Serie A, le 8 cose da seguire della 19^ giornata

Serie A

Alfredo Giacobbe e Fabio Barcellona

Quanto mancherà Belotti al Torino, l'incredibile forma dell'Udinese e le sfide tattiche di Fiorentina-Milan. Queste e altre domande su questo sabato di campionato

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ROMA-SASSUOLO LIVE

Cosa non va nella difesa dell’Inter?

Da bunker inviolabile a colabrodo: la difesa dell’Inter ha vissuto nelle ultime giornate un “plot twist” degno del miglior kolossal hollywoodiano. E contro la Lazio, Spalletti dovrà anche fare a meno di Miranda e D’Ambrosio, fermati da alcuni problemi fisici. Ci sono però alcuni dettagli nella fase difensiva, che se curati opportunamente, possono ridare solidità ai nerazzurri. È curioso notare come le reti subite nelle ultime uscite abbiano molti tratti in comune. L’Inter ad esempio fa fatica ad assorbire la transizione negativa, specie se questa si sviluppa sul fianco sinistro dei nerazzurri.

Se si guarda l’azione da cui nasce il gol del Sassuolo (nell’immagine qui sotto), si nota come D’Ambrosio affonda il tackle con troppa precipitazione, facendo diventare troppo facile per Politano saltarlo ed aprirsi così una prateria. Anche la posizione di Gagliardini è forse troppo avanzata, e troppo centrale, per riuscire ad offrire una copertura efficace al terzino. Così Politano si invola, con il volenteroso Brozovic che prova a stargli dietro, e riesce a crossare sul secondo palo dove Falcinelli si inserisce tra Skriniar e Cancelo.

La distanza tra terzino e centrale è un altro tema che sicuramente avrà impegnato i nerazzurri negli ultimi allenamenti. Contro il Cagliari, un cross dalla trequarti di Faragò ha trovato Pavoletti libero tra Skriniar e D’Ambrosio. E anche nell’azione del gol che ha rotto l’equilibrio in Inter-Udinese, Lasagna è sfilato alle spalle di Skriniar in area di porta e su di lui non si è portato tempestivamente D’Ambrosio, che ha ritenuto di dover restare largo per schermare Jankto alle sue spalle, nonostante il centrocampista ceco fosse ben più defilato del compagno.

Anche se guarda il gol subito contro il Torino (nell’immagine qui sopra) quasi due mesi fa si nota come il fianco scoperto dell’Inter sia sempre lo stesso: in quel caso è il gioco a due tra De Silvestri e Iago Falque a costringere Nagatomo ad allargarsi e Gagliardini ad avanzare. Lo spazio che si viene a creare è incolmabile per Miranda, destinato a soccombere nell’uno contro uno con un giocatore brevilineo come Iago Falque. Si tratta di piccoli dettagli, ma che possono fare una grande differenza.

Fiorentina e Milan vivono momenti opposti.

Fiorentina e Milan giungono allo scontro diretto in momenti molto diversi del loro campionato. I primi non perdono ormai da 6 partite e da ben 4 non subiscono gol, e nella striscia di imbattibilità sono compresi i due prestigiosi pareggi esterni contro Lazio e Napoli In questo momento la Fiorentina è a un solo punto dal settimo posto in classifica, che verosimilmente varrà la qualificazione ai preliminari di Europa League. Il Milan, viceversa, viene dal clamoroso 3-0 subito a Verona e dalla sconfitta interna contro l’Atalanta. La sostituzione di Montella con Gattuso non sembra aver portato alcun beneficio: i 4 punti in 4 partite hanno peggiorato il rendimento della squadra e, oltre ad ingenerare ulteriore confusione, il cambio di allenatore ha impoverito tatticamente la squadra.

La Coppa Italia, però, potrebbe aver cambiato gli entusiasmi delle due squadre: la Fiorentina è stata eliminata dalla Lazio, mentre il Milan ha vinto ai supplementari il derby contro l’Inter.

