lungo il buon 'Titi', fra i primi ad apprezzarne "il modo in cui pressa, il suo voler sempre avere la palla, il suo dinamismo, la sua determinazione, la sua attenzione". Come pure la capacità di "girarsi, spingere in avanti, fare l’ultimo passaggio, tirare pure con il destro. Non parla molto, ma parla molto con il pallone. Ha qualcosa di speciale. Se gli dai un minuto, due minuti, ci dà dentro. E gioca per la squadra, anche questo è importante. Ciò che mi colpisce è il suo lavoro senza palla. L’intelligenza di fermarsi due metri prima di farsi superare in dribbling. E non buttarsi stupidamente a pressare. Ha questa capacità di comprensione con e senza palla". Un legame speciale, quello tra i due, scattato sin dal loro primo incontro, nel 2017, quando Henry ancora non allenava e Maghnes era solo un quindicenne del vivaio. "Ho un ricordo di lui quando ero al centro di formazione. Era venuto alla caffetteria. Noi eravamo in ciabatte. Ci chiese di tornare con le scarpe", sorrideva Akliouche nel rievocare, da suo giocatore, l’aneddoto a Radio France. "Siamo molto attenti ai consigli che ci dà". A Tolone, terza stella a sinistra Potrà sembrare strano, se non paradossale, ma perlomeno tra gli addetti ai lavori la sua notorietà era arrivata prima su un palcoscenico globale che locale, e sempre in maglia bleu: vincendo la 48ª edizione del Festival International 'Espoirs' – Tournoi Maurice Revello. Una specie di Torneo di Viareggio francese ma riservato a nazionali giovanili che si tiene ogni anno a Tolone, nel dipartimento Bouches du Rhône. E che nel 2022 – l’ultimo ancora con la denominazione 'Torneo di Tolone' – si disputò dal 29 maggio al 12 giugno. Allo Stade d’Honneur di Salon-de-Provence, la Francia batte 2-1 in rimonta il Venezuela con reti di Akliouche, poi sostituito al 75’, e di Nathanaël Mbuku . Maghnes chiude da primo assistman e terzo miglior giocatore dietro Telasco Segovia e Mara Sékou, francese dal 2024 naturalizzato congolese , capocannoniere con 5 reti. Per inciso, e a riprova dell’alto livello della manifestazione, i premi di Miglior Gol e di giocatore Rivelazione andarono all’argentino Alejandro Garnacho, attaccante esterno del 2004 ai tempi già del Manchester United e dal 2025 al Chelsea dopo essere stato a lungo, lo scorso gennaio, un sogno proibito del Napoli. In quel 4-3-1-2 Bernard Diomède impiegava Akliouche , mancino purissimo, come mezzala sinistra, mentre Pocognoli nel 4-2-3-1 del Monaco lo schiera trequartista a destra, con libertà di spaziare – da rifinitore laterale de facto – su tutto il fronte offensivo. Spesso tagliando lui il campo, o servendo sulla corsa il tagliante. "Vedeva il gioco prima degli altri" ha raccontato Eric Laclef, suo allenatore negli Under 13 del Torcy. "In partita parla, dirige ed è capace con la sua voce profonda di trascinare gli altri, di rimproverare quelli che non fanno il loro dovere e di scuoterli se le cose non vanno come lui vorrebbe". Concetto, quello della sua rigorosa riservatezza , che lo accompagna sin da quando ha cominciato a giocare. "Maghnes è il ragazzo di cui si riconosce l’efficacia quando si è il suo allenatore e lo si ha con sé ogni giorno", chiosa Laclef. "Essere discreto non significa che non abbia personalità: dopo un timido inserimento nella squadra francese, Maghnes Akliouche deve forzare la sua natura?", si chiedeva – retorico – già nel titolo, l’8 ottobre 2025, l’inviato Hugo Delom de L’Équipe dopo la seconda convocazione consecutiva di Akliouche per la nazionale maggiore. La prima era arrivata il 27 agosto, per il doppio impegno di qualificazioni mondiali a settembre contro l’Ucraina e l’Islanda . Con tanto di posizione centralissima nel post ufficiale della Nazionale francese su X , e caratteristica esultanza indici al cielo, attorniato anche da Jules Koundé e dai fratelli Marcus e Khephren Thuram. Non voglio mica la mezzaluna Fine di una telenovela mai nata che, da buon specchio dei tempi, aveva trovato audience sui social. Solo là però, o al più tra i tifosi meno realisti o più prevenuti e i soliti hater di professione. Il giocatore stesso ci avrà magari messo del suo scendere