Mondiali 2018, Guida al Girone E: Brasile, Serbia, Svizzera, Costa Rica

Mondiali

Francesco Lisanti e Federico Principi

Le domande più importanti e i principali temi per presentare il girone di Brasile, Serbia, Svizzera e Costa Rica. Favorite, possibili sorprese e giocatori da tenere d'occhio

SVIZZERA-COSTA RICA LIVE

MONDIALI 2018, IL CALENDARIO

Il Brasile è una delle squadre che arriva meglio a questo Mondiale. Con tutto quel talento offensivo, su quali uomini punterà Tite?

Federico Principi: L’operazione di avvicinamento del Brasile ai Mondiali è stata un crescendo continuo. La Nazionale di Tite ha dominato il girone unico sudamericano di qualificazioni perdendo una sola partita (la prima) contro il Cile all’epoca guidato ancora da Sampaoli, nell’ormai lontano ottobre 2015, per poi mettere a segno 12 vittorie e 5 pareggi. L’esplosione massima è avvenuta dopo la bruciante eliminazione ai gironi nella Copa America del Centenario, dopo il pareggio contro l’Ecuador e la sconfitta contro il Perù: da quel momento, amichevoli comprese, i verdeoro hanno ottenuto 13 vittorie e 2 pareggi e non subiscono gol da 574 minuti, pur avendo giocato due delle ultime tre amichevoli contro due squadre molto forti come Germania e Croazia.

Proprio l’eliminazione precoce nella Copa America del 2016 ha portato all’esonero di Dunga e all’assunzione di Tite. Il nuovo CT ha messo le cose in chiaro fin da subito: niente più 4-2-3-1 e quadrilatero offensivo (uno dei capisaldi della storia del Brasile, che ha sempre fatto fatica a rinunciare a tutti i suoi talenti offensivi), si passa invece al 4-3-3 con 3 centrocampisti di sostanza. Ogni volta Tite sceglieva di panchinare un solo giocatore tra Casemiro, Paulinho, Fernandinho e Renato Augusto, e dopo il passaggio al Barcellona di Paulinho e la permanenza in Cina di Renato Augusto il più sacrificato è stato proprio quest’ultimo.

Alla scelta di schierare 3 centrocampisti di sostanza nella formazione titolare, tuttavia, Tite sembra stia ora abiurando per sfruttare al massimo le qualità di Coutinho e Neymar. Il fantasista ex Liverpool è stato utilizzato come mezzala sinistra per la prima volta nell’amichevole a marzo contro la Russia, ed è stato riproposto in quella posizione anche nel secondo tempo contro la Croazia e dall’inizio contro l’Austria, con Neymar esterno sinistro alto in entrambe le amichevoli più recenti. Al di là delle enormi qualità tecniche, Coutinho sta raggiungendo anche una grande maturità nei movimenti che facilita enormemente lo sviluppo del gioco del Brasile sul lato sinistro: si smarca centralmente in zona luce per dettare verticalizzazioni, si accentra palla al piede sfruttando la grande tecnica nello stretto, può tagliare profondo o allargarsi oppure può abbassarsi per costruire e liberare campo a Marcelo.

Rinunciare alla completezza del gioco di Coutinho sembra impossibile per Tite, ma per non venire meno alla sua mediana a 3 di centrocampisti di sostanza (e ovviamente per fare spazio a Neymar) il CT verdeoro lo aveva spesso schierato come esterno destro durante le qualificazioni. In quella zona il fantasista del Barcellona è però più prevedibile nei movimenti ma riesce comunque ad essere efficace rientrando verso il centro, come ad esempio visto nel primo gol segnato contro il Paraguay. Impostare un 4-3-3 con Coutinho e Neymar esterni, tuttavia, taglierebbe fuori sia Willian che Douglas Costa: tra i due sembra che Tite riponga più fiducia in Willian, che rispetto sia a Coutinho che a Douglas Costa tende a stare più largo e a dare più spazio agli inserimenti pericolosi di Paulinho da quel lato.

Le soluzioni tattiche del Brasile, in ogni caso, sono diverse. Impostare il 4-3-3 con Marcelo-Coutinho-Neymar sulla fascia sinistra potrebbe contemporaneamente creare un lato forte dove attaccare per poi magari sfruttare sul lato debole gli uno-contro-uno in isolamento di Willian o Douglas Costa e gli inserimenti di Paulinho. Al tempo stesso, due giocatori di qualità sulla stessa zona come Coutinho e Neymar potrebbero lasciare a Marcelo la funzione di regista basso che sta eseguendo con grande qualità tecnica. Tendenzialmente il Brasile attacca in modo lento e fraseggiato, grazie alla qualità dei suoi interpreti, ma può anche improvvisamente accelerare in verticale grazie agli smarcamenti interni di Coutinho o Neymar e alla velocità nell’attacco alla profondità di Gabriel Jesus e Paulinho.