Ma l’aspetto più importante della sfida di oggi sarà senz’altro il confronto sul piano tattico. Da una parte il progetto chiaro e coerente di Stefano Pioli, dall’altra la discontinuità dei rossoneri causata dall’esonero di Montella in nome della ricerca immediata dei risultati (necessari, va detto, per la tenuta globale dell’operazione Milan). Pur avendo progressivamente mutato il modulo, Pioli ha lasciato invariati i principi di gioco della sua squadra. Il tecnico viola aveva iniziato il campionato schierando i suoi giocatori con il 4-2-3-1, tramutatosi successivamente in 4-3-3 con lo spostamento di Benassi dal ruolo di esterno a quello più naturale di mezzala destra.

Complice, probabilmente, l’assenza del centrale titolare Pezzella, nell’ultima giornata di campionato e in Coppa Italia contro la Lazio il tecnico ha infine disegnato un 3-5-1-1 con Federico Chiesa impegnato a coprire l’intera fascia. Con il rientro previsto di Pezzella, quindi, il tecnico viola dovrà scegliere se tornare a schierare una linea arretrata di 4 uomini o se confermare la linea a 3. Quello che è certo è che la Fiorentina giocherà in ogni caso il suo caratteristico calcio, parecchio aggressivo in ogni aspetto del gioco. In fase di non possesso, i viola attuano con continuità un pressing offensivo molto ambizioso, che richiede una squadra sempre corta e una difesa alta. Anche la fase di transizione offensiva è giocata con grande aggressività ed è votata al recupero immediato del pallone e a una successiva rapida e verticale ripartenza.

La riaggressione alta della Fiorentina soffoca il Cagliari: qui Barella è costretto a giocare dalla linea di fondo da Chiesa, Badelj e Simeone. Il giovane centrocampista del Cagliari si rifugerà da Cragno, che riconsegnerà con un rilancio casuale il pallone alla Fiorentina

In coerenza con il gioco senza palla, la fase di possesso non conosce troppe fasi d’attesa ed è orientata alla costante ricerca della verticalità. In quest’ottica sono fondamentali le transizioni palla al piede sull’esterno di Federico Chiesa e gli smarcamenti tra le linee di Cyril Thereau. La poca costanza nei risultati dei viola, oltre che da un naturale processo di crescita di una squadra rinnovata radicalmente sia nella guida tecnica che nella rosa, dipendono anche da un calcio spettacolare, giocato sino ad adesso anche abbastanza bene, ma che rifiuta ogni forma di controllo del ritmo e delle tendenze della partita.

Purtroppo per Rino Gattuso, le caratteristiche dei viola sembrano potere essere particolarmente indigeste per il Milan attuale. Dopo il 3-4-3 schierato al suo esordio a Benevento, il tecnico ha virato verso un 4-3-3 piuttosto scolastico. I rossoneri non sono mai in controllo della partita e il bilanciamento del loro gioco non è mai ottimale. In particolare, la squadra non riesce ad attaccare efficacemente tenendo le corrette distanze tra i giocatori e gran parte delle sue fortune offensive continuano a passare dai piedi di Suso, troppo isolato e ormai troppo noto agli avversari. Per aumentare il peso dei suoi attacchi il Milan è costretto a sbilanciarsi rendendosi vulnerabile alle ripartenze avversarie.

La vulnerabilità del Milan sulle ripartenze avversarie

Le cose non vanno molto meglio con la difesa schierata, dove oltretutto il Milan non riesce a uscire con ripartenze manovrate. Dopo 7 partite ufficiali non è ancora chiara quale voglia essere l’identità tattica della squadra di Gattuso e la partita con la Fiorentina rischia, ancora una volta, di evidenziare le tante debolezze dei rossoneri: la continua aggressività nel cercare il recupero del pallone della squadra di Pioli può minare la fragili certezze tecniche e gli scarni meccanismi della costruzione di gioco del Milan; la verticalità offensiva e la velocità di calciatori come Chiesa sull’esterno e Simeone nel cuore della difesa può essere letale per una difesa che soffre le transizioni rapide avversarie.

