Coronavirus, Veretout: "Roma è morta. A mia figlia ho detto che c'è una bestia nell'aria"

Serie A

Il centrocampista francese racconta a l'Equipe il difficile momento legato all'emergenza sanitaria: "Roma in questo momento è una città morta, c'è una sensazione di vuoto spaventosa". Poi racconta le sue gionate a casa: "Gioco con le mie figlie, a loro ho detto che c'è una piccola bestia nell'aria"

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"Roma, ora, è una città morta". Jordan Veretout fotografa così le sensazioni vissute in una città diventata col passare dei giorni sempre più deserta a causa delle limitazioni imposte per l'emergenza Coronavirus che, da nord a sud, sta colpendo tutta l’Italia. Il giocatore della Roma, intervistato da l'Equipe, trascorre le giornate con la moglie Sabrina e le due figlie nella sua villa di Casal Palocco. "Nel mio quartiere c’è sempre rumore di fondo", spiega il centrocampista francese, mentre adesso "quando esco in giardino con le mie figlie, c’è una sensazione di vuoto, di niente, è un po' spaventoso". E allargando lo sguardo alla Capitale il discorso non cambia: "Di solito è una città sempre affollata. Le grandi piazze, il Vaticano, solitamente sono sempre piene. Ma viviamo così ora, la situazione che stiamo vivendo è molto grave e enza la mobilitazione di tutti non ne usciremo", afferma il centrocampista arrivato in estate dalla Fiorentina.

"A mia figlia ho detto che c'è una piccola bestia nell'aria"

Restare a casa quindi per uscire il prima possibile dall'emergenza coronavirus. Un concetto che Veretout ha dovuto spiegare anche in famiglia: "Quando mia figlia mi ha chiesto se poteva uscire in giardino o se ci fosse la bestia, le ho risposto che c’è una piccola bestia nell'aria, ma poteva uscire a giocare in casa”. Il centrocampista francese racconta come trascorre le sue giornate in isolamenti: “Con le mie figlie realizziamo disegni, giochi da tavolo, abbiamo organizzato una caccia al tesoro. Balliamo e giochiamo a nascondino. Quando i giochi saranno finiti, le mie figlie mi taglieranno i capelli. In questo momento, anche loro sono in quarantena. Spieghiamo alla più grande perché dovremmo rimanere in casa, provando a non spaventarla troppo", ammette Veretout.

Il racconto dei giorni prima dello stop

Rispetto ad alcuni colleghi che hanno deciso di tornare nel proprio Paese, Veretout ha fatto una scelta diversa, rimanendo nella sua casa a Roma: "Non ho pensato di tornare in Francia perché per me e la mia famiglia era un grosso rischio e perché abbiamo continuato ad allenarci per diversi giorni, fino alla vigilia del match di Europa League col Siviglia”. Allenamenti in un clima surreale: “Al centro di allenamento l'attenzione era molto alta, c'era un ambiente particolare. Tutti i dipendenti avevano guanti e mascherine, niente più pasti di gruppo ma individuali, non ci potevamo salutare", svela il centrocampista francese.

"Il calcio è la mia vita, mi manca"

Italia in ginocchio in queste settimane. “È complicato vedere le immagini degli ospedali o legate al virus, preferisco vedere quelle dei balconi dove si canta. Non sono sorpreso, gli italiani mostrano sempre solidarietà ed è molto bello", ha ammesso Veretour. Che torna poi a parlare di calcio: "È la mia passione, quindi mi manca. Quelle abitudini, con allenamento e partite, sono la mia vita. Abbiamo un programma di allenamento basato su corse e altre cose ma che non sostituisce una sessione collettiva e il piacere del gioco. E il calcio riguarda le emozioni da condividere con il pubblico. Mi manca", ha concluso il calciatore della Roma.