L’efficacia del Brasile nell’attacco in verticale. Coutinho (esterno sinistro alto del 4-3-3) si smarca internamente e sfrutta le buone capacità di Miranda nel passaggio taglia-linee in un corridoio strettissimo tra Gündogan e Goretzka. Marcelo si alza per occupare l’ampiezza ma sul simultaneo scatto in profondità di Gabriel Jesus e Paulinho, Coutinho servirà il centravanti del City.

In attacco Tite potrà scegliere tra la rapidità e i movimenti in area di rigore di Gabriel Jesus (che sembra partire favorito) e le maggiori qualità in rifinitura e di raccordo di Firmino, che però sembra in svantaggio sul centravanti del City visto che la trequarti è già monopolizzata, o quasi, da Neymar. Più difficile invece un passaggio al 4-2-3-1, rinunciando a uno tra Gabriel Jesus e Firmino e uno tra Willian e Douglas Costa, facendo a meno in quel caso degli inserimenti di Paulinho e schierando la diga Casemiro-Fernandinho. L’ostinazione con cui Tite ha insistito sul 4-3-3 difficilmente può farlo tornare indietro, anche perché con il 4-2-3-1 cambierebbero bruscamente diversi meccanismi difensivi che in questo momento sembrano essere addirittura la priorità, in netto contrasto con il credo calcistico storico della Seleção.

In difesa mancheranno Alex Sandro per scelta tecnica (Tite ha preferito la maggiore solidità difensiva di Filipe Luis) e Dani Alves per un infortunio al legamento del ginocchio destro. Il CT brasiliano è tornato a dare piena fiducia alla coppia di grande esperienza Miranda-Thiago Silva, sfruttando anche il loro ormai antico affiatamento, sacrificando Marquinhos. La volontà di Tite di impostare un pressing medio-alto, visto anche nelle amichevoli contro squadre dotate tecnicamente come Germania e Croazia, potrebbe mettere in difficoltà il difensore dell’Inter a difendere un campo più lungo anziché schierato nella propria trequarti, ma per ora tutti i meccanismi difensivi del Brasile sembrano funzionare piuttosto bene e potrebbero tornare utili nel Mondiale per dare grande solidità nelle partite secche contro squadre forti. La varietà di soluzioni possibili per i verdeoro potrebbe paradossalmente rappresentare un problema, ma al contempo è ciò che li rende una delle Nazionali favorite per vincere il Mondiale, per alcuni addirittura la favorita assoluta.

 

La Svizzera ha fatto un grande girone di qualificazione (quasi punteggio pieno!). Quali sono i suoi principali punti di forza e dove può arrivare?

Francesco Lisanti: Soltanto una sconfitta a Lisbona nell’ultima giornata ha macchiato il girone di qualificazione perfetto della Svizzera, a quel punto costretta a superare il turno di playoff, per via della differenza reti inferiore rispetto al Portogallo. Le precedenti nove vittorie consecutive, però, avevano mostrato una squadra in salute, con una serie di caratteristiche tipiche di quella fascia di mezzo in cui gli ottavi sembrano un obiettivo realistico e tutto il resto fuori portata (il Messico dell’Europa Centrale, si potrebbe dire).

La Svizzera è una squadra versatile, che sa difendersi con accortezza e sa muovere il pallone a terra con rapidità se il contesto lo richiede. Per fotografare questa capacità di adattamento è sufficiente prendere in esame le due amichevoli giocate nel giro di una settimana contro Panama e Spagna: la prima si è conclusa con un rotondo 6-0, e il 61% di possesso palla per gli svizzeri, la seconda con un sorprendente 1-1, e il 35% di possesso palla.

È anche una squadra che di rado si complica la vita e non ha problemi a imporre la sua superiorità contro le squadre dal tasso tecnico inferiore. Lo ha fatto con il minimo sforzo nel girone di qualificazione, conteso con Ungheria, Lettonia, Andorra e Isole Faroe, e con qualche incertezza di troppo nel turno di playoff con l’Irlanda del Nord, piegata grazie a un rigore di dubbia natura. In breve, è una squadra sempre difficile da battere.