Sarà probabilmente una partita in cui nessuna delle due squadre avrà il pieno controllo del pallone e degli spazi. Per questo potrebbe avere la meglio la Fiorentina, per la quale la mancanza di controllo è una scelta strategica; rischia invece di soccombere il Milan, per cui lo scarso controllo degli andamenti dei match è sinonimo di confusione e incapacità. A meno che il derby vinto pochi giorni fa non sia l’episodio capace di cambiare il senso della loro stagione, con l’iniezione di entusiasmo fornita che faccia andare tutte le tessere del puzzle rossonere al posto giusto.

La Roma cerca risposte contro il Sassuolo

La partita persa a Torino contro la Juventus ha lasciato sensazioni contrastanti sul momento della Roma e, più in generale, sul valore dei giallorossi. Costretti dalla strategia di Allegri e dal gol precocemente subito da Benatia a fare la partita e ad affrontare la difesa schierata della Juventus, gli uomini di Di Francesco hanno mostrato i limiti già noti nelle fasi di attacco posizionale. In aggiunta, il pressing romanista non è riuscito a vincere la sfida contro la costruzione dal basso bianconera, esponendo con continuità la squadra alle pericolosissime ripartenze lunghe della Juventus. Per ampie fasi del match la Roma è sembrata impotente contro la strategia tattica e la strabordante fisicità della squadra di Allegri, pur rimanendo in partita (complici un paio di errori difensivi degli avversari) e arrivando alla fine a una traversa e a un piede di Szczesny dal pareggio, confermando l’impressione che quella di Di Francesco rimane una squadra solida e dalle idee chiare ed ostinate.

La qualità difensiva e il livello di atletismo del Sassuolo non sono certo paragonabili a quelli della Juve, ma la squadra di Iachini possiede caratteristiche che la Roma ha mostrato di soffrire. Contro il Sassuolo i giallorossi si troveranno ad affrontare nuovamente una difesa schierata posizionalmente e una squadra disposta con il 4-3-3. Iachini, subentrato a Bucchi, con estremo pragmatismo ha abbandonato 3-4-3 disegnato all’esordio, perdente, contro la Fiorentina, per mettere in campo la vecchia guardia della squadra secondo il conosciutissimo 4-3-3 costruito proprio da Di Francesco,declinato però in maniera più prudente. Il Sassuolo ha così ottenuto 3 vittorie consecutive, raccogliendo gli scalpi di Sampdoria e Inter.

La posizione stretta di Schick attira Alex Sandro al centro liberando lo spazio per l’inserimento di Florenzi

La Roma dovrà ancora una volta trovare una soluzione al problema della gestione del pressing contro il mediano di un centrocampo a 3, che tende a creare buchi alle spalle della pressione e a gestire le ripartenze di un tridente ficcante e veloce come quello costituito da Berardi, Falcinelli e Politano. I problemi maggiori però potrebbero ancora venire dal dovere attaccare in spazi stretti e contro una struttura difensiva che, ripiegando in un 4-5-1, è in grado di contrastare bene le catene laterali, fondamentali nel gioco offensivo dei giallorosse.

Chissà se le risposte per la Roma non giungano proprio da Patrick Schick; al di là del gol sbagliato all'ultimo minuto, il ceco, nei suoi pochi minuti di impiego a Torino ha regalato al gioco d’attacco della sua squadra una dimensione interna, alle spalle delle mezzali avversarie, che è stata fondamentale per aprire spazi nella difesa juventina, fino a quel momento praticamente impermeabile. Il pieno inserimento di Schick nei meccanismi di gioco di Di Francesco potrebbe costituire la soluzione ai problemi della Roma nel trovare soluzioni offensive efficaci in fase di attacco posizionale.

L’incredibile stato di forma dell’Udinese di Oddo

L’Udinese è una squadra da scudetto. O almeno lo sarebbe, se i bianconeri friulani riuscissero a mantenere le marce alte, innestate da quando Massimo Oddo è arrivato in panchina. Ovviamente non sarebbe possibile ma va sottolineato l’incredibile stato di forma della squadra friulana, che nelle ultime 5 giornate ha fatto più punti (12) di tutte le altre squadre del campionato esclusa la Juventus (13). Dall’inizio della stagione fino all’esonero di Delneri, l’Udinese ha segnato una media di 1,5 reti a partita, subendone 1,9. Con Oddo, la media dei gol segnati a partita è salita a 2,4, mentre le reti subite sono scese a 0,4.

