La sfida europea tra Fiorentina e Lazio, gli scontri salvezza, l'attesa per una nuova doppietta di Diabaté e altre cose importantissime da seguire nel turno infrasettimanale
1. Quanto ci piace questa nuova Fiorentina
Nel corso della striscia positiva che ha trascinato un po’ a sorpresa la Fiorentina al settimo posto, oltre all’orgoglio di una squadra ferita da un’assurda tragedia, sono emerse anche le raffinate doti da organizzatore di gioco di Stefano Pioli. La Fiorentina si è riorganizzata intorno a un 3-5-1-1 asimmetrico, molto flessibile in base allo schieramento avversario, in cui stanno emergendo Vitor Hugo e il giovane Milenkovic, schierati ai lati di Pezzella in difesa. Chiesa, invece, parte largo a destra, qualche metro più indietro rispetto alla prima parte di campionato: in questo modo viene spesso cercato in isolamento, con la possibilità di andare all’uno contro uno con l’avversario di fascia, e con più campo da sfruttare è diventato ancora più difficile da contenere.
La più grande novità è Riccardo Saponara, impiegato nel ruolo di trequartista alle spalle di Simeone o Falcinelli. Rispecchiando la filosofia del suo allenatore e le caratteristiche dei suoi uomini migliori, la Fiorentina propone un calcio intenso e diretto, che poggia sulla compattezza del blocco difensivo e sulla rapidità delle transizioni. Saponara ha la visione di gioco e la qualità per verticalizzare rapidamente quando la Fiorentina vuole mangiarsi la metà campo avversaria, ma anche il senso di controllo per mettere “pausa” il gioco, dando così il tempo ai compagni di salire e accompagnare l’azione.
Saponara si defila sulla fascia per ricevere il lancio della difesa, dà un’occhiata a Simeone che però è in evidente fuorigioco, allora protegge pazientemente il pallone in attesa delle sovrapposizioni.
Il suo contributo è simile a quello di Luis Alberto nella Lazio, un’altra squadra che ha costruito le sue fortune su un 3-5-1-1 molto elastico. Il confronto tra i due trequartisti rappresenterà una sfida nella sfida, e vedremo chi meglio dell’altro riuscirà a mettere ordine nella fascia centrale del campo, che si preannuncia particolarmente intasata.
2. La Roma continuerà con il 3-4-3 anche con il Genoa?
Dopo l’incredibile rimonta con il Barcellona, Eusebio Di Francesco aveva spiegato il suo cambio di modulo come una misura scelta appositamente per contrastare i blaugrana. Qualcosa che aveva “studiato di notte” e che sembrava poter avere vita breve. Pochi giorni dopo, però, ha confermato il 3-4-3 e quasi esattamente gli stessi undici giocatori (escluso Florenzi) per affrontare la Lazio nel derby. Il nuovo modulo sembra permettere alla Roma un controllo migliore alla Roma sulle partite, con un equilibrio maggiore e diversi giocatori nelle migliori condizioni per esprimersi: Manolas può esaltarsi nella copertura della profondità ed è aiutato da Fazio e Juan Jesus in impostazione; Kolarov e Florenzi hanno le spalle più coperte mentre Schick può finalmente stare in posizione centrale ma non isolato, con Dzeko che può muoversi più liberamente e avere un’influenza maggiore.
Rimane un problema di creatività in fase offensiva, quando la Roma fatica a portare molti giocatori in area, ma con il 3-4-3 quantomeno non si cercano più soluzioni troppo complesse sulle catene laterali, ma la Roma va più direttamente in verticale, verso i due riferimenti centrali (Schick e Dzeko). Così facendo si esalta anche quella che è forse la caratteristica migliore del gioco di Di Francesco: il pressing alto, la conquista delle seconde palle. Il 3-4-3, insomma, sembra assecondare un’identità verticale più coerente, ma al contempo ha il prezzo di trascurare alcuni giocatori che erano stati fondamentali fin qui nella Roma: Perotti, El Shaarawy, Under e anche Nainggolan, non del tutto a proprio agio in quella posizione ibrida di trequartista di sinistra.
