Milan, Ibrahimovic: "Puoi domare un leone, ma non puoi domare Zlatan"

dalla svezia

L'attaccante rossonero dal ritiro della Svezia: "Ho un problema: non sono mai soddisfatto. A 39 anni, dopo tutto quello che ho fatto, potrei non lavorare più perché ho una bella vita. Ma ho ancora tanta passione e dopo i 30 anni sono migliorato ancor di più. Puoi domare un leone ma non Zlatan e distruggerei anche King Kong. L'infortunio? Mi ci è voluto un anno per tornare a sentirmi vivo, sono abituato a toccare la palla e quel lavoro di recupero mi dava noia"

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Dopo un anno di grandi prestazioni con la maglia del Milan, Zlatan Ibrahimovic è ritornato a giocare anche con la Nazionale. Per lui due partite da titolare e due vittorie contro Georgia e Kosovo, poi qualche attimo d'apprensione al momento dell'interruzione dell'ultimo allenamento dopo 15 minuti: nessun problema fisico però, solo una gestione già concordata con la Svezia. I 40 anni si avvicinano ma l'attaccante svedese non vuol saperne di porre fine alla sua carriera, anzi continua a rilanciare dandosi sempre nuovi obiettivi. Oggi il ritorno in Nazionale, domani chissà. "Ho un problema: non sono mai soddisfatto – le parole di Ibra al Champions Journal dal ritiro della sua Nazionale - Ho 39 anni e, con quello che ho fatto, non ho più l'obbligo di lavorare perché comunque ho avuto una bella vita, ma ho ancora questa passione per quello che sto facendo. Voglio sempre di più. Forse è per questo che sono qui oggi e sono ancora in grado di fare quello che sto facendo, perché non vedo molti giocatori della mia età che erano o che sono come me. Generalmente quando un giocatore supera i 30 inizia la fase calante e poi smette. Al di sopra dei 30, invece, io ho iniziato a migliorare ancor di più e continuo a farlo". Insomma, tradotto nella lingua di Ibra: "Puoi domare un leone, ma non puoi domare Zlatan. È un animale diverso. E distruggerei anche King Kong, sono sicuro al 100%. Lo distruggerei", dice l'attaccante del Milan alla sua maniera. 

"L'infortunio? Ci è voluto un anno per sentirmi vivo"

Il momento più duro? Quello del grave infortunio al ginocchio ai tempi del Manchester United: "Mi ci è voluto un anno per tornare a sentirmi vivo – racconta Ibra - Sarò onesto, il lavoro che ho fatto è stato molto noioso. Era un lavoro mentale, non ne ero abituato. Sono abituato a toccare la palla: tirare, segnare gol, usare la testa per creare qualcosa. In quei momenti invece guardavo solo l'ora aspettando la fine della mia giornata di lavoro. Ma avevo persone intorno a me che mi spingevano e non mi lasciavano diventare pigro. Alla fine, grazie a loro, mi sono sentito di nuovo vivo. Quando passi da un momento in cui tocchi la palla a un altro in cui non la tocchi più non è facile. E da quel momento ho capito che la palla è la mia migliore amica, con cui voglio stare per il resto della mia vita. Ecco perché provo questa felicità ogni volta che scendo in campo e posso giocare la partita". 

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