Le prestazioni del giocatore turco si sono rivelate la chiave vincente dei rossoneri, in particolare dopo l'arrivo di Gattuso in panchina che gli ha cambiato posizione. Con Calhanoglu in campo dall'inizio il Milan ha una media vicina ai due punti a partita, senza di lui ha vinto una sola volta in 7 gare
Hakan Calhanoglu è probabilmente l'elemento più decisivo nel Milan. A dirlo sono i numeri e non solo dopo il gol che ha sbloccato l'incontro con il Verona, ma da quando il calciatore veste la maglia rossonera. Strano a dirsi dopo la prima parte di stagione, in cui nel turco veniva individuato uno dei problemi della formazione milanese. Il suo ruolo e la sua natura tattica hanno destato dubbi sin dall'inizio, ma la società ha riposto grande fiducia nell'acquisto del talento turco che, in Bundesliga, aveva mostrato lampi di classe peccando però di scarsa continuità. Anche i primi mesi in Italia sono stati caratterizzati da queste negative sensazioni, dove Calha non è riuscito a incidere nonostante l'ottimo avvio dei rossoneri, raggiungendo il punto più basso a livello individuale nella gara interna contro la Roma, terminata con un cartellino rosso per doppia ammonizione tra i fischi di San Siro. Prove talmente insufficienti che il Guardian, statistiche alla mano, lo aveva definito il peggior giocatore d'Europa. Scontata quella giornata di squalifica, il turco è riuscito comunque a trovare la prima gioia in Serie A nel poker rifilato al Chievo, ma poi ha iniziato ad accusare dei problemi fisici che lo hanno costretto a saltare quattro delle cinque sfide giocate a cavallo tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre. Nell'ultima partita dell'anno, disputata a Firenze, tutto è invece cambiato: il numero 10 ha firmato la sua seconda rete nel nostro campionato, decisiva per strappare un punto contro i viola, e da lì è iniziata la sua rinascita. A partire dal successivo match contro il Crotone infatti, l'ex Leverkusen non ha mai abbandonato la maglia da titolare, saltando - causa infortunio - solo gli incroci con Torino e Benevento, gare in cui non sono arrivati i tre punti. Un girone da autentico protagonista in cui il Milan è risalito in classifica, non riuscendo a rientrare nel gruppo in lizza per la Champions, e si è reso consapevole di avere a disposizione per l'anno prossimo un punto fermo da cui ripartire.
Non può essere solo un caso infatti che il Milan migliore si sia visto con in campo il giovane talento turco. Con Calhanoglu negli 11, i rossoneri hanno raccolto 55 punti in 29 giornate di campionato, per una media di 1.89 punti a match. In questi 29 incontri sono racchiuse anche sei sconfitte e sette pareggi, ma solo in metà delle partite indicate il calciatore classe '94 è stato schierato dal primo minuto. Quando invece non è stato preso per nulla in considerazione, o per guai fisici o per scelta tecnica, il Milan ha portato a casa appena 5 punti sui 21 disponibili. Una differenza di rendimento che si è constatata anche nelle coppe, dove i rossoneri hanno perso la loro unica partita nella fase a gironi di Europa League - quella contro il Rijeka - quando Calha era assente. La squadra di Gattuso è poi uscita sconfitta anche nel doppio confronto contro l'Arsenal, ma il numero 10 è stato uno dei pochi a salvarsi e a rendere credibile la rimonta dopo il gol siglato all'Emirates. Proprio Gattuso è stato uno dei fattori che ha rivitalizzato Calhanoglu. Il turco non aveva reso mai sopra la sufficienza quando era stato impiegato da trequartista o comunque in posizione centrale, ma ha completamente cambiato il suo rendimento con l'approdo in panchina dell'allenatore calabrese che lo ha spostato di qualche metro più largo sulla sinistra e soprattutto gli ha concesso piena libertà di movimento. L'imprevedibilità del turco ha dato più dinamicità all'intero gioco rossonero e ha accresciuto anche le prove individuali, permettendogli di arrivare con più facilità al cross o al tiro in porta, grazie all'eccellente qualità balistica. Il lavoro di Gattuso è stato poi anche mentale, come ha confermato lo stesso giocatore in una recente intervista: "All'inizio avevo difficoltà con la lingua, oltre a dover recuperare la condizione fisica dopo i 4 mesi di squalifica. Il problema principale era però l'assenza di comunicazione con Montella. Gattuso invece mi ha fornito il suo pieno appoggio fin dal primo istante, convincendomi a credere nelle mie qualità e a sfruttare a pieno le mie caratteristiche in campo". La crescita evidentemente c'è stata e se non è stata sufficiente quest'anno per riportare il Milan in Champions, diventerà comunque una delle basi solide da cui ricominciare la prossima stagione.