Un altro dei problemi della Roma con il nuovo modulo: Schick è troppo timido nei movimenti per offrire linee di passaggio, Dzeko allora prende letteralmente il suo posto.
Inoltre va detto che la Roma non è stata costruita per giocare con quel modulo: non ha abbastanza centrali difensivi né abbastanza attaccanti centrali. Il ruolo ricoperto ora da Nainggolan, in più, sembra impossibile per chiunque altro in rosa. Per questo la Roma potrebbe affrontare il Genoa tornando al 4-3-3. Come hanno dichiarato sia Di Francesco che i giocatori. Ma conterà comunque di più l’applicazione mentale: non è chiaro se la Roma soffrirà l’impegno psicologico delle semifinali di Champions League, mollando un po’ la presa sul campionato, oppure se vivrà d’entusiasmo riflesso fino alla fine. La partita contro il Genoa, molto più del derby, ci darà una risposta realistica.
3. L’Atalanta alla ricerca della continuità e il Benevento senza niente da perdere
Il doppio impegno tra campionato ed Europa League ha costretto l’Atalanta a costruire una rosa più lunga del solito, ma non è stato sufficiente a garantire continuità di rendimento in una fase della stagione condizionata di assenze pesanti. Anche contro il Benevento mancheranno gli infortunati Palomino, Spinazzola, Ilicic e Rizzo, oltre allo squalificato Tolói, mentre Petagna ritornerà dalla squalifica per consolare parzialmente Gasperini. In panchina contro il Benevento ci saranno soltanto cinque giocatori di movimento, tra cui i giovani Bastoni, Haas e Barrow che hanno fin qui giocato solo poche manciate di minuti.
Le rotazioni cortissime hanno avuto un peso specifico nel recente pareggio casalingo contro l’Inter. L’Atalanta ha giocato un primo tempo di grande personalità e qualità, chiuso con quattro occasioni nitide per passare in vantaggio, il 55.4% di possesso palla e un totale di 11 tiri verso la porta di Handanovic. Nel secondo tempo, senza che Spalletti apportasse modifiche sostanziali al suo piano gara, l’Atalanta è progressivamente scomparsa dalla partita, limitandosi al 42.8% di possesso palla e dimezzando a 5 il conto dei tiri totali, nessuno dei quali ha centrato lo specchio della porta.
La migliore occasione della partita dell’Atalanta: i movimenti spalle alla porta di Gómez creano lo spazio da attaccare; l’Atalanta muove il pallone solo di prima intenzione e libera Cristante alle spalle di Borja Valero, che manderà in porta lo stesso Gómez.
Come noto, il gioco di Gasperini è molto dispendioso e attinge il massimo dalle energie fisiche e nervose di ciascun giocatore. Potrebbe anche bastare il minimo sindacale per vincere la resistenza del Benevento, la difesa più permeabile del campionato, specialmente in transizione.
In ogni caso, sarà interessante vedere il sistema di marcature di Gasperini confrontato con il palleggio della squadra di De Zerbi. Si tratta di due dei migliori allenatori, per una partita non di cartello tra una squadra che lotta per rientrare nella zona Europa League e una già retrocessa. A dimostrazione della profondità a cui arriva la qualità tattica del calcio italiano.
4. Che fine ha fatto Strinic? Tornerà in Sampdoria-Bologna
La Sampdoria deve assolutamente provare a vincere contro il Bologna per continuare a inseguire il settimo posto. Per l’occasione, Giampaolo dovrebbe riproporre Ivan Strinic sulla fascia sinistra. Quella di Strinic è una delle sottotrame più misteriose del campionato: dopo aver giocato da titolare 14 delle prime 21 partite di campionato, è completamente scomparso dai radar. La sua ultima apparizione corrisponde all’incirca con l’ufficialità dell’accordo con il Milan (per il prossimo anno), arrivata durante i primi giorni di febbraio.
