La visionaria affinità di Totti e Cassano

Serie A
Paolo Condò

Paolo Condò

©Getty

Nel giorno in cui Sky Sport Uno dedica la sua programmazzione a Francesco Totti, Paolo Condò torna sul rapporto speciale fra l'ex capitano della Roma e Antonio Cassano

Fra i molti aspetti esplorati della vita (e delle opere) di Francesco Totti, quello che non finisce di affascinarmi - pur avendone parlato un milione di volte, molte direttamente con lui per la stesura del libro - è il suo rapporto con Antonio Cassano. Francesco lo definisce senza tentennamenti “il calciatore più forte col quale abbia mai giocato”, e non è una medaglia da poco se si considera che in Nazionale ha convissuto con Del Piero, con Maldini e Buffon, con Nesta e Cannavaro, con Pirlo, e nella Roma ha giocato tanti anni con De Rossi, un paio (e uno è stato il più prezioso) con Batistuta, e poi in vari momenti con Aldair, Montella, Salah e Dzeko. Eppure, Cassano è stato il massimo: quello, per usare parole sue, che sapeva in anticipo quale giocata incredibile lui si sarebbe inventato, per farsi trovare pronto nel punto esatto in cui sarebbe arrivato il pallone.

 

Un’affinità elettiva basata ovviamente sul talento, ma nella sua dimensione visionaria prima ancora che tecnica: la lettura di una scacchiera con un anticipo di dieci mosse. Totti dice di se stesso di essere un “rosicone”, ovvero uno che patisce sconfitte e soprattutto beffe prima di farsene una ragione. È un modo più divertente e popolano di descrivere il rimpianto, uno dei sentimenti con i quale dobbiamo tutti fare i conti, prima o poi e a vari livelli, ed è logico che un campione dello sport ci arrivi a contatto più rapidamente. Una carriera in campo finisce presto (e a dispetto del ritiro a 40 anni, Francesco sente di aver chiuso prestissimo), e la conta di ciò che non hai vinto è nelle cose. In un certo senso Totti avrebbe di che essere seccato con Cassano, perché se Antonio avesse tenuto un comportamento più paziente probabilmente sarebbe rimasto alla Roma, consentendo alla coppia tecnico-umana di svilupparsi oltre ogni limite conosciuto, perlomeno nel nostro calcio. Ma Francesco non è il tipo da serbare rancore: anzi, a Cassano vuole un bene dell’anima perché è “un puro”, e la prima volta che me l’ha detto ho pensato di non aver mai sentito un complimento così bello. Gli vuole così bene da avergli perdonato pure quel famoso Roma-Samp, dovuta ai gol di Pazzini ma anche alla rifinitura da fenomeno di Antonio. Ha soltanto rosicato. Ma, dentro di sé, ammirandolo.