Serie A, Lega e Figc divise sul protocollo
Serie ASul protocollo sanitario per la ripresa degli allenamenti collettivi si è aperto un nuovo fronte tra Lega Serie A e Figc. I temi centrali sul tavolo sono il ritiro obbligato, la responsabilità dei medici e la quarantena obbligatoria
Invece di semplificarsi la situazione si complica. Ora, di fatto, si è aperto un nuovo fronte, Lega di A contro Figc, naturalmente sempre sul protocollo. E se 48 ore fa sembrava faticosamente raggiunto un accordo fra Federazione e Governo, concedendo sì praticamente tutto ma con la speranza di poter ammorbidire alcune situazioni, soprattutto la quarantena per tutta la squadra, in un futuro prossimo, ora tutto torna in discussione.
I temi centrali sono sempre gli stessi, quelli di cui si discute da ormai settimane. Sicuramente il tema del ritiro obbligato (che infatti la Federazione aveva ridotto a due settimane) dopo la negativizzazione del gruppo, che non va proprio giù ai giocatori. Sicuramente le difficoltà logistiche: sia per le strutture che per la reperibilità veloce dei test. Ma soprattutto la responsabilità dei medici, visto che il Covid è considerato malattia sul lavoro (e questo sta mettendo in difficoltà anche le aziende di altri settori, pronte a protestare anche in maniera più vibrante) e l’ormai famosa questione relativa alla gestione di un nuovo positivo: quindi la quarantena obbligatoria. Che mette in discussione un aspetto fondamentale: non si può mettere in piedi una struttura del genere senza essere sicuri di chiudere la stagione.
L’Inter ha fatto da apripista, ha rotto gli argini. Ha detto “io in ritiro non ci vado”. Per tanti motivi, tutti quelli appena citati, senza necessariamente che l’ordine sia gerarchico. Giocatori, logistica e quarantena. L’Inter finora non aveva mai preso posizione (ufficialmente) fra fronte del sì e fronte del no, ma è sempre stata scettica sul possibile ritorno in campo. Ora ha esplicitato le sue perplessità. E dietro l’Inter sono andati in molti (evidentemente molti scettici) quasi tutti ora in attesa delle evoluzioni.
Certo se le squadre ora non dovessero rispettare il protocollo e allenarsi comunque in gruppo andrebbero incontro a sanzioni, come succederà alla Lazio, probabilmente per violazione dell’articolo 1, lealtà sportiva. Ma ora, dopo la stagione dell’unità, la contrapposizione è più aspra. All’interno del mondo del calcio (prima) e inevitabilmente col Governo poi. E non può che riguardare tutti i punti sottolineati in rosso dalle società di A. Ovvero, fondamentalmente, quelli voluti con grande forza dal Ministro dello Sport attraverso le indicazioni del CTS. Il problema è sempre il tempo. Per essere pronti il 13 giugno bisogna iniziare ora. Altrimenti davvero tutto sarà più complesso. E già ora potrebbe non bastare il confronto diretto...