Quando è stato interrogato nel merito, Giampaolo ha risposto con una certa vaghezza. Ha detto di essere stato costretto a toglierlo dalla squadra perché «aveva un problema fisico. Da allora ha perso sicurezza e serenità, anche per via del mercato», mettendo sullo stesso piano la condizione atletica e la condizione mentale del giocatore. Di recente ha accennato che «Strinic ha avuto problemi di natura fisica, è dimagrito e ha perso massa», senza però chiarire la causa del disagio, che per quanto traspare dalle sue parole sembra essere di natura psico-fisica.
Nel frattempo, sulla fascia sinistra, non ha certo fatto faville Murru, suo sostituto designato e unico terzino sinistro di ruolo rimasto alla Samp. Murru è stato costretto ad uscire per infortunio durante il Derby, e a quel punto Giampaolo aveva come unica opzione quella di riportare Vasco Regini alla sua posizione originale di terzino: anche questo esperimento, però, non ha funzionato, e la Samp è rimasta a secco di gol nelle ultime due partite.
Se dimostrerà una condizione accettabile, Strinic potrebbe avere da subito un impatto significativo. Nell’architettura di Giampaolo il ruolo del terzino è il più delicato, oltre che il più dispendioso: in difesa deve conoscere e seguire i movimenti della linea, in attacco deve muoversi a tutte le altezze del campo e interagire con qualità all’interno dei triangoli che vanno formandosi. Per tutta la prima parte di stagione, Strinic è stato il miglior interprete del ruolo nella rosa della Samp, ora il suo ritorno si preannuncia provvidenziale.
La heatmap di Strinic in questa stagione ne sottolinea la presenza a tutto campo, con un’influenza che si estende fino ai margini dell’area di rigore avversaria (via Wyscout).
5. Il Crotone ha troppi problemi e uno di essi è la Juventus
Nell’ultimo mese, il Crotone ha dovuto fare i conti con numerosi infortuni e si è cacciato in una situazione complicata, con un punto da recuperare sulla Spal, gli scontri diretti a sfavore e un calendario assai ostico da qui alla fine del campionato. L’assenza più pesante per i calabresi è quella di Benali, che rimarrà in infermeria per il resto della stagione. Zenga ha avuto difficoltà anche a pescare uomini dalla panchina, in virtù degli infortuni che hanno tenuto fuori a settimane alterne Rohdén e Izco, e non si è fidato fin qui particolarmente del giovane Zanellato.
Alla ricerca di soluzioni alternative, in allenamento ha provato Stoian nell’inedita posizione davanti alla difesa, ma alla fine si è presentato a Genova schierando in quel ruolo un’opzione più conservativa come Ajeti. Il Crotone ha dovuto rinunciare a una manovra più elaborata, ha provato a saltare il centrocampo e a muoversi soprattutto per vie laterali (Ajeti è stato sostituito a fine primo tempo con il misero score di 6 passaggi completati su 9 tentati), ma si è scontrato sui propri errori tecnici e sulla solidità del Genoa.
Stoian ha ugualmente rivestito la funzione di regista offensivo, con molte opzioni di passaggio a disposizione. Il Crotone difetta di qualità, ma non di organizzazione.
Questa sera servirà una prestazione ampiamente al di sopra delle possibilità del Crotone. «Faremo la nostra partita per cercare di ottenere un mattoncino importante per la salvezza. Un punto fa sempre la differenza», ha commentato Zenga, consapevole di quanto possa essere frustrante contendere il pallone alla Juventus.
A centrocampo, dovrebbe giocare Barberis al centro, con Mandragora e Stoian mezzali, ma sarà frequente vedere i tre cambiare posizione durante la partita. È la massima qualità che questo Crotone possa permettersi. Sarà interessante seguire l’esito dell’’azzardo di Zenga: strappare almeno un pareggio, giocando per vincere la partita.
6. Milik finalmente titolare contro l’Udinese?
Nelle ultime settimane il Napoli è meno brillante. Una stuazione che va ancora ricollegata all’’infortunio di Ghoulam, mai veramente superato, che ha lentamente, impercettibilmente, impoverito la manovra offensiva della squadra di Sarri. Le difficoltà del Napoli mostrano bene quanto siano connesse ampiezza e profondità oggi: attaccando peggio in ampiezza, il Napoli attacca peggio la profondità.