Le statistiche molto dello stile della nuova Udinese e lasciano intravedere cosa ci sarà nel futuro dei bianconeri. La squadra di Oddo gioca il pallone durante la partita per lo stesso tempo e le sue percentuali di possesso palla non sono cambiate rispetto alla precedente gestione: è arretrato invece il baricentro, si difende più bassi per attaccare con delle transizioni lunghe. Questo aspetto tattico non deve far pensare ad una squadra rinunciataria, perché l’Udinese è aggressiva e reattiva nel cercare la riconquista alta del pallone, durante l’impostazione bassa degli avversari, prima di ripiegare all’indietro. Infatti le statistiche raccontano di un numero di palloni riconcquistati nella metà campo avversaria in aumento (passati da 10,3 a 14,8 in media a partita), di pari passo con l’aumento dei tackle vincenti (da 10,3 a 14,7).

Gli Expected Goals sono una statistica avanzata che misurano la bontà della produzione offensiva di una squadra e la sua capacità di annullare gli attacchi avversari: in attacco l’Udinese produce più pericoli, è passata dal generare 0,91 xG a partita con Delneri ai 1,61 xG con Oddo, segnando un eccezionale +77%. L’aspetto difensivo è anch’esso migliorato, anche se in maniera più moderata: gli xG concessi sono ora 1,16 di media a partita, contro gli 1,30 xG precedenti (+11%). Quindi gli xG ci dicono che quanto fatto dall’Udinese è stato sostenuto da una buona qualità offensiva, ma da una appena discreta qualità difensiva. I numeri dell’Udinese potrebbero peggiorare se gli attaccanti avversari dovessero ritrovare precisione: nelle ultime 5 giornate solo il 3% dei tiri scagliati verso la porta di Bizzarri è diventato un gol. Una media questa che in tutto il campionato neanche Roma, Inter o Juventus sono riuscite a tenere.

Come procede la crescita di Kean?

Nelle rotazioni imposte da Pecchia, che alla ricerca della quadra continua ad alternare uomini e schemi partita dopo partita, Moise Kean ha trovato il suo spazio: 663 minuti in campionato, sparpagliati in 13 presenze, 6 delle quali partendo nell’undici titolare. Proprio a causa del minutaggio, comunque limitato, i due gol segnati non devono abbagliare (qualcuno ricorda ancora l’esordio prodigioso di Kelechi Iheanacho in Premier League?). Infatti già gli Expected Goals suggeriscono che un attaccante più “scafato” di Kean avrebbe dovuto ricavare il doppio dei gol dalle conclusioni effettuate dal veronese. Peccati di gioventù, per un attaccante che sta comunque dimostrando di valere la categoria, almeno nei ranghi di una neopromossa.

L’abilità tecnica di Kean non è in discussione, la sensibilità che ha con entrambi i piedi è a dir poco straordinaria. Oltre alla tecnica, Kean sta accrescendo il suo bagaglio di conoscenze tattiche e partita dopo partita i suoi movimenti sono sempre più utili alla squadra: quando viene incontro, protegge la palla, anche sotto pressione, fino a cercare lo scarico più utile alla manovra; quando si spinge in profondità, crea spazio per l’inserimento profondo della mezzala o per l’esterno che entra nel campo. Oltre a questo, la freddezza con la quale un ragazzo della sua età tiene a bada l’istinto, preferendo una giocata semplice ad una più estrosa, è lodevole.

Il salto che Kean è tenuto a fare nelle prossime partite è soprattutto a livello di tenuta mentale: se il suo comportamento con la palla ha poche lacune, non si può dire lo stesso del suo atteggiamento in fase di non possesso. Troppo spesso, poi, sembra tagliato fuori dallo sviluppo della partita. Kean deve anche migliorare nel gioco aereo: potrebbe ancora crescere di statura (è alto 181 centimetri), ma sicuramente un giocatore con la sua forza potrebbe migliorare ancora la sua elevazione. Quindi Kean è lontano dall’essere un giocatore completo, ma ha soli 17 anni e i suoi margini di miglioramento futuri, almeno oggi, sono totalmente impronosticabili.

