Prosegue il nostro viaggio nel mondo delle meteore avvistate nel campionato italiano, "bidoni" e delusioni indimenticabili per tifosi e appassionati. Spazio alla quinta puntata con i vari Athirson e Brncic, Domoraud e Kapo: vi sfidiamo a conoscerli tutti
Prosegue il nostro cammino tra le meteore della Serie A: quante stelle annunciate e poi eclissate senza lasciare tracce, quanti giocatori transitati nel nostro campionato fallendo senza appelli. Andiamo alla scoperta degli altri flop "indimenticabili" registrati negli ultimi anni -
ATHIRSON. Un trasferimento lungo mesi quello che nel febbraio 2001 porta il laterale mancino dal Flamengo alla Juventus: l’obiettivo era il costosissimo Roberto Carlos, ecco quindi che l’alternativa proposta da Omar Sivori va in porto. Cinque presenze in metà stagione, poi il ritorno di Lippi in panchina lo confina in Brasile fino alla rescissione del contratto. In realtà Athirson ritaglia un biennio positivo al Bayer Leverkusen prima di sparare le ultime cartucce in patria. Dopo il ritiro è diventato un allenatore lontano dai riflettori -
DRAZEN BRNCIC. Classica meteora del calcio italiano, eppure i tifosi del Milan lo ricordano bene. Centrocampista croato affermato in Belgio e apprezzato tra Cremonese e Monza, entrò nello scambio che vestì Pirlo di rossonero. Storie di plusvalenze, ma tant’è: 0 presenze all’Inter dopo che al Milan ne accumulò una, poi i prestiti all’Ancona e al Venezia fino al ritorno in Belgio dove allena il piccolo Molenbeek. E pensare che nell’operazione Pirlo figurava come parziale contropartita economica pari a 35 miliardi di lire -
OLIVIER KAPO. Poca gloria alla Juventus per l’erede designato di Pavel Nedved, jolly francese di origine ivoriana acquistato nell’estate 2004 dall’Auxerre. Tuttavia se la “Furia Ceca” regala un’annata da applausi il 24enne Kapo raccoglie le briciole (14 gettoni senza gol) e la sfiducia di Capello. A fine stagione passa in prestito al Monaco, ma Torino diventa off limits: lo acquista il Birmingham con 3 milioni di sterline prima di perdersi tra Scozia e Qatar, Francia e Grecia. È svincolato dal luglio 2015 dopo l’ultima parentesi in Polonia -
CYRIL DOMORAUD. Difensore ivoriano applaudito in Francia tra Bordeaux e Marsiglia, decisamente meno apprezzato in Italia a dispetto dell’asta che aveva scatenato. Nell’estate del 1999 se lo assicura l’Inter di Lippi, tuttavia la concorrenza di Blanc lo limita alla miseria di 6 presenze. Dopo il prestito annuale al Bastia si trasferisce al Milan in cambio di Helveg: ebbene in rossonero matura solo un’amichevole estiva prima dell’ingaggio del Monaco. Della serie “Chi l’ha visto?”. Si ritira nell’anonimato in patria nel 2008 -
JUAN PABLO SORIN. Ben prima della meteora Athirson un altro consiglio di Omar Sivori portò in bianconero un 19enne argentino di belle speranze, già capitano dell’U-20 Albiceleste. Eppure l’avventura alla Juventus durò 2 presenze nell’anno del trionfo in Champions con Lippi. Ceduto al River Plate con cui perderà l’Intercontinentale per mano proprio della Juve, Sorin ci riprova nel 2002 con la Lazio fallendo nuovamente. E pensare che in seguito vestirà le maglie di Barcellona, Villarreal e Amburgo togliendosi soddisfazioni -
FABIAN CARINI. Un altro sudamericano dalle fortune relative in Serie A ci riporta al portiere uruguayano, indicato agli inizi in patria come una stella del futuro. Ci crede la Juventus dove nemmeno sfiora Van der Sar prima e Buffon poi, tuttavia entra nello scambio che porta Cannavaro a Torino nel 2004. Riserva o spettatore, fate voi, ma tra Inter (Toldo) e Cagliari (Chimenti) scalda solo la panchina. Inevitabile il ritorno in Sudamerica dove si è ritirato lo scorso gennaio a 37 anni, lui che in Nazionale ha accumulato 74 presenze -
