Mondiali 2018, guida al Girone B: Spagna, Portogallo, Marocco e Iran

Mondiali

Emiliano Battazzi ed Emanuele Mongiardo

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Le domande più importanti e i principali temi per presentare il girone di Spagna, Portogallo, Marocco e Iran. Favorite, possibili sorprese e giocatori da tenere d'occhio

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La Spagna è sempre tra le favorite? Come è cambiata con Lopetegui?

Emiliano Battazzi

La Spagna è la favorita sotto copertura di questo Mondiale: nel senso che in molti la posizionano appena dietro Germania, Brasile e Francia, ma a guardare la rosa si rimane impressionati. Esiste un’altra Nazionale capace di schierare il meglio di Barça (Iniesta, Piqué, Busquets e Alba), Real Madrid (Isco, Sergio Ramos, Carvajal) e Atletico Madrid (Saul, Koke, Diego Costa) - esclusi gli alieni Messi e CR7, e ovviamente Griezmann - e di aggiungergli uno dei migliori giocatori del Manchester City e uno dei tre migliori portiere della Premier League? Mentre pensiamo alla risposta, ricordiamoci che questa squadra di fenomeni - più o meno la stessa - è stata però eliminata con vergogna nel girone dei Mondiali 2014 e sconfitta gli ottavi degli Europei 2016 dall’Italia di Pellè e Giaccherini: sono fallibili.

La paura, quindi, è che la Spagna possa tornare sul caro vecchio sentiero della sua tradizione: bella tecnicamente, spettacolare e perdente, senza energia, poco competitiva nei momenti che contano. Per evitarlo, Lopetegui ha preso il posto di Del Bosque e si è trovato davanti al dilemma di rivoluzionare una grande cattedrale senza poter spostare neppure una sedia. Per prima cosa, allora, Lopetegui ha aperto tutte le finestre per cambiare l’aria: ha provato nuove soluzioni, ha modificato un sistema di gioco ormai cristallizzato, ha reso la squadra più liquida e meno prevedibile. E così la Spagna si presenta ai Mondiali quasi con gli stessi undici titolari di due anni fa, ma con un atteggiamento completamente diverso: addio al tikinaccio di Del Bosque, cioè il possesso come arma difensiva e per controllare i ritmi della partita. Con Lopetegui la Spagna sa usare tutti i registri possibili - privilegiando ovviamente quello associativo: densità di giocatori sul lato forte per attaccare sul lato debole con i terzini; fluidità totale del tridente d’attacco, senza posizioni prestabilite e spesso con un falso centravanti (Isco o David Silva o Asensio); recupero alto del pallone; ripiegamento su linee più basse per attaccare in transizioni veloci con Asenso/Rodrigo Moreno/Iago Aspas; ricerca della verticalità sul punto di riferimento Diego Costa.

Il ruolo più importante nel sistema tattico è affidato alle mezzepunte Isco e David Silva, ali solo sulla carta (e in posizione statica di fase difensiva): le chiavi della squadra, che prima erano nelle mani del centrocampo, si sono leggermente spostate in avanti. Isco, come nel Real, semina disordine e controllo; David Silva, invece, somiglia sempre più a una seconda punta.

Insomma, se la Spagna ha una rosa sterminata e sa utilizzare praticamente tutti gli strumenti tattici possibili, cosa non va?

La perfezione non esiste, e in questo caso il problema è la solitudine di Busquets: sia quando c’è, che quando è assente. In fase difensiva, è costretto a coprire grandi spazi per chiudere le linee e spingere la squadra a difendere in avanti: intorno a lui solo mezzali e mezzepunte con caratteristiche offensive. Busquets è solo anche nella rosa, è un profilo unico: in sua assenza, Lopetegui ha utilizzato Thiago, provando ad aggiungere un giocatore molto associativo ma privo della capacità tattica del catalano, in particolare nell’occupazione degli spazi e nei tempi di anticipo. Senza Busquets, la Spagna non riesce a controllare tempi e luoghi del gioco, in possesso; senza palla, non riesce a difendere in avanti. Sempre in tema di difesa, Ramos-Piqué sembra teoricamente la miglior coppia centrale possibile, ma entrambi in realtà avrebbero bisogno di un compagno più veloce nel coprire la profondità (come accade nei club con Varane e Umtiti).