Sampdoria-SPAL è una partita ricca di spunti tattici

La Sampdoria non vince in campionato dal 19 novembre, giorno in cui i blucerchiati sconfissero la Juventus: da allora la squadra di Giampaolo ha collezionato 4 sconfitte, riuscendo solo a pareggiare a Cagliari. All’ultima giornata la Samp ha perso a Napoli andando per due volte in vantaggio. La sconfitta a Napoli è per certi versi paradigmatica della coerenza portata alle estreme conseguenze del gioco di Giampaolo: i primi 2 gol subiti nascono infatti da 2 palle perse al limite dell’area per via della ricerca, ostinata in ogni occasione, di una costruzione bassa palleggiata, anche contro l’efficacissimo pressing ultra-offensivo del Napoli.

Con un gioco così caratterizzato, le qualità e i difetti della squadra di Giampaolo sono evidenti e gli avversari adattano le loro strategie di gioco per limitare le prime ed evidenziare i secondi. Anche la SPAL adotta uno stile di gioco perfettamente riconoscibile: Leonardo Semplici ha impostato la sua squadra con un 3-5-2 di ispirazione contiana. In fase di possesso palla la SPAL si affida a una paziente circolazione bassa utilizzando in prevalenza il rombo costituito dai 3 centrali difensivi e dal mediano Viviani. La qualità della costruzione arretrata è elevata per una squadra che sta lottando per retrocedere, tanto da avere messo in difficoltà anche l’eccellente pressing del Napoli. Per questo una prima sfida tattica importante sarà quindi quella tra il pressing offensivo della SAMP e la circolazione bassa della SPAL.

In fase difensiva il 3-5-2 della squadra di Semplici occupa naturalmente il centro del campo, dove i blucerchiati desiderano sviluppare il gioco d’attacco con il loro rombo. Oltre ad intasare il centro, il 3-5-2 può disegnare facilmente una serie di marcature a uomo nella zona contro il rombo avversario, disponendo le due punte in verticale e abbassandone una sul mediano avversario. È prevedibile, quindi, che il grosso affollamento del centro del campo in fase di possesso palla della SAMP.

Il secondo confronto tattico sarà pertanto tra la volontà dei blucerchiati di attaccare per vie interne e quella della SPAL di dirottare la squadra di Giampaolo sulle fasce. In attacco Semplici vuole che la sua squadra svuoti il centrocampo: se il pallone riesce a circolare bene utilizzando solamente il rombo arretrato, gli esterni possono alzarsi per occupare l’ampiezza e le mezzali attaccano gli spazi intermedi ai fianchi delle 2 punte schierate vicine e destinatarie del passaggio d’innesco della fase di rifinitura e finalizzazione. L’utilizzo delle fasce e gli inserimenti profondi delle mezzali sono potenzialmente due armi offensive scomode per una fase difensiva che tende a coprire male l’ampiezza con il rombo di centrocampo e che gioca una zona pura che non prevede che i centrocampisti si abbassino sulla linea difensiva.

Se la SPAL riuscisse a vincere il pressing della SAMP e a giocare con continuità un possesso palla consolidato, un’ulteriore scontro tattico potrà essere quello tra l’ampio e verticale attacco dei ferraresi e la zona pura che protegge il centro dei doriani.

A scontrarsi saranno due squadre dall’identità tattica molto chiara e definita. Se vi piace vedere in campo lo scontro tra due idee precise e diverse di calcio, Sampdoria-SPAL è la vostra partita.

Quanto manca Belotti a Mihajilovic

La stagione di Andrea Belotti per ora è molto distante da quella passata, conclusa con 26 gol e 8 assist in 35 partite e una richiesta inevasa di 100 milioni di euro per la sua cessione. Il Gallo aveva cominciato bene, realizzando 3 gol nei primi 7 match, ma l'infortunio di inizio ottobre lo ha tenuto fuori per circa un mese e al suo ritorno non è parso in piena forma. È possibile che le cause della scarsa brillantezza di Belotti vadano ricercare in un rientro affrettato dall’infortunio, dettato dalla volontà di partecipare ai play-off mondiali con la Nazionale (paradossale se si considera che il suo contributo nella partita in Svezia, nei 27 minuti giocati a San Siro, non è stato granché).