La storia recente della Svizzera è costellata di eliminazioni a testa alta maturate nei finali di partita. Questa è la stessa Nazionale che nel 2006 superò il girone al primo posto, sopra la Francia vice-campione, poi fu eliminata ai rigori dall’Ucraina. Che nel 2010 sconfisse la Spagna futura vincitrice, poi fu eliminata a un quarto d’ora dalla fine dal Cile (e da un grande passaggio di Valdivia). Che nel 2014 costrinse l’Argentina al pari fino a due minuti dalla fine dei supplementari, poi Messi e Di María decisero fosse passato anche troppo tempo (beffa ulteriore: qualche secondo dopo Dzemaili colpì un palo a pochi passi dalla porta). Che negli Europei 2016, volendo fermarsi al ciclo di Petkovic, ha concesso solo 2 gol in 390 minuti di competizione, poi è stata eliminata dalla Polonia ancora agli ottavi, ancora ai rigori.

Non è tanto una questione di tenacia e solidità come tratti identitari del movimento calcistico svizzero, quanto di continuità tecnica. Questa Nazionale è letteralmente la stessa del 2014: 15 dei 23 convocati avevano già preso parte alla spedizione brasiliana con Hitzfeld, e sarebbero stati 16 se Mehmedi non si fosse infortunato. Petkovic avrebbe comunque voluto portarlo con sé, ma in un atto di altruismo l’esterno del Wolfsburg ha preferito tirarsi indietro («ho dovuto decidere con la testa, e non con il cuore»).

Il ricambio generazionale si è avvertito soltanto tra i pali, dove Sommer ha preso il posto di Benaglio, e al centro della difesa, dove Schär e Akanji hanno sostituito Djorou e Von Bergen. Per il resto, il tempo sembra essersi fermato: il modulo base è ancora il 4-3-3, le fasce sono ancora sigillate da Rodríguez e Lichtsteiner, il centrocampo è ancora affidato a Xhaka e Behrami, la produzione offensiva pende ancora dall’estro di Shaqiri e Dzemaili, in attacco è ancora vivo il ballottaggio tra Drmic e Seferovic, con il terzo incomodo Gavranovic pronto a insidiare le gerarchie.

La Svizzera può contare su diversi difensori dai piedi buoni: qui Elvedi, riserva di Schär, incrocia con un bel filtrante la corsa di Dzemaili, che esegue un movimento opposto a quello dell’altra mezzala e si libera alle spalle del centrocampo panamense

La circolazione della palla ruota intorno a Xhaka, perno del centrocampo, e si sviluppa secondo due velocità, nel rispetto di quella versatilità caratteristica: palleggio insistito e orizzontale nella propria metà campo, movimenti profondi e rapide verticalizzazioni nella metà campo opposta. La Svizzera non abbonda di talento puro ma può contare su un gruppo unito, che ha affinato la conoscenza reciproca nel corso di questi anni. Questa esperienza si manifesta nei movimenti senza palla innescati con tempismo e coordinazione non comuni per una selezione nazionale. Petkovic ha svolto un ottimo lavoro nel solco dell’operato di Hitzfeld, la strada per l’ennesima eliminazione a testa alta agli ottavi sembra ben tracciata.

 

La Serbia può contare su Milinkovic-Savic, che però ha giocato solo tre partite in Nazionale A. Come si inserirà nell’undici titolare?

Francesco Lisanti: Milinkovic-Savic ha esordito in Nazionale maggiore soltanto a novembre, a qualificazione già ottenuta, e fin qui non ha mai avuto occasione di disputare una partita ufficiale. Le ragioni per cui non è mai stato convocato durante le qualificazioni non sono state chiarite, l’allora commissario tecnico Slavoljub Muslin, un uomo sulla sessantina con una certa allergia al talento, provava a giustificarsi dietro argomenti come «non riesco a vederlo nel nostro sistema di gioco», mentre la stampa serba suggeriva che alla base dell’esclusione ci fossero i cattivi rapporti tra Muslin e l’agente di Sergej, Mateja Kezman.

Quel che è certo è che una volta ottenuta la qualificazione la federazione serba ha dato il benservito a Muslin, probabilmente proprio a causa di alcune incomprensioni tra cui l’inutilizzo di Milinkovic-Savic, e che durante la conferenza di addio Muslin non ha dispensato parole dolci né per Kezman («ha guidato la stampa contro di me, ma posso capirlo, non vede l’ora di mettere le mani sulla percentuale della cessione») né per Milinkovic-Savic («mi aspettavo mi chiamasse anche il Papa per raccomandarmelo, del resto vive nel cuore di Roma e lo vedrà spesso giocare»).