A fronte di un gioco collettivo meno brillante, la squadra di Sarri deve poggiarsi molto di più sulle individualità, che però oggi come oggi sono ridotte alla capacità di rifinitura di Jorginho e, soprattutto, alla enorme, gigantesca influenza di Insigne. Allan sembra aver perso l’esplosività fisica di metà stagione e Mertens sta uscendo progressivamente dal gioco della squadra. Sta toccando sempre meno palloni sulla trequarti, ma allo stesso tempo corre sempre meno alle spalle della difesa avversarie. In questo scenario, dove il Napoli fatica a segnare, Arkadiusz Milik entra nei secondi tempi per provare a risolvere partite congelate sullo zero a zero. Milik è entrato sia al posto di un centrocampista che al posto di Mertens, e nelle ultime partite è sembrato decisamente più in forma del belga.
Nell’ordine, Milik, ha colpito una traversa contro il Sassuolo con una rovesciata da beach soccer che stava per regalare al Napoli il gol del 2 a 1; segnato contro il Chievo la rete che ha avviato la rimonta; costretto Donnarumma a un miracolo pazzesco in Milan Napoli.
Eppure Sarri finora ha dosato i suoi ingressi in campo con freddezza matematica. L’ultima partita dal primo minuto di Milik risale al 18 agosto. Da quando è rientrato dall’infortunio al ginocchio - che lo ha tenuto fuori dal 23 settembre al 3 marzo - Milik è partito 6 volte dalla panchina. A marzo è entrato per tre volte nell’ultimo quarto d’ora; ad aprile per tre volte nell’ultima mezz’ora. Il suo minutaglia è aumentato quindi, come ha fatto notare anche Sarri, ma con una prudenza che forse tradisce la paura per le condizioni fisiche di un giocatore che ha riportato due volte la rottura dei legamenti crociati del ginocchio.
Milik però in quei pochi scorci di partita ha dimostrato di poter offrire al Napoli un istinto ad attaccare la profondità di cui oggi ha un disperato bisogno. Con Milik in campo il Napoli perde capacità di palleggio sulla trequarti, e soprattutto la creatività che Mertens - al suo meglio - riesce a mettere in quasi ogni sua giocata. Se però il Napoli oggi sta diventando una squadra che cerca di attaccare in verticale più in fretta, proprio perché non ha più la brillantezza di prima, allora Milik sarebbe una scelta più coerente. Il centravanti polacco attacca la profondità con un istinto verso la porta superiore a quello di Mertens, come ha dimostrato il gol contro il Chievo, dove si è staccato dal marcatore con un movimento laterale quasi impercettibile. In più assicurerebbe una presenza fissa in area di rigore che oggi il Napoli ha solo in Callejon, anche lui non certo al massimo della forma.
Dopo la partita contro il Milan, all’ennesima domanda sulla questione, Sarri si è finalmente scucito, dichiarando che Milik sarebbe presto partito titolare. Il Napoli sembra del resto diventato una squadra che, senza fiato, cerca di svoltare una partita alla volta e Milik in un contesto così ha forse anche più senso di Mertens. Udinese-Napoli sembra la partita perfetta per rivedere il centravanti polacco in campo dal primo minuto dopo 8 mesi.
7. Il Verona è ancora vivo, ma il Sassuolo potrebbe dargli il colpo di grazia
Il Verona di Pecchia è una squadra morente. Da febbraio ha segnato 4 gol e ne ha subiti 20, perdendo addirittura per 3 a 0 contro il Benevento, due giornate fa. In questa incredibile striscia negativa è riuscita comunque a portare a casa 9 punti, frutto di due vittorie per 1 a 0: nel derby contro il Chievo e contro il Genoa; e di un 2 a 1 contro il Torino di qualche settimana fa, propiziato da una mistica doppietta di Valoti. La squadra di Pecchia ha pareggiato appena 4 volte dall’inizio del campionato (meno solo di Benevento, Juventus e Udinese) e interrogato sulla questione Pecchia è stato diretto «Pareggiamo poco perché la mia squadra vuole vincere».
