Gigi Buffon sempre più da record: è il giocatore con più scudetti vinti

Serie A

Massimo Corcione

Nessuno ha vinto più scudetti di Gianluigi Buffon. Il 7° titolo di fila della Juventus consegna al numero 1 l'ennesimo record: è il 9° scudetto di Buffon (più uno revocato nel 2004/05 e uno non assegnato nel 2005/06)

JUVE AL SETTIMO CIELO: LO SPECIALE SCUDETTO

Può la vita di un campione decidersi in un minuto? L’esistenza forse no, ma l’ultima pagina e il lieto fine della storia di Gianluigi Buffon hanno fortemente rischiato una macchia, anzi un buco profondissimo: zero tituli. Un incubo (meritatamente evitato), se giochi nella Juventus, se l’ultimo atto arriva a 40 anni, dopo oltre mille partite ufficiali giocate, una coppa del mondo vinta, nove scudetti, cinque coppe Italia e un’infinità sterminata di titoli personali assegnati dalle giurie più titolate del mondo. Minuto 87 di Inter-Juventus: eccolo il momento delle sliding doors, le porte girevoli che hanno fatto cambiare direzione al campionato e hanno indirizzato verso il lieto fine la carriera di Gigi Buffon e consegnato alla leggenda questa pregiata edizione juventina. Lì, proprio dall’altra parte di San Siro, Skriniar, segna nella porta sbagliata, quella interista, la sua; una manciata di secondi più tardi la fantastica rianimazione viene completata da Higuain.

Si delinea qui il disegno che nessuno (o quasi) riteneva più realizzabile dopo il colpo di testa di Koulibaly in Juventus-Napoli. Gli ultimi dettagli sono stati, invece, consacrati tutti alla celebrazione ufficiale di Buffon: la notte dell’Olimpico romano, per esempio. Il riferimento al minuto magico che tutto ha cambiato lo fa proprio il capitano, il giorno dopo quella vittoria sul Milan che ricorda da vicino un esorcismo. Una finale che somiglia a una sceneggiatura; doveva essere il passaggio del testimone tra due generazioni lontanissime: Gigi (Buffon) che lascia le consegne nazionali a Gigio (Donnarumma). Classe 78 il primo, classe 99 il secondo; in mezzo gli eventi che hanno cambiato la faccia al mondo. Dalla caduta del Muro al trionfo del gigabyte: è cambiato anche il calcio, in molti particolari non è detto che ci sia stata evoluzione. In campo ha vinto il passato, cioè Buffon; ha perso – per ora – Donnarumma.

Un risultato che agita le nostalgie, che sembra fermi il tempo. I primi scenari evocano l’impossibile, fino all’ipotesi più suggestiva: il mancato ritiro del giocatore più rappresentativo, l’unico a poter contendere a Del Piero il primato assoluto di identità juventina. Sono gli effetti dell’accoppiata, soprattutto i sette scudetti di fila cancellano anche l’obiettivo di nuovo mancato, il traguardo per il quale il capitano avrebbe sacrificato che-sa-che-cosa. È la spiegazione più razionale per trovare giustificazione allo sfogo pubblico dopo l’eliminazione contro il Real Madrid in Champions League. Nel racconto che verrà tramandato del Buffon-atleta resta quello il momento della sorpresa: così arrabbiato davanti a un microfono e a una telecamera nessuno l’aveva mai visto. Da allora gli juventini lo amano alla follia; finora aveva esibito sempre l’identità del saggio e l’immagine gli aveva conferito un’autorevolezza al di sopra delle parti. Si ricordano le lacrime per l’eliminazione dell’Italia dal mondiale, e veder piangere per una sconfitta chi associ spesso all’esaltazione per una vittoria fa scattare una solidarietà istintiva. Se l’addio al campo verrà confermato (e solo la Juve potrebbe ibernare una volontà maturata non solo per la lettura prolungata della carta d’identità), resterà quello l’ultimo retaggio con la precedente vita. Da calciatore. Le inchieste ordinate dalla Uefa produrranno un rallentamento nell’avvio della parte seconda; la nuova avventura partirà arricchita dalle riflessioni che solo il riposo può alimentare. Comunque, per sempre resterà un Numero 1. Non per caso, ma per vocazione.