Jorge Martin: "Campione in MotoGP perché ho imparato a controllare rabbia e allegria"

Come sta il campione del mondo Jorge Martin? "Bene, sono molto contento. Sono più felice del solito. E' bello sentirsi chiamati così. Piano piano sto assimilando tutto perchè la verità è che ho realizzato un sogno veramente grande e sono davvero felice". L'abbiamo vissuta assieme e raccontata ai telespettatori di Sky: l'impressione che abbiamo avuto è come se tu ti sia liberato. Nel modo di festeggiare, le lacrime, i tuoi amici, la nonna, la mamma… "Sì, avevo una valigia, un peso sulla schiena che mi sono tolto. Avevo una grande paura di non vincerlo il titolo. Soprattutto dall'inizio dell'anno pensavo 'come faccio a ritirarmi senza un mondiale, come posso vivere senza vincere'. Beh, ora questo non lo penserò più… E’ fatta!". Anche i grandissimi campioni hanno avuto paura. Ma nel weekend decisivo quando l'hai avuta davvero? "Penso sia normale avere paura, ma quel weekend non ho avuto paura. Ero molto tranquillo. Mi sono preparato per tutta la stagione, per tutta la vita per quel momento lì. Ero molto tranquillo, l'ho affrontato come se fosse un weekend normale ed è andata molto bene". E' stato bello vedere come hai ringraziato la tua famiglia, ricordando anche alcuni momenti vissuti insieme durante la tua carriera. Tua mamma dice che nel corso della gara ti è passata 'tutta la vita davanti'. E' vero? "Non tutta la vita, ma a un certo punto, a sette giri dal termine, ho ricordato di quando ero piccolo, di mio papà quando arrivavamo tardi al circuito, di mia mamma che cucinava i Macarones... Ma subito sono tornato concentrato, altrimenti avrei potuto fare un errore". Che differenza c'è, dal punto di vista della percezione, fra il Mondiale Moto3 del 2018 e questo in MotoGP? "Il mio sogno è sempre stato essere campione del mondo di MotoGP. E' vero che essere campione del mondo è sempre molto difficile, ma farlo in MotoGP, dove siamo 18 campioni su 22 piloti è molto difficile. Battere tutti e riuscire a vincere in MotoGP almeno una volta in vita mia è qualcosa di incredibile". C'è stato un momento dell'anno nel quale ti abbiamo visto un pò cambiare: al Mugello la Ducati ha scelto di puntare su un altro pilota e tu hai firmato per Aprilia. Lì è come se avessi interiorizzato quel momento, no? "No, per me sono cambiato a gennaio. Sicuramente se tutto questo fosse successo un anno prima l'avrei presa diversamente, ma questa volta ero molto tranquillo. Ho capito bene come gestire le emozioni. Sapevo come gestire rabbia o allegria. E' stato semplice e subito ho guardato a un'altra strada dove pensavo che sarei stato felice". Ti conosciamo da quando eri un ragazzino e sei maturato molto negli anni. Qual è la cosa che più ti piace di te stesso? Quando ti guardi allo specchio dici 'sono cresciuto, sono diventato più maturo, più...' "Difficile dirlo. Per me una cosa molto importante è non perdere mai la propria essenza. Sono molto fedele ai miei valori e questo è un qualcosa che non voglio cambiare mai. Che vinca o che perda contano i valori che ho, che la mia famiglia mi ha insegnato e che ho appreso durante la carriera. E' importante essere sempre se stessi e non cambiare in base a ciò che succede". Battere piloti importanti come Bagnaia quanto ha dato valore al tuo successo? "Il campionato vinto diventa di valore se affronti piloti forti, perchè altrimenti non ha neanche senso vincere. Vincere contro un Bagnaia che durante l'anno conquista 11 vittorie, probabilmente nel momento più forte della sua carriera, un Marc Marquez o un Enea Bastianini così... Battere loro tre è stato veramente difficile, ma ci sono riuscito! Sarò sempre ricordato per aver vinto in un team satellite, che non era mai successo in MotoGP e anche per questo è bello". Quando qualcuno diceva 'Ducati non lascerà mai vincere il team satellite', sentivi fosse vero? "No, non l'ho mai percepito perchè alla fine Prima Pramac è un cliente, loro pagano per il materiale e questo è sempre arrivato. Ducati è stata molto sportiva, ma è ciò che doveva fare secondo me". Tu sei un campione che guarda al futuro, ma è un po' un peccato dover lasciare la Ducati? "Sicuramente è un peccato, è una storia che poteva