in campo col Monaco sfoggiando sulla scarpetta sinistra una mini drapeau tricolore bleu-blanc-rouge e sulla destra quella biancoverde con mezzaluna e stella rosse. Dettagli subito zoomati con chirurgica e maliziosa precisione dalle telecamere di beINSports. Vai a capire quanto ci fosse di artatamente consigliatogli, giusto per speziare con un bel pizzico di hype il ricco piatto in gioco, o invece di spontaneamente autentico, dietro a certe scelte così importanti e complicate, specie a quell’età. "Ci sono giocatori che a 17 o 18 anni sono già pronti", ha dichiarato Manu Dos Santos, suo allenatore ai tempi della U17 al Monaco, riferendosi però strettamente allo sviluppo tecnico e psicofisico. "Maghnes Akliouche non lo era". «Percepiva il concetto di superiorità nell’uno-contro-uno e adorava giocarli.» – Stéphane Nado, suo allenatore nel Monaco 'B' 2021-22. Scusate le tard Non si creda infatti al falso mito del predestinato, favoletta che oggidì pare non si neghi a nessuno. Al contrario, semmai qui trattasi del tipico late bloomer. Uno che «s’épanouir sur le tard», come si dice oltralpe di un talento e più in generale di chi matura e sboccia tardi . Nella fattispecie, complici il lento sviluppo puberale, infortuni in momenti-chiave, una nutrita e qualificata concorrenza nel ruolo: prima il più precoce Eliesse Ben Seghir, dribblomane franco-marocchino del 2005, ceduto lo scorso agosto per 32 milioni di euro al Bayer Leverkusen, e per l’intesa suo perfetto alter ego: vedi assist di Ben Seghir per il primo dei due gol di Akli che ha aperto il 3-2 al Brest il 22 novembre 2024; ora due nazionali come il giapponese Takumi Minamino al centro e l’estroso mancino russo Aleksandr Golovin a sinistra: Pocognoli ha forse risolto schierandoli tutti insieme dietro Balogun nel 4-2-3-1, con Ansu Fati primo cambio. E infine, ma non per ultime, l’indole sin troppo discreta e una famiglia solida e presente, nella migliore accezione. "Siamo una famiglia molto appassionata di calcio, a cominciare da me", racconta papà Rachid. "Da piccolo lo portavo al parco e lui già si allenava a eseguire gesti tecnici. Gli leggevo negli occhi l’amore per il calcio, sin da quando era piccolo. Aveva una passione divorante per questo sport e spesso lo accompagnavo ai campi del quartiere. Da bambino, tornava da scuola annunciando a sua madre di aver preso il massimo dei voti, 20/20 e, rivolgendosi a me, di aver segnato una doppietta nella partita di quel giorno". «È una caratteristica di famiglia. Siamo tutti un po’ così. Non parla molto, è piuttosto riservato, a volte pure negli spogliatoi» – Rachid Akliouche, suo padre al mensile So Foot La tecnica del Ragno Ma non è mai stata la tecnica a far difetto al Maghnes giovane uomo prima che giocatore, a tutt’oggi ancora in divenire. In primis per gol, continuità di prestazioni e di 'presenza' in partita. E magari massa muscolare da mettere su quel telaietto flessuoso di 1,83 x72 kg per sfangarla nella giungla dei pro’. Emblematico in tal senso, il 26 novembre in Champions, com’è stato spazzato via nello stacco da David Luiz per l’1-1 del Pafos e poi non sia riuscito ad allontanare dalla propria area il pallone del definitivo 2-2 cipriota su autorete di Mohammed Salisu. Già al 5’ però s’era visto un lampo – illuminante – del suo immenso talento: l’assist come sempre a testa alta in verticale per il vantaggio siglato da Takumi Minamino. Una giocata degna dei suoi idoli d’infanzia: "Da piccolo ammiravo molto il primo Barcellona di Iniesta, Xavi e Messi. Guardavo tanti video di Zidane, Iniesta e Özil", ha confidato Maghnes a Téléfoot. "Superare un avversario mi dà un’enorme soddisfazione. E adoro mettere i miei compagni in buona posizione con un passaggio decisivo". Quel piccolo alieno pieno di ricci, immarcabili come lui in campo, pare subito di un altro pianeta, e la sua navicella spaziale – con quella cupola arcuata retrattile in ferro – è il complesso sportivo Paul Delouvrier di Villemomble. Là dentro, il sabato mattina presto oltre sessanta Under 11 giocano il torneo di futsal organizzato dalla società. E che Akliouche "ha vinto più volte", ricorda il