Serie A, Ibrahimovic del Frosinone fa gol e assist all'esordio da titolare

nuovo zlatan?

Vanni Spinella

Assist e gol (ma non solo) alla prima da titolare in A. Arijon Ibrahimovic è il nuovo Ibrahimovic? La tentazione di cedere al paragone è forte e lui si mette d'impegno per non impedircelo. Anche se, alla sua età, Zlatan rispondeva già male a Wenger...

LA CLASSIFICA DELLA SERIE A

Nonostante gol e assist, è un’altra la giocata che inquadra subito il personaggio. Minuto 78, Ibrahimovic insegue un pallone che si dirige verso la bandierina, tenendolo in campo. Poi, fronteggiato da Cacace che l’ha messo all’angolo, lo sfida. Un respiro profondo e via, elastico e tunnel, dove per "elastico" si intende quel giochetto di prestigio in cui si danza col pallone incollato al piede, esterno-interno rapidissimo a rintronare l'avversario. Come avrebbe fatto il “vero” Ibrahimovic.

E lo stadio canta: "Ibrahimovic"

Sì, perché quello che ha zlataneggiato così con l’avversario, cercando il numero a effetto e non trovandolo per un pelo, è Arijon Ibrahimovic, tedesco, classe 2005, nessuna parentela con Zlatan ma tanta voglia di imitarlo e una carriera che potrebbe essere appena decollata nel modo più zlatanesco possibile. All’esordio in A da titolare a 17 anni – lanciato da Di Francesco in un Frosinone che manda in campo una squadra con età media inferiore ai 23 anni – prima serve l’assist per l’1-0 a Cuni e poi fa il 2-0 che porta uno stadio di serie A a cantare di nuovo il nome di Ibrahimovic. A guardarli bene, c’è un po’ di Ibra – il vecchio Ibra – in entrambi i gol. Sul primo il merito è di Cuni, che per girare in rete l’assist del compagno sceglie quel tacco volante che era la specialità della casa di Zlatan; sul secondo, non si sa a quanto viaggiasse il destro di Arijon, ma la botta che stampa sotto alla traversa è degna del piedone del vecchio Zlatan.  

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La tentazione del "nuovo Ibra"

Ora, cedere al fascino delle coincidenze è semplice quanto entusiasmarsi per queste storie che il pallone regala; e parlare già di “nuovo Ibrahimovic” è la tentazione che sicuramente da questa sera Di Francesco combatterà in ogni sua intervista. Ma concedetecelo. Siamo in presenza di tre indizi belli grossi (assist, gol e quel dribbling) e il ragazzo sembra simpatico (“Il mio idolo? Ibrahimovic, naturalmente. Ma lui è un po’ più forte di me”, risponde col sorrisone e l’inconfondibile accento tedesco) e soprattutto con la testa sulle spalle (“Le palle perse prima del gol? Non importa quando succede, le occasioni si ripresentano”). In fondo, alla sua età, Zlatan diceva di no all’Arsenal di Wenger che gli offriva un provino (“Zlatan non fa provini”, rispose. E già capimmo con chi avevamo a che fare), non accettava mica il Frosinone in prestito dal Bayern Monaco. Anche se…

Due gol in 4 giorni

Anche se, a Frosinone, ci è arrivato dopo un aut-aut al Bayern degno del suo omonimo più celebre e con più autostima. “O gioco con i grandi o me ne vado”, pare abbia detto. E il Bayern, che nel suo stesso ruolo (nasce ala, ma gli piace anche fare il trequartista), ha quell’altro baby-fenomeno di Musiala, l’ha accontentato. Mostrandogli la porta. In Italia gliela ha aperta volentieri Di Francesco. Presentazione di rito, giocando sul suo cognome, poi le prime convocazioni per assaggiare la Serie A dalla panchina. I primi minuti, 5’, nel finale contro la Roma, il 1° ottobre. Un mese dopo, il 2 novembre, è tempo di esordio da titolare, in Coppa Italia. Cinque minuti e Ibrahimovic la sblocca. Impossibile non riproporlo, ancora da titolare, nel match salvezza con l’Empoli. E il resto è storia. Una storia appena iniziata.