continuare e insieme avremmo potuto vincere altri mondiali. Adesso non ne ho la possibilità ma proverò a farlo in un altro posto. Però, abbiamo finito in un bel modo, è andata com'è andata ma è importante capire che è un'azienda e che conta anche la parte economica del business. Era logico che un otto volte campione del mondo come Marquez fosse interessante per l'azienda Ducati". Aldilà delle sensazioni dei test, dove l'Aprilia ti è piaciuta? Cosa ti aspetti dal futuro? "Sarà importante arrivare a febbraio comprendendo a pieno il nostro livello, oltre a capire se ci sarà la possibilità di vincere dall'inizio, ma non penso. Capire dove siamo esattamente, i nostri limiti così da provare ad avvicinarci ai più forti, che saranno sicuramente Pecco e Marc. Il potenziale per una top 3 a fine anno credo ci sia, lo reputo un obiettivo realista". Hai portato con te "Radar", Daniele Romagnoli? "Si, ho portato 'Radar', che è il mio capotecnico, e un altro meccanico. Avrei voluto portare un po' più di gente, ma non potevo cambiare tutta Aprilia . Ero nel migliore team, Prima Pramac e per quello volevo portare con me un po' di persone, ma anche in Aprilia ci sono figure incredibili. Troverò il mio posto lì". Prima Pramac è un team unico nel bene e nel male, perchè è una famiglia. Chiunque passa per la squadra ha un ricordo particolare. L'hai vissuta anche tu quest'atmosfera unica? "E' stata un'esperienza incredibile. Quattro anni in un team ti fanno sentire davvero di essere parte della squadra e penso che in futuro mi piacerebbe tornare ogni tanto nell'hospitality, nel box, perchè alla fine è casa mia. Anche il rapporto con Paolo Campinoti è speciale, è un po' come se fosse un mio secondo papà. Tutta la squadra sarà sempre nel mio cuore". Fausto Gresini, la Ducati, Pramac, Aprilia... c'è una sorta di destino che ti lega al nostro paese o è solo una casualità? "No, no, non è una casualità. Mi sono sempre trovato bene nelle squadre italiane. Già quando sono arrivato in Aspar, alla mia prima stagione, passavo molto tempo con la squadra di Pecco, che era per la maggior parte italiana. Poi sono passato in Gresini e ho vinto il Mondiale, dopo sono stato in un team non italiano e non è andata così bene, sono ritornato in una squadra italiana e adesso continuo in un team italiano. E' incredibile che in otto anni di carriera ne ho passati sei in squadre italiane. E adesso ce ne saranno... altri due". L'italiano lo parli bene, solo ogni tanto qualche parola... "Si, lo parlo abbastanza bene, ogni tanto qualche 'bip' ma ci provo. Non si può dire 'cazzata', vero? ". Sei felicemente fidanzato e Pecco Bagnaia ti disse che se avessi vinto il Mondiale ti saresti dovuto sposare. La tua Maria però ha detto che ha solo 22 anni, cosa facciamo? "Sono molto felice con lei, io mi sposerei subito, perchè alla fine per me è solo ufficializzare una cosa che però già sappiamo...". Sei sicuro o devo far tagliare questa parte? "No, no, sono sicuro. Lei lo sa. Ma siamo giovani, la vita è lunga e non serve farlo così presto". Quando dicono "Campione del Mondo e ha vinto chi se l'è meritata", tu cosa pensi? "L'ho meritato. Anche Pecco lo avrebbe meritato, ma dopo quello che è successo lo scorso anno, questa stagione, anch'io l'ho meritato... Il destino è lì, è arrivato e mi ha portato questo titolo". Com'è stata la festa fatta nel tuo paese? "Bellissima, soprattutto perchè ero con la mia famiglia, gli amici di una vita. C'erano le mie radici, che è importante non perdere. Erano tutti lì. Mi sono divertito e stare nel mio paese è sempre bello". Sei un ragazzo molto sensibile. Qual è la cosa che ti colpisce maggiormente, che ti rende vulnerabile? "Quando ho visto quello che è successo a Valencia mi ha toccato molto, mi ha fatto male dentro. Ho provato ad aiutare in qualsiasi modo, non solo con i soldi ma proprio cercando delle persone che in quel momento potessero aiutare. Ancora mi tocca molto. In generale, quando vedo il male nelle altre persone o famiglie, mi immedesimo e soffro". Lì non sei 'Martinator' ? "No, sono solo Jorge!" Ultima domanda. Il numero 1 lo mettiamo il prossimo anno? "Lo vedrai a febbraio...".

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Sandro Donato Grosso