Così la Nazionale serba è passata nelle mani di Mladen Krstajic, 59 presenze e 2 gol con la maglia della nazionale tra il ‘99 e il 2008, poi assistente di Muslin dal 2016. Inizialmente la federazione lo aveva annunciato come allenatore “ad interim”, poi lo ha lasciato al suo posto senza conferme ufficiali, forse per mancanza di alternative, forse per sincera approvazione. Oltre a integrare Sergej nel gruppo, Krstajic ha provato a lasciare la sua impronta su questa selezione fin dalla prima partita, l’amichevole vinta 2-0 contro la Cina.

Il cambio di modulo ha rappresentato il principale punto di rottura. Krstajic ha tolto un difensore dal 3-4-2-1 di Muslin e ci ha aggiunto un trequartista supplementare, per comporre un 4-2-3-1 abbastanza scolastico. Per il resto, il nuovo sistema di gioco ha mutuato i punti di riferimento dal precedente: la fascia sinistra è ancora affidata all’asse composto da Kolarov e Kostic, in cui il primo mette tecnica e visione di gioco e il secondo strappi e forza fisica; Matic agisce da diga davanti alla difesa, utilizzando i lanci lunghi per innescare le azioni d’attacco; Tadic gioca da trequartista puro sul centro-destra, con la maglia numero dieci sulle spalle; Mitrovic è il riferimento più avanzato e il finalizzatore principale (8 gol nelle ultime 10 partite).

Quanto a Milinkovic-Savic, siccome stiamo parlando di un gigante di 192 centimetri capace di fare più o meno tutto quello che serve su un campo da calcio, non ha mostrato particolari difficoltà di inserimento, com’era prevedibile. Krstajic lo ha provato sia nella linea di mediana al fianco di Matic, ricavandone un’irreplicabile combinazione di muscoli, tecnica e reattività, sia come vertice alto del triangolo di centrocampo, per impiegarlo da terminale offensivo così come nella Lazio di Inzaghi. È probabile che quest’alternanza continuerà anche nel corso della manifestazione, in base all’avversario di turno e al contesto di gioco.

Con il primo assetto la Serbia pratica un calcio più fluido, con l’aggiunta della variabile impazzita Ljajic alle spalle di Mitrovic. Con il secondo assetto le distanze tra i reparti tendono ad aumentare, ma la Serbia guadagna un’opzione in più a cui appoggiarsi per risalire rapidamente il campo, e può inserire un altro gigante di rottura come Milivojevic al fianco di Matic. In assoluto la Serbia è una squadra con poche idee e tanto talento, capace di accendersi all’improvviso e arrivare in porta attraverso scambi volanti e transizioni elettrizzanti. Un contesto all’altezza della grandezza di Milinkovic-Savic.

Non conviene lasciare troppo spazio a Sergej nelle vesti di regista: qui pesca la sovrapposizione di Ivanovic, che permette alla Serbia di attaccare l’area in parità numerica.

 

Il Costa Rica può sorprendere ancora? Quanto è cambiato dall’ultimo Mondiale?

Federico Principi: Il Costa Rica è stata la sorpresa del Mondiale di 4 anni fa, generatore e al contempo vittima di una grande narrazione. Da una parte la conquista dei quarti di finale ha inebriato un popolo affamato di calcio ma abituato a festeggiare quasi esclusivamente la “semplice” qualificazione ai Mondiali, avendo in precedenza raggiunto gli ottavi di finale soltanto a Italia ‘90. D’altra parte il Costa Rica è caduto ai calci di rigore contro l’Olanda per mano del leggendario cambio di portiere di van Gaal, che ha sostituito Cillessen con Tim Krul più che altro per mettere pressione ai tiratori costaricani, con successo.

Il Costa Rica ha raggiunto un quarto di finale, o una mancata semifinale a seconda dei punti di vista, che ha fatto catalizzare l’attenzione di molti club europei nei confronti degli eroi di Brasile 2014. In quell’estate il portiere Keylor Navas è passato dal Levante al Real Madrid, il talento offensivo Joel Campbell è rimasto all’Arsenal - che ha provato a valorizzarlo trattenendolo dopo numerosi prestiti e senza averlo mai impiegato in precedenza -, il terzino Cristian Gamboa è passato dal Rosenborg al West Bromwich in Premier League, il difensore Giancarlo El Pipo Gonzalez è arrivato in Serie A al Palermo dalla MLS (dal Columbus Crew), il centrocampista Celso Borges ha invece concluso l’anno solare del campionato svedese passando poi a gennaio 2015 al Deportivo La Coruña dall’AIK Solna e il suo compagno di reparto Yeltsin Tejeda (chiamato così in onore del presidente russo Boris Yeltsin) è passato dal club di vertice del campionato costaricano - il Deportivo Saprissa - all’Evian, in Ligue 1.