Il vero grande dubbio sulla Spagna riguarda la capacità di realizzazione: e se il vero segreto dell’età dell’oro fosse stato l’attacco, e in particolare Fernando Torres e David Villa? Questa Nazionale ha centrocampisti e ali con molti gol nelle gambe (da Koke a Isco, da Asensio a Silva), ma con un solo centravanti, Diego Costa, che rimane sempre un elemento di disordine e furia nel contesto delle perle di vetro spagnole, e per questo dal rendimento discontinuo. Aspas e Rodrigo, nonostante i 36 gol in due nell’ultima Liga, non sono dei finalizzatori puri: la squadra di Lopetegui dovrà trovare la massima concentrazione in zona gol, perché senza Xavi e Xabi Alonso difficilmente sarà in grado di controllare le partite con un solo gol segnato.

Il Marocco è pieno di talento, ma come farà a mettere in campo tutti i suoi giocatori migliori?

Emanuele Mongiardo

La Nazionale marocchina è estremamente talentuosa, ma Renard non ha a disposizione la migliore rosa possibile, un po’ a causa degli infortuni e un po’ per le sue scelte. I nordafricani faranno a meno di giocatori come Feddal, Labyad e Boufal. In ogni caso, per gli amanti della tecnica nello stretto il Marocco sarà la vera squadra di culto del Mondiale.

Atorno a una batteria di trequartisti di alto livello Renard ha costruito la sua squadra, con l’idea di schierarli tutti contemporaneamente. Il modulo di partenza è un 4-2-3-1 dove i centrocampisti e le mezzepunte cercano di stare il più vicino possibile per creare connessioni tecniche. Quando i migliori giocatori del Marocco riescono a stringere il campo e a interagire tra di loro è davvero un piacere guardarli: la loro tecnica nella stretto sembra più da partita di futsal che di calcio.

Renard, pur di assemblare il massimo talento possibile, ha abbassato un trequartista come Boussoufa in mediana accanto a El Ahmadi. L’ex Anderlecht è il centro creativo della squadra, il giocatore che con le sue conduzioni si avvicina ai compagni più talentuosi e cerca quelle combinazioni nello stretto che rendono il Marocco una squadra così unica. La scelta migliore per un giocatore che può avvalersi della collaborazione di Belhanda e Ziyech.

Il centrocampista dell’Ajax in autunno ha sepolto l’ascia di guerra e si è finalmente riconciliato con Renard, talmente criticato per le continue esclusioni da minacciare le dimissioni a pochi mesi dal mondiale. Il contributo di Ziyech in termini di assistenze e dribbling sembra essere la certezza più solida da cui partire per il Marocco. Per quanto riesca a gestire il possesso grazie alla tecnica, la Nazionale marocchina ha difficoltà a creare occasioni; le connessioni fra i giocatori sono spontanee, quasi estemporanee, non sembrano esserci movimenti preordinati per attaccare la porta. Anche la punta, Boutaib, sfrutta il fisico più per accorciare e giocare di sponda che non per occupare l’area. In questo senso sarà cruciale il contributo di Amrabat, che con la sua esplosività nei tagli alle spalle della difesa dovrà garantire quella quota di verticalità che troppo spesso manca al Marocco in fase offensiva.

L’accumulo di talento potrebbe essere un vantaggio contro l’Iran (ricordiamoci che in panchina ci sono Harit e Carcela-Gonzalez), ma Renard dovrà riuscire a trovare l’equilibrio migliore per affrontare Spagna e Portogallo se vuole avere chances di raggiungere gli ottavi. Finora, in fase difensiva aveva ovviato alla presenza di tutti questi trequartisti impostando un pressing alto da cui traeva vantaggio anche Benatia, che poteva giocare aggressivo in anticipo. In più, in fase di difesa posizionale la presenza di così tante mezzepunte non aiuta a coprire bene lo spazio. Vedremo se Renard deciderà di cambiare pelle contro avversari più dotati o se resterà fedele a sé stesso e proverà a giocarsela con la tecnica dei suoi giocatori più talentuosi.

Come è cambiato il Portogallo rispetto all’Europeo?