Nelle partite disputate con il Torino dopo il problema al ginocchio, Belotti è andato in rete solo una volta, segnando il gol della bandiera nella sconfitta contro il Napoli. Il “Gallo” è un attaccante le cui fortune ricadono in gran parte sulla fisicità che riesce a esprimere in campo, utilizza il proprio corpo per frapporsi tra il suo marcatore e il pallone e possiede gambe forti per allungare palla al piede sia sul corto che sul lungo. Anche le sue doti acrobatiche in area esprimono più forza che coordinazione. Proprio per le sue peculiari caratteristiche le prestazioni di Belotti sono fortemente influenzate dalle sue condizioni atletiche, che non hanno mai raggiunto il massimo in questa stagione.

Nonostante questo, il suo contributo alle prestazioni offensive del Torino rimangono fondamentali: nelle 3 partite giocate senza Belotti il Torino ha raccolto un solo punto, conquistato con il pareggio strappato all’ultimo minuto al Crotone. Nelle altre 2 partite senza il Gallo, giocate contro Fiorentina e Roma, il Toro ha collezionato la miseria di 5 tiri in ognuno dei 2 match, di cui nessuno nello specchio della porta. Pur in presenza di un deciso declino delle prestazioni realizzative, Belotti rimane fondamentale per dare incisività e presenza fisica all'attacco della sua squadra.

Il sostituto, Sadiq, ha ampiamente deluso ed è sulla lista dei partenti di gennaio. Contro il Genoa giocherà centravanti Niang, che ha già giocato al centro dell’attacco nel Genoa di Gasperini, mostrando insospettabili miglioramenti nel gioco spalle alla porta che il tecnico ora all’Atalanta richiede alle sue punte centrali. Il contesto tattico creato da Gasperini, però, è molto distante da quello del Torino e il rendimento di Niang al posto di Belotti, resta da verificare. Rimane però la curiosità di osservare la sua prestazione in un ruolo tutto sommato nuovo, ma in cui pareva in grado di esplodere definitivamente. Il Torino ha un disperato bisogno di un sostituto di Belotti.

Il Cagliari sta scivolando verso la Serie B… perché?

Lo scorso anno il Cagliari ha fatto le sue fortune sul ruolino tenuto tra le mura domestiche: la differenza di classifica tra i punti conquistati in casa, per i quali il Cagliari era a ridosso della zona UEFA, e quelli presi in trasferta, per i quali i rossoblu avrebbero rischiato la retrocessione, era a dir poco clamorosa. In Europa, il primato di una tale differenza tra la performance casalinga e quella lontano da casa, il Cagliari lo divideva col Bastia, guarda caso un’altra squadra isolana.

Quest’anno il Cagliari ha già subito 5 sconfitte alla Sardegna Arena  sconfitte, tante quante ne aveva subite in tutto lo scorso campionato. La produzione offensiva domestica da un anno all’altro non è cambiata di molto, per volume (inteso come numero di tiri) né per qualità (inteso per valore degli Expected Goals). È cambiata drasticamente la precisione sotto porta degli attaccanti: in tutta la scorsa stagione, il Cagliari ha messo in rete il 15% del totale delle conclusioni verso la porta; quest’anno, finora, la percentuale si è abbassata al 7,7% e solo Benevento, Milan e Sassuolo fanno di peggio. In pratica, la freddezza in area di rigore che avevano cumulativamente raggiunto Borriello e Sau era superiore a quella di Higuain e Dybala. Una cifra fuori norma che quest’anno è rientrata sui livelli consoni al valore dei giocatori delle squadre in questione.

Per intenderci: difficilmente Borriello avrebbe avuto un’altra stagione da 20 gol. Pavoletti non sta performando al di sotto delle attese, anzi, se guardiamo alle statistiche nel suo complesso e non solo ai gol, la stagione di Pavoletti è paragonabile in questo momento a quella di Petagna o di Dzeko. Semplicemente il Cagliari ha raccolto forse più di quanto avrebbe meritato lo scorso anno e ora sta tornando alla normalità.