Nonostante l’esodo europeo dei suoi migliori giocatori - ai quali si aggiunge Bryan Ruiz che già in precedenza militava con successo in Premier con il Fulham - e la conferma di ben 13 elementi rispetto al Mondiale di 4 anni fa, il Costa Rica non ha dato l’impressione di poter ripetere a Russia 2018 quell’exploit e nel girone E si candida a diventare il fanalino di coda. Nelle qualificazioni i bianco-rossi hanno concluso il girone finale al secondo posto, ma piuttosto staccati dal Messico e con risultati discontinui, confermati poi anche dalle impressioni lasciate nelle amichevoli, dove hanno rimediato sconfitte contro Tunisia, Inghilterra e Belgio, risultando piuttosto innocui soprattutto contro la Nazionale di Southgate.

Il posto di CT, lasciato libero da Jorge Luis Pinto dopo i Mondiali 2014, ha subìto una giravolta di nomi che sono arrivati all’assunzione dell’ex stella del Costa Rica ai Mondiali 2002 e 2006, Paulo Wanchope, rimpiazzato da Oscar Ramirez dopo la Gold Cup del 2015. Ramirez ha puntato tutto sulla difesa a 3 e su un 3-4-3 estremamente difensivo in fase di non possesso, tendente la maggior parte delle volte a trasformarsi in un 5-4-1 o in alternativa in un 5-3-1-1 quando si preferisce schermare i costruttori di gioco centrali della squadra avversaria anziché coprire l’ampiezza del campo, come ad esempio avvenuto contro l’Inghilterra per provare a infastidire Stones e Henderson.

In fase offensiva tutto parte dall’idea di far ricevere il pallone sui piedi a Joel Campbell, che ricopre il ruolo di esterno di attacco nel 3-4-3. Ramirez utilizza Campbell a seconda delle possibilità della sua squadra e ogni volta adatta il contesto intorno alle sue qualità e alle sue decisioni. Così, ad esempio, contro l’Inghilterra - dove era difficile costruire gioco - più volte Campbell veniva a ricevere il pallone davanti alla difesa e in questo modo liberava l’inserimento profondo del mediano del suo lato, Borges; mentre contro l’Irlanda del Nord, dove il Costa Rica riusciva più facilmente a risalire il campo, Campbell partiva spesso da una posizione alta e larga a destra e ogni volta sia l’esterno di centrocampo (Gamboa) che il mediano di quel lato (sempre Borges) si alternavano nel rimanere in posizione o attaccare lo spazio interno. Campbell una volta ricevuto il pallone può - a seconda della zona di ricezione - dribblare, rientrare verso il centro, rifinire, e in ogni caso è il vero riferimento della manovra del Costa Rica.

Il difensore centrale destro (Acosta) porta palla: Campbell rimane larghissimo per ricevere sui piedi, e di conseguenza si stringe l’esterno di centrocampo (Gamboa) e a fianco del centravanti Ureña si inserisce il mediano del lato palla (Borges). Quasi tutti i movimenti del Costa Rica, soprattutto a destra, dipendono da dove si decide che Campbell riceva il pallone.

La difesa bassa posizionale, tuttavia, permette al Costa Rica di attaccare spesso in transizione. In questo senso tornano utili la velocità degli esterni di centrocampo, Gamboa a destra e Oviedo a sinistra - abituati ormai da diversi anni all’intensità e alla verticalità del calcio britannico - e soprattutto del centravanti-feticcio Marco Ureña, uno dei giocatori forse più veloci in assoluto, autore di 3 gol nelle ultime 3 partite delle qualificazioni e di 15 reti in 61 apparizioni totali con la nazionale del Costa Rica. Ma per partire in contropiede il primo requisito è difendere con efficacia: rispetto al 2014 il Costa Rica ora può contare su quattro stagioni di esperienza in Serie A (tre al Palermo e una al Bologna) di Giancarlo Gonzalez e sulla grandissima fisicità e aggressività nei contrasti di Kendall Waston, difensore classe 1989 dei Vancouver Whitecaps in MLS, alto 1,96 metri, piuttosto macchinoso negli uno-contro-uno e con la palla al piede, e convocato in pianta stabile in Nazionale solo dopo l’arrivo del CT Ramirez a ottobre 2015.

Un saggio della velocità di Gamboa (esterno destro di centrocampo), che va al cross in corsa.