Emiliano Battazzi

Si può dire che Fernando Santos non ha commesso il solito errore dei CT che vincono una competizione: nonostante tra i titolari ci siano poche novità, ha cambiato quasi il 50% dei giocatori (tra i convocati, 13 hanno vinto l’Europeo), e vale ancora di più se pensiamo che quella vittoria è di appena due anni fa. Tra gli esclusi, addirittura il giocatore che segnò il gol decisivo nella finale contro la Francia, Eder.  Il selezionatore portoghese ne avrebbe cambiati probabilmente anche molti di più, se avesse potuto, soprattutto in difesa, dove i titolari dovrebbero essere Fonte (andato a svernare in Cina) e Pepe, entrambi classe 1983, e il primo ricambio addirittura il 36enne Bruno Alves, ora nei Rangers di Glasgow. L’altro centrale di riserva è Rúben Dias, 21 anni, mai una presenza in Nazionale: insomma grandi alternative non c’erano. Le uniche polemiche riguardano le esclusioni di Cancelo e Semedo, due terzini destri molto offensivi. Il primo si è probabilmente chiuso le porte dei Mondiali con la pessima prestazione nell’ultima amichevole prima delle convocazioni: la disastrosa sconfitta interna per 0-3 contro l’Olanda (con tanto di espulsione).

La loro esclusione è però dovuta anche al peculiare sistema tattico portoghese, un 4-4-2 di base con falsi esterni di centrocampo a piedi invertiti (Bernardo Silva a destra e Joao Mario a sinistra), deputati in realtà ad accentrarsi per farsi trovare tra le linee. I terzini quindi devono garantire ampiezza, ma allo stesso tempo grande disciplina tattica e ottime capacità difensive: il profilo del titolare Cedric.

La brutta amichevole giocata contro l’Olanda.

A livello di sistema, il Portogallo non è cambiato granché: mantiene la sua semplicità di gioco, con movimenti codificati (dei due centrocampisti, uno - William - scherma la difesa,  l’altro - Adrien Silvia - si occupa della metà campo avversaria; dei due attaccanti, uno si muove verso il pallone e l’altro attacca la profondità) e con la ricerca continua di Cristiano Ronaldo. D’altronde, più alto sarà il volume di tiri di CR7, più alte saranno le probabilità per i portoghesi di avanzare nel Mondiale.

Il vero grande cambiamento è la presenza di Bernardo Silva, che dopo una stagione di grande livello nel Manchester City è un giocatore diverso, molto più maturo, e capace di dominare il contesto creativo sulla trequarti, accentrandosi, e soprattutto puntando l’uomo. Il centrocampo portoghese ha perso la fisicità di Renato Sanches, ma ha guadagnato la tecnica e l’accelerazione di Bernardo Silva: per noi spettatori potrebbe essere un vantaggio.

Ciò che non sembrava funzionare, rispetto al solito, è la tenuta difensiva della squadra: ben 6 gol subiti nelle ultime 4 amichevoli, e in generale una sensazione di fragilità completamente diversa da quella degli Europei e delle qualificazioni ai Mondiali (ben 7 clean sheet su 10 partite).  Poi nell’amichevole contro il Belgio si è vista la tradizionale affidabilità difensiva, con i due centrali a loro agio contro la fisicità belga: e tra le due squadre, proprio quella portoghese ha fornito l’impressione migliore. Non è quindi sbagliato aspettarsi un ritorno di Santos agli atteggiamenti tattici di due anni fa: lasciare agli avversari la gestione del gioco, costringerli all’errore chiudendo completamente spazi e linee di passaggio, affidarsi alle capacità risolutive dei suoi tanti talenti.

Le amichevoli servono proprio a questo, a sbagliare: l’errore che invece non dovremmo fare è quello di sottovalutare il Portogallo, una squadra che sembra perfettamente a suo agio nelle competizioni brevi (l’anno scorso eliminata solo ai rigori dal Cile in semifinale di Confederations Cup), in cui la classe dei suoi talenti è ben mescolata (a volte troppo, quasi castrata) con il pragmatismo del sistema di gioco, e che può schierare il miglior finalizzatore al mondo. Il Portogallo noioso, snervante ma solido degli Europei (nei 90 minuti, solo una vittoria su sette partite): quella ricetta può ancora funzionare, anche se la conoscono tutti.

