I nodi del protocollo (secondo il Governo)

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Luca Marchetti

Luca Marchetti

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Il presidente del consiglio Conte e il ministro dello sport Spadafora non hanno l’ok alla ripresa degli  allenamenti di squadra al 4 maggio. E anche il 18 non è una data certa. E va modificato il protocollo presentato dalla Figc

CORONAVIRUS, GLI AGGIORNAMENTI

Il protocollo del calcio è da rivedere. Non è stato questo il motivo fondante per cui il calcio non potrà riprendere gli allenamenti ma da questo si riparte. E già nel corso delle prossime ore arriveranno le eccezioni al documento firmato dal dottor Paolo Zeppilli, per conto della Figc.

 

Le due criticità

Dopo il confronto con il Governo, nei giorni scorsi, erano emerse già alcune criticità. Fondamentalmente su due punti, che probabilmente saranno gli stessi che saranno sottolineati in rosso. Intanto come comportarsi nel caso in cui dovesse contrarre il virus un giocatore. Questo punto deve essere necessariamente chiarito, altrimenti ogni sacrificio rischia di essere vano. Deve essere chiarito sia da un punto di vista legale (ovvero sulla responsabilità della società sulla salute dei suoi giocatori) sia da quello sanitario (ovvero necessità o meno di andare in quarantena). Il secondo punto sotto osservazione è la disponibilità dei test: tamponi e gli esami sierologici. In un momento in cui il Paese ancora non ha ancora chiaro come funzionerà dal 4 maggio, il calcio non può avere corsie preferenziali.

 

Il vero grande ostacolo

Quello sottolineato finora dai medici sportivi è la difficile attuazione del protocollo. Che chiaramente non può garantire un rischio zero, ma che proprio perché molto rigido è molto dispendioso (ritiro ad oltranza) e in ottica partite (e quindi spostamenti) presenta ancora dei punti da approfondire. Ma il calcio è stato l’unico a presentare un protocollo specifico. Per rafforzare la protezione dei propri atleti dal virus. Ma, per il momento, non sono previsti allenamenti…