Uno dei simboli della spedizione di Brasile 2014, il capitano Bryan Ruiz autore del gol decisivo contro l’Italia, sta facendo fatica a trovare spazio ma potrebbe tornare in corsa come esterno sinistro di attacco, visto che tutti gli altri posti sembrano ormai consolidati ad eccezione proprio di quello dell’esterno alto di fascia sinistra. Ha segnato l’ultimo gol del Costa Rica prima dell’esordio al Mondiale, nell’amichevole contro il Belgio: servirà anche e soprattutto il suo carisma, sia dentro che fuori dal campo, per fare in modo che il Costa Rica possa nuovamente trasformarsi da possibile Cenerentola del proprio girone (proprio come nel 2014, nel gruppo vinto con Italia, Inghilterra e Uruguay) a grande sorpresa. Questa volta, però, tante situazioni sembrano cambiate e sarà tutto forse ancora più difficile.

Chi parte favorito per il secondo posto? Sarà Serbia-Svizzera lo spareggio decisivo?

Francesco Lisanti: Serbia e Svizzera si affronteranno nella seconda giornata del girone, in quello che potrebbe essere il duello decisivo per stabilire gli equilibri interni. Sarà una sfida resa ulteriormente interessante dalla narrativa intorno alle due squadre, dalla contrapposizione di due modelli estremamente differenti sul piano dell’identità.

Da una parte c’è la Svizzera, una squadra che fa sempre i compiti, vince quando deve vincere, perde quando deve perdere, e in questo senso si rivela molto prevedibile, ma non ha anelli deboli in nessuna zona del campo, e nei momenti migliori assomiglia a una squadra di club per l’intesa che emerge tra i giocatori. Dall’altra c’è la Serbia, che è invece la squadra paradigma dell’imprevedibilità e della discontinuità, con un centrocampo che sotto l’aspetto fisico e tecnico può facilmente neutralizzare il pur organizzato centrocampo svizzero, portando a casa risultato e qualificazione agli ottavi.

Le fragilità della Serbia: Kolarov non tiene il passo di Iwobi, Matic e Milivojevic difendono una diagonale immaginaria e concedono una pericolosa ricezione sulla trequarti.

Sempre in termini di puro potenziale, il confronto tra i numeri nove è decisamente impari: Mitrovic conosce molte più soluzioni per arrivare in porta (di testa è fortissimo, e ha una discreta tecnica di tiro) rispetto ai tre attaccanti a disposizione di Petkovic. Di contro, la Serbia soffre di una generale mancanza di coesione tra i reparti che la Svizzera tende a far pagare. Il grosso punto interrogativo che pende sul confronto è che Krstajic ha fin qui allenato solo amichevoli, e le amichevoli servono soprattutto a valutare la condizione dei propri giocatori. Sarà interessante scoprire i margini di miglioramento di questa selezione, nel momento in cui gli avversari saranno studiati nei dettagli come accade durante i tornei.

Quale squadra è più adatta a difendere contro Neymar?

Federico Principi: Quella di difendere contro Neymar diventa, quando si affronta il Brasile, una sfida più che altro su come si difende tutto l’asse sinistro carioca, specialmente se verrà confermato il trio Marcelo-Coutinho-Neymar. Ma anche qualora venisse impiegato Fernandinho mezzala sinistra, con Coutinho eventualmente spostato ala destra, le cose non cambierebbero di molto visti i movimenti di Neymar.

Il fuoriclasse del PSG, contrariamente a quanto faceva nel Barcellona anche per via della presenza di Messi, in Nazionale si accentra sistematicamente sia prima di ricevere che dopo aver ricevuto palla, per aumentare la sua grande influenza sulla trequarti, mentre l’esterno opposto resta più largo per lasciare spazio agli inserimenti interni di Paulinho. Sui movimenti di Neymar viene tarata tutta la catena sinistra del Brasile: se Coutinho viene schierato mezzala, spesso il fantasista del Barcellona taglia esternamente sullo spazio lasciato libero dalla difesa che segue il movimento verso il centro di Neymar. Ma anche quando viene impiegato Fernandinho, il Brasile trova il modo di compensare in ampiezza semplicemente facendo abbassare il mediano del City al fianco sinistro dei difensori centrali per dare spazio alla salita di Marcelo.

Neymar si muove internamente e crea una linea di passaggio potenziale a Marcelo, che preferisce servire il taglio esterno di Coutinho aperto dal movimento interno di Neymar.