Come è arrivato l’Iran a questo Mondiale?

Emanuele Mongiardo

L’Iran si appresta a partecipare al quinto mondiale della sua storia e per la prima volta ne disputerà due consecutivamente. Queiroz, con molta fatica, è riuscito a imprimere una svolta decisiva alla storia calcistica del paese, tanto da rendere la sua squadra inferiore solo al Giappone nel contesto asiatico. Una crescita ancora più netta se confrontata col complicato percorso di qualificazione a Brasile 2014: dopo una serie di risultati deludenti, gli uomini di Queiroz erano riusciti a ottenere il pass per il Brasile solo all’ultima giornata, grazie a una vittoria contro la Corea del Sud passata alla storia per l’esultanza sfacciata del CT portoghese nei confronti del collega sudcoreano.

Stavolta invece il percorso di qualificazione è stato agevole. L’Iran è stata la seconda squadra in assoluto, dopo il Brasile, a qualificarsi al mondiale, dopo la vittoria per 2-0 contro l’Uzbekistan. Il percorso del Team Melli è stato lineare, connotato da una certa superiorità nei confronti anche di un avversario storicamente superiore come la Corea del Sud. Un dominio fotografato nitidamente dai numeri: su 18 partite disputate nei due gironi eliminatori l’Iran ne ha vinte 12, non ha mai perso e ha subito la miseria di 5 gol, di cui due dalla Siria a qualificazione già ottenuta. Ma il vero termometro della crescita iraniana non sono tanto i numeri, quanto la qualità della rosa a disposizione, migliorata a vista d’occhio rispetto a quattro anni fa.

In Brasile ad esempio la stella più attesa era Gucci, punta nata in Iran ma cresciuta in Olanda, che verosimilmente in Russia partirà dalla panchina. L’operazione di scouting di giocatori con origini iraniane sparsi in tutto il mondo avviata da Queiroz è andata a buon fine. Se l’Iran ha raggiunto con tanta tranquillità il mondiale lo deve soprattutto alla presenza di giocatori “europei” che hanno imposto la propria caratura tecnica in un contesto di livello più basso come il girone di qualificazione asiatico.

Da segnalare soprattutto Azmoun, punta del Rubin Kazan che ciclicamente finisce sul taccuino di Igli Tare; Mohammadi, terzino del Terek Grozny dalla velocità supersonica, e Ansarifard, vice capocannoniere del campionato greco con l’Olympiacos. Menzione a parte per Alireza Jahanbakhsh, guida tecnica della squadra e top scorer dell’Eredivisie. L’ala dell’AZ Alkmaar è un giocatore dotato di un ottimo dribbling e di un tiro esplosivo, sia di destro che di sinistro, oltre a disporre di una buona velocità e un fisico particolarmente robusto. Dai suoi tiri e dal suo istinto per gli assist passano molte delle possibilità dell’Iran di disputare un mondiale dignitoso. In un girone così complicato, Queiroz proverà a limitare i danni col suo 4-1-4-1 reattivo, che difenderà basso e proverà ad attaccare con i cross e la riconquista delle seconde palle. Purtroppo, il girone di qualificazione non è un campione affidabile per misurare la forza dell’Iran che, a causa delle sanzioni che da anni affliggono il paese, non è riuscito neanche a organizzare amichevoli di livello in vista del mondiale. Vincere col Marocco sarebbe già un risultato storico per il Paese.

Cosa deve andare storto perché una tra Portogallo e Spagna non passi il turno?

Emiliano Battazzi

Per il Portogallo, non tantissimo in realtà: basterebbe ripetere il girone degli Europei (3 pareggi) per tornare a casa. Inoltre, almeno a livello teorico, il calendario è rischioso, perché presenta subito la partita più difficile, quella contro la Spagna. Basterebbe una sconfitta per far diventare la seconda partita contro il Marocco già decisiva: e con una tenuta difensiva ancora un po’ traballante, Fernando Santos dovrebbe aver paura anche della velocità e della tecnica dei trequartisti marocchini. Stavolta i portoghesi non potranno permettersi una partenza lenta, anzi: servirà subito un CR7 tirato a lucido per non lasciare il peso della finalizzazione su Andrè Silva.

