Totti-Spalletti, dal libro "Un Capitano" altri retroscena: "A Bergamo ci separarono in quattro"
Serie AEmergono ulteriori retroscena sul difficile rapporto tra l'ex capitano giallorosso e l'attuale allenatore dell'Inter, raccontati dal numero 10 nella sua autobiografia "Un capitano", in libreria da oggi. La presentazione del libro alle 21 al Colosseo, collegamenti live su Sky Sport 24
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Francesco Totti oggi compie 42 anni, ma questo non sarà un compleanno come gli altri. Questa sera, infatti, l'ex capitano giallorosso presenterà al Colosseo la sua autobiografia, "Un capitano", davanti ad amici e colleghi, tra cui quelli della Roma scudettata del 2001 e i campioni del mondo azzurri del 2006. Tra gli invitati non ci sarà, invece, Luciano Spalletti. Il rapporto tra i due è ai minimi storici e con l'uscita del libro, realizzato in collaborazione con Paolo Condò, sono emersi nuovi dettagli circa gli episodi che hanno definitivamente allontanato i due. Il primo grande caso che fece scalpore fu l'esclusione dalla lista dei convocati e conseguente 'cacciata' dal ritiro di Trigoria del numero 10 in occasione della sfida casalinga al Palermo. La questione del rinnovo contrattuale era ancora in bilico quando Totti decise, a 24 ore dal match contro i siciliani, di rilasciare un'intervista in cui chiedeva più rispetto della società nei suoi confronti. Quelle parole, però, non piacquero neanche a Luciano Spalletti che, l'indomani, ebbe una discussione con l'attaccante classe '76. "Sono seduto in un angolo da solo a far colazione, lontano da Spaletti e lo staff - racconta Totti nel suo libro -. Mi viene a chiamare Vito Scala e mi dice che il mister vuole parlarmi a proposito dell'intervista. Così andiamo in una sala riunioni e lui ha in mano la rassegna stampa e la agita come fosse un randello. «Che cosa devo fare io adesso?». Se lo chiede tre volte in tono sempre più spazientito. «Mister, ma ha sentito l'intervista? Guardi che Vito l'ha registrata...». «Non me ne frega niente dell'intervista, conta quello che c'è scritto qui, sui giornali». «Guardi che di lei ho parlato soltanto bene, è alla società che ho chiesto più rispetto». Gli do del lei, a memoria è la prima volta: un evidente segno del gelo sceso ormai fra noi. Andiamo avanti a lungo, io per chiarire e lui per ribadire la sua irritazione. «Basta, inutile proseguire, tanto non capisci. Hai sbagliato, e adesso vai a casa». È la punizione più umiliante. Cacciato da Trigoria. Io. Cacciato da casa mia. Tremo dalla rabbia. Dopo un lungo silenzio, affilo le parole più taglienti che mi vengono in quel momento. «Molto bene, accetto la sua punizione. Vedremo se sarò io o sarà lei a pagarne le conseguenze». «Mi stai per caso minacciando?». «Lei sa che a Roma la gente è dalla mia parte. Io ho soltanto parlato bene di lei, eppure mi vuole cacciare. Si assuma le sue responsabilità». «Tu ormai sei come gli altri, dimenticati di quando eri insostituibile». «Vigliacco, adesso che non ti servo più mi rompi il c.... eh? Sei tornato qui con una missione, portala a termine»".