In questo senso dal punto di vista tattico la difesa a 5 del Costa Rica sembra essere l’ideale per provare a stoppare questo meccanismo, piuttosto semplice ma eseguito con giocatori di altissima qualità. Il Costa Rica dovrebbe schierarsi con un 5-4-1 anziché con un 5-3-1-1, visto che non serve una marcatura su Casemiro e si dovrà invece coprire l’ampiezza, ma il problema maggiore semmai sarà su quanto i caraibici riusciranno a imporsi a livello di duelli individuali. Chiudendosi bassi come al solito, i costaricani non lasceranno molto campo a Neymar per poter andare in dribbling e progressione e forse come difensore centrale destro potrebbe essere preferito Waston ad Acosta, per aggiungere molta fisicità e aggressività tra le linee negli spazi chiusi.

La difesa a 3 potrà agevolare coperture e raddoppi reciproci: Giancarlo Gonzalez, da centrale, potrà aiutare il centrale destro in raddoppio su Neymar o mettersi in 2-contro-1 insieme al centrale sinistro per controllare gli scatti in profondità di Gabriel Jesus, o rimanere comunque sul centravanti verde-oro lasciando al centrale sinistro la copertura dei frequenti inserimenti di Paulinho. Sostanzialmente, però, si verificheranno mismatch continuamente sfavorevoli e la partita difensiva del Costa Rica, pur agevolata dal modulo, dovrà essere necessariamente di intensità e concentrazione elevatissime.

Francesco Lisanti: La Serbia si presenterà ai Mondiali con due terzini sempre molto belli da veder giocare, dall’enorme carisma (sono rispettivamente il capitano e il vice-capitano della selezione) e dal curriculum brillante in campo internazionale, se non fosse per quella stringa alla voce “data di nascita” che colloca entrambi oltre la soglia di sicurezza dei trent’anni (1984, l’anno di nascita di Ivanovic, 1985, l’anno di nascita di Kolarov). Una volta oltrepassata, il rischio di fare figuracce quando Neymar, Willian e Coutinho ti puntano mulinando le gambe a velocità supersonica aumenta vertiginosamente.

In occasione della partita contro il Brasile, Krstajic potrebbe riproporre la difesa a tre che aveva caratterizzato la gestione di Muslin, e che aveva rinnegato per prendere le distanze dal suo predecessore. Il pacchetto difensivo è stato rivoluzionato sia nell’assetto che negli uomini, dal momento che non sono stati convocati i due centrali più utilizzati da Muslin: Nastasic per infortunio, Maksimovic per scelta tecnica. Tutte le responsabilità sono allora ricadute sul ventenne Milenkovic, che Pioli ha fatto esordire in Serie A e proprio Krstajic ha fatto esordire in Nazionale. In prospettiva è un giocatore interessante, elegante e forte fisicamente, forse un po’ inesperto per inseguire Firmino o Gabriel Jesus nelle loro escursioni fuori area.

Dovrebbe cavarsela meglio la Svizzera, che contro la Spagna ha dato prova di compattezza e affiatamento, ma sotto certi aspetti paga le stesse carenze della Serbia: due terzini poco affidabili nell’uno contro uno, per ragioni di età (Lichtsteiner) e indole (Rodríguez), e soprattutto troppo importanti per lo sviluppo della fase offensiva, quindi propensi a salire in avanti e a scoprire spazio alle loro spalle. Inoltre la difesa a quattro si presenta meno adatta per difendere contro una squadra che fa ampio uso delle catene laterali e degli spazi di mezzo, con una qualità e una rapidità difficili da pareggiare.

Sulla carta, per quanto paradossale rispetto alle gerarchie di partenza, il Costa Rica è la squadra più attrezzata a difendere il Brasile. Nessuna delle tre sembra però realmente in grado di sostenere una partita di sacrificio: dal punto di vista dello spettacolo, sicuramente una buona notizia.

Quali sono i giocatori con cui farsi belli al bar?

Federico Principi: Nel vostro bar difficilmente qualcuno sarà all'oscuro anche di un solo giocatore della formazione titolare del Brasile, ma per darvi un tono potreste sicuramente dire due parole su Fagner. Terzino destro, la cui convocazione è stata forse agevolata dall’infortunio a Dani Alves, Fagner sarà con ogni probabilità la riserva di Danilo, dal quale ha molto da imparare sotto il profilo difensivo. Fagner, tuttavia, è un terzino estremamente adatto per chi vuole impostare un calcio verticale e forse in questo tipo di contesti tattici può essere già pronto per l’Europa: abbina a una grande rapidità, sia nella progressione che nello scatto puro per via delle leve corte (è alto solo 1,68 metri) un’eccezionale tecnica con il piede destro soprattutto con i controlli volanti e i palleggi, che contribuiscono a mantenere la manovra rapida e frenetica senza perdere di qualità.