suo ex compagno di squadra Souleymane Koné. "Sapeva fare tutto. Quando doveva dribblare, dribblava, lo faceva benissimo e poi passava la palla. Sapeva anche giocare in modo semplice. Era già davvero un giocatore, con e senza palla. In campo lo chiamavano 'il Ragno'. Recuperava tutto. Anche quando pensavi che avesse perso la palla, rimetteva il piede e strappava un fallo. Era straordinario". Strano ma berbero Maghnes Akliouche è un parigino di periferia , nato il 25 febbraio 2002 e cresciuto come il fratellino Enzo a Tremblay-en-France e poi a Rosny-sous-Bois, nel dipartimento Seine-Saint-Denis, regione dell’Île-de-France. Ha anche la cittadinanza algerina per via dei genitori algerini, originari di Raffour, nella wilaya di Bouira in Cabilia. Inizia a giocare a calcio nel 2008 al Villemomble Sports, a venti chilometri da Tremblay, prima di frequentare dal 2014 il corso di preformazione al Torcy, nel Seine-et-Marne, ed entrare, dal 2018, al centro di formazione del Monaco. "Era lontano da noi" spiegherà in seguito papà Rachid, "ma abbiamo pensato che fosse meglio un posto con il minor stress possibile. Dal punto di vista fisico, era un po’ indietro, non era facile. Sapevamo anche che sarebbe stato un club che gli avrebbe dato il tempo di crescere. Altri club sarebbero stati forse meno pazienti. Non ci siamo mai lamentati. Che giocasse o no, li lasciavamo lavorare. Oggi vediamo che è stata una cosa positiva sia per noi sia per il Monaco". Quanto alla scelta di chiamare così il primogenito, precisa: "Maghnes? È un nome berbero. Indica un uomo di lettere, colui che scrive". Vai poi a immaginare che i versi il pargolo li avrebbe poi scritti coi piedi, e quelli più ispirati col sinistro. L’abitudine fa il Monaco In prima squadra dal 2021-22, continua a fare la spola con il Monaco 'B' nel Gruppo C del Championnat National: 11 presenze, tre gol e altrettanti assist. E pure tre gialli, non pochi per uno che parla poco gioca ancora meno. "Ogni giorno mi sforzo di dimostrare all’allenatore che sono capace di aiutare la squadra – racconterà poi – Oggi raccolgo i frutti del mio duro lavoro e il lavoro dell’allenatore Eliot Haur mi è stato di grande aiuto con le sue idee innovative". "La mia prima stagione è stata estremamente difficile. Non giocavo quasi mai ed era fondamentale per me restare mentalmente forte e lavorare duro". – Maghnes Akliouche Dopo solo una stagione negli Under 19, viene promosso nel Groupe Élite, la squadra riserve che milita in National 2. Le sue prestazioni con la squadra B confermano le speranze riposte in lui. E il 16 ottobre 2021 Niko Kovač, allora allenatore della prima squadra, lo fa debuttare ancora diciannovenne in Ligue 1, al 91’ della sconfitta esterna per 2-0 contro l’Olympique Lione, in sostituzione dell’ex nazionale portoghese Gelson Martins, dal 2024 all’Olympiacos. Sembrava il trampolino di lancio per una folgorante ascesa, ma a fine stagione le presenze in L1 saranno appena 7 per la miseria di 48’ totali in campo. La stagione successiva, il suo minutaggio aumenta , ma di gol neanche l’ombra. "Ero un ragazzo piccolo e fragile, mi prendevano spesso in giro", ha confidato a inizio 2025 ai giovani del centro di formazione del Monaco. "Non è stato facile, ma a volte bisogna non pensare troppo e semplicemente lavorare sodo. Alla fine, ne vale sempre la pena". Nel febbraio 2022 firma il suo primo contratto da professionista, un triennale poi prolungato il 25 luglio 2024 fino al 30 giugno 2028 senza clausola di recesso . A rappresentarlo è la HCM Sports Management, della cui scuderia fanno parte, tra gli altri, anche il suo compagno Jordan Teze e big come Viktor Gyökeres , Frenkie De Jong e Antonio Rüdiger . E, per guardare agli ultimi colpi estivi della nostra Serie A, Noa Lang e Edon Zhegrova . La prima da titolare e il primo assist da pro’ arrivano l’8 febbraio 2022 nei quarti di Coppa di Francia contro l’Amiens. Philippe Clement lo schiera esterno a sinistra nel 4-1-4-1, e lui lo ripaga con il servizio per il definitivo 2-0 di Kevin Volland. In semifinale solo panca, e Monaco eliminato ai rigori dal Nantes che poi alzerà il trofeo contro