"Me ne vado stremato, un quarto d'ora dopo suono il campanello a casa e mia moglie rimane stupefatta. Sono molto giù di morale, il punto più basso che mi ricordi, non ho voglia di vedere nessuno. La partita con il Palermo è in notturna, ma escludo di andare all'Olimpico, non sopporterei gli sguardi di tutti su di me. Ed è qui che Ilary - spalleggiata da Vito che le dà ragione - prende il controllo della situazione: «Invece allo stadio ci andiamo tutti: noi, amici, parenti, tutti. Non hai nulla da nascondere né da farti perdonare, anzi. Se questa sera non andiamo allo stadio io ti pianto. Non sopporterei l'idea che ti pieghi alle ingiustizie». Dettata dall'amore, ma è una bella minaccia". L'ex capitano della Roma decise quindi di andare all'Olimpico e prima della partita passò dallo spogliatoi, ma l'ambiente era giù di morale perché un scontro tra capitano e allenatore non può che destabilizzare la squadra. "Spalletti mi chiede cosa ci facevo lì e io rispondo che un capitano va sempre a salutare i compagni - continua Totti -. Poi vengo a sapere che il mister è stato fischiato alla lettura delle formazioni. Mi dirigo verso la tribuna ed è un percorso ansioso perché mi vengono in mente mille pensieri e soprattutto mi chiedo cosa aspettarmi una volta uscito allo scoperto, lì dove tutti potranno vedermi. Solo applausi. Una standing ovation, addirittura, un boato appena compaio in tribuna".
La 'quasi' rissa contro l'Atalanta
Il braccio di ferro tra Totti e Spalletti non finì però lì. I due, infatti, qualche settimana dopo (quattro giorni prima della doppietta siglata al Torino in due minuti) vennero quasi alle mani per via di una presunta violazione del regolamento interno commessa dall'ex capitano della Roma. Il tutto nacque alla vigilia della partita in casa dell'Atalanta, con il numero 10 in stanza in compagnia di Pjanic e Nainggolan. L'allenatore sospettò che i tre fossero rimasti in camera a giocare a carte (espressamente vietato dal toscano). "Mire e Radja escono e io chiudo la porta alle loro spalle - si legge nell'autobiografia di Totti -. In tempo però per sentire la voce sarcastica di Spalletti: «Non fate i furbini, io lo so cosa facevate nella camera di Francesco, giocavate a carte», e Mire subito: «Quali carte? No, eravamo al computer!». «Facciamo i conti domani» è l'ultima minacciosa frase che mi arriva. Il mattino dopo, a colazione, non ci saluta. Marco Domenichini, uno del suo staff, viene in avanscoperta: «Ma che, giocavate a carte?». E daje... «No, niente carte. Computer». Mi sembra di parlare a dei bambini e ancora non è finita perché nella riunione prepartita, quella in cui viene comunicata una formazione che non prevede Pjanic (la punizione è evidente), Spalletti ribadisce che il gioco delle carte è vietato e che, qualcuno, la notte scorsa, si è fatto beffe di questo divieto. Non ho più la forza di replicare". La Roma cominciò alla grande l'incontro di Bergamo, passando subito sul 2-0 grazie a Digne e Nainggolan, ma poi subì la rimonta parziale del 3-2 a favore dell'Atalanta, firmata da D'Alessandro e dalla doppietta di Borriello. "Spalletti si gira verso di noi - Mire e io siamo seduti vicini - e dice: «Mo' sono c.... vostri, in conferenza stampa racconto tutto». A dieci minuti dal termine mi butta dentro al posto di Daniele, e in breve trovo il gol del 3-3 con un bel tiro dal limite. Due minuti dopo manca poco che Dzeko sfrutti un mio assist per chiudere con un fantasmagorico 4-3. Espulso per proteste a un minuto dalla fine, Spalletti ci aspetta sull'uscio dello spogliatoio, visibilmente su di giri. Quando anche l'ultimo di noi è entrato si chiude la porta alle spalle, sbattendola, e comincia a urlare. Il mio armadietto è il più lontano dall'ingresso. Non mi accorgo dell'improvviso silenzio. Quando rialzo la testa trovo la faccia di Spalletti a un centimetro dalla mia. Mi aspettava. «Basta, hai rotto le palle, pretendi ancora di comandare e invece te ne dovresti andare, giochi a carte malgrado i miei divieti, hai chiuso». Il tutto gridato a massimo volume. È l'ultimo litigio tra me e Spalletti, nel senso che perdo le staffe anch'io e ci devono separare in quattro perché altrimenti ce le daremmo di santa ragione. Di lì in poi, chiuso".