L’impressione è che il Verona sia una squadra in crisi di gioco dall’inizio della stagione. Pecchia ha cambiato tantissimi moduli (4-4-2; 4-2-2-2; 4-3-3; 3-5-2) e calibrato il suo Verona su individualità diverse. C’è stato il momento di Daniele Verde, quello di Moise Kean e Ryder Matos; quello di Alessio Cerci e di Bruno Petkovic. Nessuno di loro è mai sembrato completamente a suo agio nel contesto del Verona: una squadra che gioca in transizione ma senza difendere bene in fase posizionale.
Il campionato del Verona sembra un mistero: la squadra è in difficoltà da così tanto tempo che ogni volta che guardiamo la classifica sembra impossibile che sia ancora in corsa per salvarsi. Gli “scaligeri” sono però stati bravi a non mollare mai davvero mentalmente, approfittando dei momenti di crisi di alcune squadre per mettere insieme i punti che la tengono ancora in vita. Il Verona ha battuto il Milan nel pieno del suo periodo peggiore, ancora in fase di riassestamento con Gattuso; ha battuto la Fiorentina nel momento di massima crisi, punendone le disattenzioni in transizione difensiva; ha battuto il Chievo nella sua spirale negativa e il Torino nella risacca dell’entusiasmo per la cura Mazzarri. A novembre era riuscito a battere il Sassuolo, che due giorni dopo ha esonerato Bucchi per far posto a Iachini.
Anche la stagione negativa del Sassuolo, quindi, parte da lontano. Dopo anni nella parte sinistra della classifica, i neroverdi non sono sembrati a proprio agio a giocarsi la salvezza e il 3-5-2 estremamente pratico messo in campo da Iachini, che ha annullato anni di lavoro sul 4-3-3, non ha dato i risultati sperati. Il Sassuolo è riuscito però a spremere più punti possibili dalle proprie individualità, specie da Politano, e contro il Verona ha la possibilità di tirarsi fuori dalla parte più pericolante di classifica. La squadra di Pecchia ha già dimostrato di poter tirare fuori grandi prestazioni proprio quando tutti la danno già per spacciata.
8. Diabaté farà un’altra doppietta?
Il campionato di Serie A del Benevento è stato tante cose, quasi tutte assurde, e nelle ultime settimane è diventato il one man show di Cheick Diabaté. Eccovi alcune statistiche nonsense che riguardano Diabaté:
Ha segnato tre doppiette in tre presenze consecutive. L’ultimo a riuscirci era stato Dario Hubner.
Ha segnato 7 gol in 6 presenze di Serie A, una media reti quindi di 1,16 x partita, 2.2 x 90 minuti.
Diabaté è di gran lunga il giocatore con la media gol più alta fra quelli che hanno giocato almeno 5 partite. Il secondo è Okwonwko con 1.3 gol ogni 90 minuti, il terzo è Immobile - il primo con un campione normale di gol e tempo di gioco - con 1 ogni 90 minuti.
Diabaté ha segnato 7 gol con 11 tiri. Un gol ogni tiro e mezzo quindi.
Cosa succederebbe quindi se mettessimo queste statistiche in proiezione per le prossime giornate?
Se Diabaté continuasse a segnare doppiette fino alla fine della stagione, arriverebbe a nove doppiette consecutive.
Con la media di 1,16 a partita, continuasse a giocare dal primo minuto, chiuderebbe il campionato a 14 gol segnati, gli stessi di Edin Dzeko in questo momento.
Arriverebbe quindi a segnare 14 gol con 22 tiri, diventando forse un’icona assoluta di precisione sotto porta. L’Osmanlispor (da cui lo ha preso in prestito il Benevento) lo venderebbe in estate in Cina per 25 milioni di euro, e Cheick Diabaté ci andrebbe felice, placcando la sua casa d’oro massiccio; oppure invece preferirebbe rimanere un altro a Benevento, cercando di riportare “Le streghe” in Serie A.
A pensarci, bene l’unico modo per preservare questa nostra idea perfetta di Diabaté, è che non giochi più. Per non rovinare questa statistiche incredibile, questa idea di freddezza perfetta, questa icona istantanea.