il Nizza. Il 15 settembre 2022 debutta in Europa League, ancora dalla panchina e in un’altra sconfitta, 1-0 contro il Ferencváros, giocando l’intera ripresa al posto del laterale destro Krépin Diatta. Anche il primo gol lo firma in Coppa di Francia, al quinto turno, il 7 gennaio 2023 in casa contro il Rodez: suo l’1-0 di sinistro al 23’. Clément lo schiera seconda in attacco con capitan Wissam Ben Yadder nel 4-4-2 con Martins all’ala destra, entrambe le punte segnano ma il Monaco esce ai rigori contro la squadra poi 14ª in Ligue 2. Con un anno di anticipo sulla scadenza, si 'sa' già che a fine stagione – con la squadra uscita ai playoff di Europa League, sesta in Ligue 1 e dunque fuori dalle coppe europee l’anno dopo – il treno monegasco di Clement è al capolinea. La prima rete in campionato risale invece all’ouverture 2023/24, il 13 agosto: suo il conclusivo 2-4 in casa del Clermont su assist di Eliot Matazo, al 94’, otto minuti dopo essere subentrato a Minamino. L’annata per lui si concluderà con 7 gol e 4 assist in 28 presenze in Ligue 1 e una rete in tre gare di Coppa di Francia. Ma se quella è stata la stagione del lancio, è la scorsa che lo ha consacrato come uno dei migliori prospetti del Paese: 5 gol e 10 assist in 32 presenze in campionato, 2 gol e 2 assist in 10 gare di Champions. Deschamps l’ha capito all’istante. Esordio il 5 settembre nelle qualificazioni mondiali contro l’Ucraina all’andata, in campo al 93’ per Olise nel 2-0 dei Bleus sul neutro polacco di Wroclaw , gli ha concesso uno scampolo significativo al ritorno, nel 4-0 del 13 novembre a Parigi, ingresso al 68’ per Rayan Cherki, fresco di passaggio per 36,5 mln di euro dal Lione al Manchester City. Neanche trenta secondi, e subito pericoloso di destro da destra, con Anatoliy Trubin che respinge in angolo sul primo palo e Cherki che attonito a guardare dalla panca. Avesse trovato lì il suo primo gol, appena entrato e nella sua Parigi, sarebbe venuto giù il Parco dei Principi. Nel frattempo, non entrato nel 2-1 sull’Islanda, aveva giocato spezzoni nel 3-0 sull’Azerbaigian e nel 2-2 al ritorno a Reykjavík, entrando al 64’ per Florian Thauvin, l’ex Udinese ora trascinatore al Lens, tornato capolista in L1 dopo 21 anni. Spettacolarmente iconografica la loro mancata rovesciata mancina in coppia con doppio carpiato – alla 'Holly e Benji' – a Saint-Denis contro gli azeri. Con la prima da titolare il 16 novembre a Baku, è arrivato anche il suo primo gol: il secondo dei Bleus, di destro sottoporta su assist di Malo Gusto, nell’1-3 in rimonta contro l’Azerbaigian. Buono, stavolta, per un «7» in pagella l’indomani su L’Équipe. Io, Akli e lo Scuro Ora che non è più solo una promessa ma un papabilissimo fra i 26 per il Mondiale nordamericano, sarà dura per non dire impossibile vederlo da noi. L’Inter era stata fra la prime a monitorarlo, il Milan già per lo scorso gennaio ci aveva fatto un pensierone, idem in estate l’Atalanta per l’eventuale dopo-Ademola Lookman, poi tirato giù dal suo personalissimo Aventino, e il Tottenham come più economica alternativa al Savinho, ventunenne brasiliano per il quale il Manchester City aveva sparato 70 milioni di sterline. Adesso per meno di 70-80 milioni di euro, il Monaco – che per Akliouche in prima valutazione, stando all’Independent, agli Spurs aveva risposto 47,5 – nemmeno si siede al tavolo. "È logico che i club siano interessati a lui – ha detto Thiago Scuro, direttore generale del Monaco, a Téléfoot – ma è un giocatore del Monaco e non sarà facile portarlo via da qui". Alla finestra ci sarebbero pure : Bayer Leverkusen , Bayern Monaco, Arsenal, Liverpool , le due Mancunian , Newcastle e Barcellona, Lipsia, Juventus, Crystal Palace e Psg. E il solito Real Madrid . L’offerta del Lille rigettata due anni fa, poco più di dieci milioni, più che sorridere oggi fa tenerezza. Le scintille di rivelazione oltre che rare sono care, e bisogna saperle cogliere perché innescano, accendono, illuminano. In questo caso, spesso d’immenso.

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E Akliouche fu: la scintillante epifania di un talento tardivo

Christian Giordano