Dybala: "Tevez mi convinse a scegliere la Juve"
Serie ADagli inizi in Argentina al tifo per il Boca come papà Adolfo, fino all’arrivo in Italia: "Riquelme il mio idolo, volevo giocare con Carlitos alla Juve. Ho chiesto la maglia a Buffon sono al terzo tentativo… un sogno", ha raccontato l’attaccante a Olé
Prima la doppietta contro il Barcellona, oggi il rinnovo di contratto che lo legherà alla Juventus fino al 2022. E’ un momento magico quello che sta vivendo Paulo Dybala, che nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano argentino Olè ha raccontato le sue emozioni e le sue speranze, a partire da dove tutto ebbe inizio: "Era un giorno di inizio settimana, dovevo allenarmi nel mio villaggio con i miei amici dello Sportivo Laguna Larga. Però quando mi stavo cambiando, mio padre mi disse che quel giorno non mi sarei dovuto allenare lì, che avrei dovuto sostenere un provino a Cordoba, per l’Instituto. Per me passare da un villaggio a una città così importante è stato come realizzare un sogno. Lo abbracciai forte, molto forte, e lo ricordo come se fosse ieri. Lì cominciò davvero tutto".
Papà Adolfo, il Boca, Riquelme
"Mio padre Adolfo giocava a cinque, davanti alla difesa. Lo chiamavano simpaticamente in un modo molto rude, perché giocava più di quantità che di qualità, era molto… rustico, diciamo così. Purtroppo non sono arrivato a vederlo giocare, perché morì prima però ricordo che scambiavamo sempre passaggi col pallone. Nel mio villaggio giocavo da ala a sinistra in un tridente d’attacco come fa Di Maria. Poi ho spostato il mio raggio d’azione sulla trequarti e diventai un enganche, un trequartista centrale. Ma nemmeno quello fu il mio ruolo definitivo perché nell’Instituto l’allenatore Dario Franco mi chiese di giocare da falso nueve. Mi sono trovato benissimo in questa posizione, anche se adesso alla Juve gioco dietro l’attaccante che è Higuain. Il mio idolo rimane un trequartista, anzi il trequartista, Juan Roman Riquelme. Quando ero bambino lo guardavo in televisione e mi piaceva moltissimo. Però mai l’ho visto dal vivo e non l’ho mai potuto conoscere anche se mi piacerebbe ovviamente. Nella mia famiglia non eravamo tutti tifosi del Boca, Riquelme era l’idolo mio e di mio padre".
Da Palermo a Torino
Da quasi due anni alla Juve, a Torino, dopo l’avventura a Palermo: "Nel Sud Italia la gente è più appassionata alla squadra di calcio, così come in Argentina. A Torino ci si può rilassare e vivere con più calma perché i tifosi ti chiedono foto però cercano di disturbarti il meno possibile; se vedono che stai cenando ad esempio evitano. A Torino posso camminare per le vie della città senza problemi, vivo nel centro della città e la sera mi piace uscire per camminare un po’. La gente mi incontra, mi vede, solo in pochi mi fermano, la maggior parte mi saluta da lontano e niente più. A Palermo era diverso, un giorno ho vissuto qualcosa di particolare: dopo aver firmato con la Juve, tornai a Palermo perché mi mancavano i miei amici della Sicilia. Andammo in spiaggia e quando stavo per uscire dal mare, ho visto che tutta la gente mi stava aspettando a riva. Me ne sono dovuto andare…", ha raccontato l’argentino.
Una chiamata speciale
E ancora: "Tevez era un idolo per me che da bambino tifavo per il Boca Juniors, quando mi dissero per la prima volta che la Juventus - dove giocava Carlitos - era interessata a me non ci ho pensato un attimo a dire sì ai bianconeri. Io ero ancora nel Palermo e a un certo punto mi chiamò proprio Tevez. Mi disse che sapeva che la Juve mi stava per comprare e lui non vedeva l’ora di giocare con me. La prima cosa che io gli dissi fu: 'Carlos, ma tu rimani o no?' perché già si diceva che io avrei dovuto colmare il vuoto che lasciava lui e invece io volevo tanto giocare con lui. Alla fine ciò che si diceva era vero… Avrei dovuto prendere il suo posto mentre lui andò al Boca Juniors. Ma decisi ugualmente di andare alla Juve".
La maglia di Buffon e il 21 di Pirlo
"Il mio sogno era scambiare la maglietta con Buffon che adesso è il mio capitano - aggiunge Dybala - la prima volta che lo affrontai mi avvicinai a lui ma poi mi fermai: 'Che faccio? Gliela chiedo o no?', mi chiesi e alla fine mi sono un po’ inibito. La seconda volta che l’ho affrontato, poi, ho fatto la stessa cosa… Mentre la terza mi sono deciso! 'Ce la scambiamo?', gli chiesi, e lui disse di sì. Fu indimenticabile. Un’altra maglia che volevo avere era quella di Pirlo. Quando gliela chiesi, però, mi rispose che già l’aveva promessa a un altro mio compagno. Questo mio compagno, tuttavia, vide che io ci tenevo tanto e me la diede. Oggi quella maglia numero 21 di Pirlo è incorniciata e appesa su un muro di casa mia e adesso il suo 21 lo indosso io. In realtà avrei voluto la numero 9 ma ce l’aveva Alvaro Morata. La 21 era stata liberata proprio da Pirlo che intanto aveva lasciato la Juve. Così la scelta è stata semplice".