MAGNUS HEDMAN. Più che il suo passaggio ad Ancona resta memorabile il ricordo dell’ex moglie Magdalena Graaf, splendida modella e cantante svedese. Non ce ne voglia l’ex portiere di Coventry e Celtic, acquistato nel gennaio 2004 dai marchigiani dalla classifica disperata: Hedman racimola 3 gettoni, perde il posto in favore di Marcon e torna in Scozia al termine della stagione. Deluso dall’andamento della carriera si ritira a 32 anni non prima di accettare la proposta del Chelsea. In panchina e senza gloria, s’intende -
WILFRIED DALMAT. Fratello minore dell’ex interista Stephane che, salutata l’Italia destinazione Tottenham, spinge il Lecce a scommettere sul 22enne dai trascorsi in Francia. Se i pugliesi di Zeman chiudono il torneo all’11° posto, Dalmat jr racimola la miseria di 7 presenze realizzando un gol inutile complice il 2-1 finale per il Perugia. Tornato al Grenoble l’esterno francese inaugura un pellegrinaggio che tocca Spagna, Belgio (dove vive le stagioni migliori), Turchia e Grecia. Oggi 34enne si diverte in patria in quinta divisione -
RABIU AFOLABI. Anche il Napoli vanta il suo flop d’annata: nell’estate del 2000 gli azzurri di Zeman, poi destinati alla retrocessione, accolgono una schiera di meteore (Saber, Quiroga, Husain e Stojak) tra le quali figura il capitano della Nigeria U-20, difensore esploso allo Standard Liegi. Ebbene Afolabi siede in panchina in 4 occasioni senza mai debuttare, torna in Belgio e si ritrova negli anni tra Austria e Francia. Nel 2011 strappa addirittura un contratto annuale con il Monaco prima di ritirarsi a 33 anni in Danimarca -
HUGO RUBIO. Nell’estate del 1988 a Bologna il ballottaggio era tra due talenti cileni, entrambi attaccanti: il già rodato Hugo Rubio e un 21enne Ivan Zamorano, quest’ultimo destinato al San Gallo dopo il ‘no’ di Maifredi. Se la parabola di Ivan prende subito il via, è piuttosto inesorabile la caduta del connazionale complice uno stop per infortunio lungo 6 mesi. Curiosamente i due cileni si ritrovano compagni in Svizzera, ma di lì a breve l’involuzione di Rubio lo porta al ritiro. Zamorano diventa invece un simbolo nazionale -
DIEGO TRISTAN. Ceduto un totem come Cristiano Lucarelli, quale migliore garanzia dell’ex cannoniere del Deportivo La Coruna? Il Livorno di Spinelli scommette così sul centravanti 31enne, ormai una lontana sentenza nell’area di rigore: un gol contro la Roma in 22 presenze, troppo poco per salvare i toscani dalla retrocessione. ‘Diegol’ rescinde il contratto, convive con i problemi di peso e delude pure nella stagione al West Ham. Decide quindi di svernare nell’amata Andalusia a Cadice, ultima tappa della sua carriera -
WARLEY. Non fatevi ingannare dalla sua squadra attuale (Botafogo-PB), club che nulla ha a che vedere con il più blasonato Fogão. Oggi centravanti 39enne da un decennio sprofondato nelle serie minori brasiliane, Warley sbarca all’Udinese nell’estate del 1999 al prezzo di 9 milioni di dollari. Tre stagioni e altrettanti gol al Friuli, protagonista piuttosto nello scandalo “Passaportopoli” che costa ai bianconeri una multa di 3 miliardi di lire e a lui una squalifica di 12 mesi (pene entrambe dimezzate). Quanto basta per sparire dai radar -
