Scudetto, perché i numeri dicono che l'Atalanta è la favorita

C’è un strano venticello che spira per le vie di Bergamo, questo Natale. Somiglia a un sussurro, forse ancor meno accennato. Tutti lo pensano, ma nessuno lo dice. I più coraggiosi lo bisbigliano appena, ma la sensazione è chiaramente nell’aria: mai come quest’anno lo scudetto è possibile, per l’Atalanta. Sono i numeri a dirlo e di fronte ai numeri anche il popolo bergamasco, che ha fama di essere concreto e badare soprattutto ai fatti, deve “arrendersi” e gettare la maschera. Negli ultimi anni il discorso è stato solo accennato e poi lasciato in sospeso: la Dea infilava un bel filotto e qualcuno sussurrava la parolina magica, salvo rimangiarsela non appena la squadra di Gasperini incappava in uno dei suoi “classici” momenti no, guastando tutto. E così il “sogno” restava nel cassetto: non veniva tirato fuori, ma nemmeno dismesso come un abito vecchio. Semplicemente, si rinviava alla stagione dopo, consapevoli ogni volta di quanto fosse però difficile – per non dire impossibile – migliorarsi ancora. Deve averlo pensato anche il club dopo la cessione estiva di Koopmeiners alla Juventus: i Percassi non lo ammetteranno mai ma nella volontà di trattenere tutti i propri big c’era proprio il desiderio di provare l’ennesimo assalto, di riaprire quel cassetto e tirare fuori il sogno. Le sirene del Psg che tentava Lookman sono state così zittite, l’imprevisto del ko di Scamacca è stato metabolizzato nel giro di qualche minuto, il tempo di staccare un assegno per Retegui. Samardzic, Brescianini e Zaniolo hanno rappresentato le altre operazioni intelligenti dell’estate, ma non sufficienti, sul momento, a tamponare lo choc per l’addio di Koopmeiners, legato soprattutto al timore di aver toccato una macchina perfetta. Finché, poi, non è iniziato il campionato e ci si è accorti che non era così. L’inizio è stato altalenante, l’Atalanta alla terza giornata ha perso nettamente il primo scontro diretto, contro l’Inter. Ma si è immediatamente ritrovata, costruendo le figure di Retegui capocannoniere e di De Ketelaere modello di continuità e durezza mentale, tutto il contrario di quello che si diceva sul suo conto. E ora, giunti a Natale, l’Atalanta può esibire questi numeri: prima in classifica con 13 vittorie in 17 partite, di cui 11 di fila . Per dire, le ultime due squadre a riuscirci, l’Inter nel 2021 e il Napoli nel 2023, a fine anno erano in piazza a festeggiare. E ancora: miglior attacco della Serie A e +14 punti in classifica rispetto a un anno fa . E qui si apre la grande riflessione sulla flessione, quella che a Bergamo tutti aspettano certi che prima o poi la Dea debba conoscere una pausa. Con il famoso “mito” del calo invernale. E se così non fosse? Lo diciamo sulla base dell’analisi di alcuni numeri, prendendo in considerazione le migliori stagioni dell’Atalanta : 2018/19, 2019/20, 2020/21, 2023/24. In tutti questi casi è vero che i nerazzurri hanno vissuto un periodo buio ma non sotto Natale, bensì prima, in autunno. Una fase che, quest’anno, l’Atalanta ha già superato, e anche egregiamente. Insomma, se teoricamente il peggio è già passato e se saprà essere ancora all’altezza dei suoi celebri sprint finali, lo scudetto è davvero possibile. Nel dettaglio: il campionato 2018/19 vide la Dea zoppicare a settembre, quando infilò una serie nera di 5 partite con una media punti di 0.4. Ma poi già a ottobre e novembre la media era risalita a 2, fu di un accettabile 1.67 a dicembre, di nuovo 2 a gennaio, per impennarsi da marzo in poi. Campionato 2019/20 : la Dea finisce nel tunnel a novembre , ma a dicembre ne è già fuori . Frenatina a gennaio, ma nulla di drammatico e volatona finale lanciata già a febbraio. Campionato 2020/21 : i nerazzurri conoscono il momento buio tra ottobre e novembre ma per Natale sono già pimpanti , pronti per la sgasata di febbraio . E infine, campionato 2023/24 : il momento peggiore a novembre, con la ripresa che inizia a dicembre e periodo d’oro a gennaio . In tutto ciò, non va dimenticato che nel frattempo l’Atalanta ha fatto anche altro: vincendo l'Europa League ha imparato come si vince. È passata insomma attraverso quello che – lo ripetono sempre gli allenatori di successo – è lo step fondamentale per la costruzione di una mentalità vincente. Un esercizio per le braccia e per la mente che sui campi di allenamento o in palestra non si può riprodurre: sollevare al cielo trofei.

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