Nel Costa Rica il Mondiale 2014 vi ha già bruciato i nomi di Keylor Navas, Joel Campbell e Bryan Ruiz, mentre nei bar italiani sicuramente troppa gente ormai conosce bene Giancarlo Gonzalez. Due profili che potreste utilizzare per attirare l’attenzione, anche se sono entrambi al loro secondo Mondiale, sono Celso Borges e Marco Ureña. Borges è un centrocampista di ormai 30 anni, da tre stagioni e mezza in Liga al Deportivo La Coruña: è molto completo in fase offensiva sia per le qualità tecniche (soprattutto nel gioco lungo) che per la pericolosità negli inserimenti in area, che a volte lo fanno più sembrare una mezzala che non un mediano e che sono molto utili nelle interazioni tattiche con Campbell come visto in precedenza. Borges difetta un po’ nel posizionamento in fase difensiva ma potreste giocarvi proprio la carta degli inserimenti, sperando per voi che possa realizzare almeno un gol, per conquistare credibilità con gli amici.

Era il lontano 2013, ma le capacità negli inserimenti di Borges sono rimaste più o meno le stesse. Non male per un mediano.

Marco Ureña è un attaccante che ha avuto una carriera al di sotto delle proprie possibilità. A livello di club ha totalizzato pochissime presenze, tutte nei campionati non di primissima fascia in cui ha sempre militato (Stati Uniti, Danimarca, Russia e appunto Costa Rica). Si tratta però di un attaccante contropiedista che potrebbe far comodo anche a squadre più prestigiose: non ha un fisico possente (è alto 1,81 metri ed è piuttosto snello e agile) ma possiede una velocità davvero fuori dal comune, perfetta per gli spazi aperti. È anche a suo agio quando deve destreggiarsi nello stretto, e ha un buon fiuto del gol e una discreta freddezza sotto porta. Già a Brasile 2014 segnò il terzo gol all’Uruguay con uno dei suoi brucianti scatti in profondità: a 28 anni il Mondiale di Russia sarà forse l’ultimo treno per migliorare l’andamento di una carriera finora sottotono.

Ureña mangia in un sol boccone Lugano e Godin in velocità in pochi metri, ma anche il tocco a beffare Muslera denota un’ottima padronanza tecnica oltre che freddezza.

Francesco Lisanti: Serbia e Svizzera sono due mercati vicini, da cui il nostro campionato attinge spesso e volentieri, motivo per cui i nomi di punta dovrebbero suonare già ben noti ai frequentatori del vostro bar di quartiere. Potete allora ripiegare su qualche nome di seconda fascia, nella speranza che in questi Mondiali arrivi a toccare il suo meritato quarto d’ora di celebrità (e che per proprietà transitiva, di questo quarto d’ora possiate godere anche voi).

In una squadra che ha conservato pressoché la stessa ossatura negli ultimi tre bienni, la Svizzera è riuscita a esporre in vetrina tre giovani, uno per reparto, il ‘95 Akanji in difesa, il ‘96 Zakaria a centrocampo e il ‘97 Embolo in attacco. Akanji è passato a gennaio dal Basilea al Borussia Dortmund e dopo un infortunio si è guadagnato un posto da titolare al centro della difesa. È un difensore molto fisico e molto aggressivo, con un buon controllo del corpo, e la capacità di usare sia il destro che il sinistro sotto pressione.  Zakaria e Embolo, anche loro titolari in Bundes con le maglie di Gladbach e Schalke 04, sono due giocatori meno strutturati ma in prospettiva più scintillanti, considerando il mix di mezzi fisici e mezzi tecnici.

Embolo tira fuori un tunnel di suola dal cappello e risolve una partita complicata.

Se poi volete spiazzare i vostri amici, raccontate loro che Michael Lang, terzino destro riserva di Lichtsteiner, può vantare di far parte di un esclusivissimo club di giocatori che in stagione hanno segnato sia al City che allo United, assieme a Eriksen, Vardy e Lacazette. Se invece preferite lanciarvi in previsioni azzardate, dite loro che questi saranno i Mondiali di Aleksandar Mitrovic, centravanti della Serbia, iperattivo, con problemi di auto-controllo, una serie di fallimenti nel curriculum a dispetto dei soli 23 anni, incontenibile nelle giornate migliori. Con tutto quel talento alle spalle, i palloni da spingere in rete non gli mancheranno.