La maglia che Jankto non si toglierà mai

C’è una maglia che Jakub Jankto non si toglierà mai, la maglia di uomo libero. Ora che ha sciolto i lacci degli scarpini per conservarli nel baule del passato, può camminare a piedi nudi sulla strada della felicità che ha scelto per sé. Porta a Praga, quella strada, accanto al suo piccolo David. “Voglio stare vicino a mio figlio”, ha detto il centrocampista nel suo messaggio di addio al calcio , e quello che dovrebbe essere il pensiero più naturale del mondo suona quasi eversivo, in una società in cui il tempo per gli affetti si riduce ai supplementari. Eversivo quasi quanto quello di due anni fa, che ha reso Jankto più che un semplice bravo centrocampista con 45 presenze nella sua nazionale, ottenute anche grazie a tante ottime partite in Serie A con Udinese e Sampdoria, ma anche con Getafe e Sparta Praga. Jankto è stato il primo giocatore di livello internazionale a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità. Era il 13 febbraio del 2023 e più che sul suo stato d’animo ci interrogammo dubbiosamente sul nostro, così impreparati ad accogliere con disinvoltura quell’annuncio. Allora ragionavamo sul fatto che per definire quel gesto dovevamo attingere a un vocabolario straniero, “coming out”, perché in italiano non esiste una parola corrispondente che sia stata legittimata a degna traduzione. Un dettaglio indicativo di un contesto culturale che sulle questioni di genere certo non è migliorato negli ultimi anni, anzi: tutto, in casa nostra e fuori, congiura contro. In Italia sino ad ora non siamo stati in grado di coniare o sdoganare un termine, come se non fosse un’urgenza, un tema che ci riguardi abbastanza da dare un nome a quest’impeto di libertà. Meglio una perifrasi, un giro di parole nebuloso dettato da un terrore semantico che mai come in questo caso sottende ben altre paure. Oppure, affidarsi a una bella scorciatoia anglofona. Quel giorno Jankto ci incoraggiò a scrivere coming out accanto a gol, corner, offside, penalty, ma a ben vedere lo abbiamo fatto solo quel giorno. Pensavamo, con un po’ di ingenuità, che la sua sincerità e la reazione matura di tutto l’ambiente potessero suggerire ad altri ragazzi di smettere di nascondersi, per citare il verbo scelto da Jakub, ma così non è stato, confermando che l’inclusione resta una disciplina individuale, molto individuale. Non è ancora uno sport di squadra. Non sappiamo se e quanta solitudine abbia attraversato il cuore coraggioso di Jankto da allora, certo è che lui scelse di non isolarsi. Pochi mesi dopo quelle parole tornò in Serie A, proprio in un’Isola, nel Cagliari di Ranieri che lo aveva già guidato alla Sampdoria: la persona giusta per accompagnarlo in una nuova fase di consapevolezza. I guai fisici, però , iniziarono a tormentarlo e per colpa di una caviglia Jankto non è più tornato ad essere il centrocampista brillante che era stato. Eppure ci fu una parentesi di gioia sportiva che in Sardegna ancora ricordano: un gol decisivo per la salvezza, a Empoli. Nel rivedere quelle immagini colpisce la sua esultanza commossa e incredula. In mezzo al campo Jakub Jankto scuoteva la testa per dire no, non ci credo: e invece era tutto vero. Sentirsi ancora calciatore era la sua priorità, perché in fondo lui non ha mai chiesto di essere un’icona, un paladino di battaglie che almeno per ora ha deciso di non ingaggiare. Pur nella dimensione pubblica del suo annuncio, Jankto ha rivendicato un legittimo spazio privato dove dar seguito alla sua aspirazione di sincerità, concedendo poche interviste, declinando con gentilezza gli inviti di associazioni impegnate per i diritti, facendo in modo che l’attenzione su di lui calasse, come dovrebbe essere d’altronde in un mondo ideale. Quello del calcio che oggi lascia non lo è ancora, ma la via aperta da JJ resta, e non è un vicolo cieco. JJ è la sigla con cui Jankto firma i suoi quadri. Già, perché oltre ad essere un uomo di calcio, e continuerà a esserlo allenando i giovani del Dukla Praga, oltre ad essere un imprenditore digitale che investe in una sorta di factory degli esports, JJ è anche un appassionato pittore. Ora che si è ripreso il suo tempo, non gli resta che dedicarne un po’ a un autoritratto. Come lo immaginiamo? In piedi, dritto e fiero. Sulla strada, per mano con il piccolo David. Addosso hanno la stessa maglia, la divisa ufficiale di chi gioca per la libertà.

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Veronica Baldaccini