Emanuele Mongiardo

Per la Spagna vale una considerazione simmetrica: se il Portogallo riuscisse a serrare le linee come due anni fa e Diego Costa non avesse la verve per sfondare come un ariete la difesa bassa di Fernando Santos, allora la Spagna potrebbe avere dei seri problemi. Inoltre, grazie a un ricambio generazionale che ha migliorato il supporting cast di CR7, il Portogallo potrebbe giocatore delle transizioni offensive davvero pericolose per Ramos e compagni.

Un’eventuale sconfitta potrebbe far ripiombare la Roja nel clima di sconforto di Brasile 2014, col timore di fallire lo scontro diretto dell’ultima giornata contro il Marocco. Se Renard trovasse il modo di difendere con compattezza la propria metà campo, senza proporre un pressing che la Spagna manderebbe facilmente a vuoto, allora potrebbero presentarsi rischi analoghi a quelli della partita col Portogallo.

Giocatori con cui farsi belli al bar?

Emiliano Battazzi

Dopo la grande stagione nel Valencia, Gonçalo Guedes dovrebbe essere ormai abbastanza conosciuto, ma forse non ancora nel vostro bar: provate a sfruttare questo vantaggio competitivo. Guedes ha quasi tutto ciò che serve per giocare un grande Mondiale, tranne un posto da titolare, ma vedrete che è solo un piccolo dettaglio: velocità in progressione e nel breve, rapidità di esecuzione, qualità tecniche, dribbling, tiro da fuori, Guedes ha tutto. Non è ancora un grande realizzatore, ma a 21 anni si può solo migliorare. Fernando Santos lo ha già utilizzato praticamente in tutte le posizioni offensive, anche falso centravanti: teoricamente sarebbe un’ala, e quando il Portogallo utilizzerà il 4-3-3 o il 4-2-3-1 potrebbe essere lui a occupare la fascia sinistra, o persino la posizione di trequartista centrale, per la sua capacità di giocare spalle alla porta e la sua rapidità negli inserimenti.

In ogni caso, anche nel sistema di base potrebbe trovare spazio: è vero che André Silva e CR7 sono sembrati molto affiatati durante le qualificazioni ai Mondiali, ma la stagione deludente del milanista potrebbe avere conseguenze anche in Nazionale. Guedes può giocare da seconda punta, per girare al largo di Cristiano, aprirgli lo spazio, servirgli assist (ben 11 nell’ultima Liga): non c’è incompatibilità. Soprattutto, Guedes può spaccare le partite entrando dalla panchina: un’arma che può essere decisiva, per una squadra che agli Europei si è basata quasi esclusivamente sulle capacità individuali dei suoi talenti offensivi.

Emanuele Mongiardo

Ziyech è uno dei nomi più discussi di ogni sessione di calciomercato; di Harit si parlerà molto nei prossimi anni, mentre Belhanda ha avuto il suo momento hype grazie alla vittoria della Ligue 1 col Montpellier nel 2012. Quindi, se anche voi avete quel gusto particolare per i talenti berberi leggerini e discontinui, ma con una tecnica di primissima fascia, Moubarak Boussoufa è il giocatore che fa per voi.

Il suo talento è davvero degno dei migliori palcoscenici; tuttavia una serie di scelte poco fortunate ne ha minato la carriera, dopo alcune stagioni all’Anderlecht in cui era diventato la vera attrazione della Jupiler League. Boussoufa ha speso i migliori anni della sua carriera in Russia e purtroppo non abbiamo mai avuto il piacere di ammirarlo in uno dei campionati principali del continente. Oggi sta chiudendo mestamente la sua carriera negli Emirati Arabi e il Mondiale potrebbe essere l’occasione per ammirare un’ultima volta il suo tocco palla sinuoso. Nel cuore del centrocampo, col suo metro e sessantasette, Boussoufa tesse la tela del gioco di Renard, non solo con passaggi verso la trequarti, ma anche con dribbling, virate, protezioni di palla e pause che creano scompensi nelle strutture difensive avversarie e permettono ai migliori giocatori del Marocco di restare connessi. Se i Leoni dell’Atlante riuscissero a disputare un buon mondiale, la tecnica vellutata di Boussoufa potrebbe diventare culto anche più dei tunnel di Ziyech.