ATSUSHI YANAGISAWA. Superstar in Giappone, pupillo di Zico che lo promuove come suo erede, non pervenuto in Serie A. Dopo gli sfracelli al Kashima Antlers e un gol segnato all’Italia in amichevole, Marotta lo porta alla Sampdoria senza ricevere conferme (14 presenze, 0 gol). Commette lo stesso errore pure il neopromosso Messina dove trova la rete (in Coppa Italia all’Acireale) ma resta a digiuno in campionato condividendo le disgrazie con il connazionale Ogasawara. Si ritira in patria nel 2015 con buona pace di Zico -
ERNESTO FARIAS. Tanti gli attaccanti di spessore valorizzati in Sicilia da Zamparini, ma non è il caso dell’argentino devastante all’Estudiantes. Ribattezzato “El Tecla” a causa della dentatura, Farias raggiunge il Palermo neopromosso in A affiancando i vari Toni, Zauli, Brienza e Possanzini: Guidolin lo schiera per 13 gare, poi a gennaio viene spedito al River Plate. In realtà tra i “Millonarios” e il Porto troverà lo smalto perduto, troppo tardi tuttavia per riabbracciare l’Italia. Lo trovate a 36 anni nell’America de Cali -
MAURO OBOLO. Desideroso di regalare un’alternativa all’infinito Hubner, il Piacenza scova il 21enne argentino che piaceva pure al Napoli. Arriva in prestito dal Velez con un soprannome altisonante (“Ivan il Terribile”) ma ad inquietare sono le sue prestazioni: 7 gettoni in Serie A e nessuna rete con gli emiliani retrocessi. Mesto ritorno in patria dove accumula reti e si guadagna la chiamata dagli svedesi dell’AIK Solna, tappa nella quale si riscatta in chiave europea. Apprezzato in Sudamerica, si è ritirato a gennaio a 35 anni -
DAVOR ČOP. Meteora d’annata quella legata al centravanti croato, acquistato dall’Empoli nel 1987 per spalleggiare lo svedese Ekstroem. Sedotti dai 32 gol accumulati con la Dinamo Vinkovci, i toscani di Salvemini presto si accorgono del suo valore oggettivo (9 gare senza reti) e lo imbarcano in patria. E pensare che la dinastia Čop ha regalato alla Serie A pure il figlio di Davor, Duje, accolto per sei mesi dal Cagliari nella retrocessione del 2015. In realtà è tutt’ora di proprietà dei sardi ma trova spazio in Spagna -
JOHN ALOISI. Aggiungiamo un po’ d’Australia ai nostri flop in Serie A con l’ex attaccante di origine italiane, oggi allenatore del Brisbane Roar. Nel novembre del 1995 lo preleva dall’Anversa la Cremonese di Simoni che subito sogna: gol dopo 2’ nella vittoria contro il Padova, tuttavia Aloisi ritaglia complessivamente 4 reti in due stagioni con altrettante retrocessioni. Si riscatta con gli interessi tra Inghilterra (Portsmouth e Coventry) e Spagna con Osasuna e Alaves, maglie dove conferma quel fiuto del gol smarrito a Cremona -
DJIBRIL DIAWARA. Letale per il labbro di Pippo Inzaghi (ricordate Monaco-Juventus del 1998?), recidivo in Serie A: già tormentato dai cori razzisti del San Nicola, il difensore senegalese venne colpito da Del Grosso ma reagendo se la prese con il barese Garzya. Quattro turni di stop e retrocessione del Torino, squadra che l’aveva blindato dopo le prestazioni nel Principato. Non lo aiuta la fama da bad boy per via di una profonda cicatrice, ma tant’è: i granata lo spediscono al Bolton e al Cosenza, dove a 27 anni abbandona il ring -
ANDREAS ANDERSSON. Incrociato in Champions e travolgente in patria con il Goteborg (19 gol), il centravanti svedese convince il Milan di Capello a sborsare 3 miliardi di lire nel 1997. Sarà l’ambientamento oppure la concorrenza di Kluivert, certo è che il biondo pennellone racimola un gol all’Empoli in 13 partite e viene rapidamente ceduto al Newcastle per una cifra vicina ai 10 miliardi. Una buona plusvalenza per i rossoneri, l’inizio della parabola discendente invece per Andersson che dice basta a 31 anni in Svezia -