Spalletti, le frasi celebri dell'allenatore in carriera
CIT. SPALLETTIIntroduzione
Prima conferenza stampa da neo-allenatore della Juve e primo show per Luciano Spalletti che, come ha abituato durante tutti questi anni, si è lasciato andare a un paio di massime destinate a restare nella sua personale enciclopedia. Ecco una raccolta delle frasi cult pronunciate in carriera dall'allenatore di Certaldo
Quello che devi sapere
Prima alla Juve ed è subito cult!
Le aspettative, in tal senso, erano alte. E non sono state deluse. Luciano Spalletti, conosciuto tra le tante cose per il bel gioco, i titoli, ma anche per le sue frasi mai banali davanti ai microfoni. E così è stato anche per la sua prima conferenza stampa da allenatore della Juve. Pronti, via e subito la prima battuta su cui prendere appunti: "Noi non siamo nelle condizioni di poter essere presuntuosi di niente per cui assoluto rispetto per tutti e nessun tipo di slogan perché non mi piacciono nemmeno gli slogan, visto che rischiano di sostituire i fatti. Bisogna lasciare che sia il rumore del pallone che scorre sull’erba il messaggio che vogliamo dare. Se i tifosi sentono quel rumore sugli spalti, quello è il modo corretto per parlare, si lascia tutto al campo".
Ma guardare al futuro non vuol dire archiviare il passato: "Io ho lasciato in tutte le città dove ho allenato qualcosa e mi ricordo bellissime cose. A Napoli è venuta fuori una cosa superiore per la bellezza del calcio che abbiamo fatto e per quello che abbiamo portato a casa, uno scudetto bellissimo e importante. Ho instaurato un rapporto con quella gente particolare per cui rimarrà così, rimarrà tutto intatto da parte mia. Stamattina dovevo fare le analisi e mi sono fatto tirare il sangue dall’altro braccio perché di qua volevo che non fosse toccato niente".
"Me ne frego della mucca intera"
Da una parte lo stile conosciuto di una penna raffinata come Gianna Mura, dall'altra un Luciano Spalletti all'alba della sua carriera da allenatore. Il toscano è alle prime imprese con l'Empoli ma - oltre che sul campo - sa anche già colpire con le parole. Il suo bigliettino da visita all'Italia intera è stampato, appunto, nelle parole rilasciate in un'intervista a Mura nell'ottobre 1997. "Il mio babbo diceva che nella vita bisogna sapersi accontentare e io ho sempre pensato che più d'una bistecca al giorno non mangio e quindi me ne frego della mucca intera". In questo vecchio Spalletti c'è già tutto Spalletti.
Spalletti, Totti e Pelé
Gavetta e promozioni fino ad arrivare allo step capitale. È il gennaio 2006, la prima stagione di Spalletti alla Roma e un nuovo Totti falso nueve all'orizzonte (da lì a poco si sarebbe gravemente infortunato, rientrando però in tempo per giocare e vincere il Mondiale con l'Italia). Il capitano dei giallorossi ha ricevuto la consacrazione anche da O'Rey e l'allenatore non può che condividerne il pensiero: "Sono d'accordo con Pelé, anche perché se ne intende più di me: è Totti il giocatore più forte al mondo. Dargli la palla è come metterla in banca, è lui l'allenatore di questa Roma". Espressione che sarà arricchiata qualche anno dopo da un'altra massima: "Avvicinare Francesco all'area di rigore è come mettere la volpe vicina al pollaio: trova sempre lo spazio per creare terrore. Totti fa gol, è bravo a mandare, a non dare punti di riferimento e quando calcia trova sempre i cantucci".
"E il tacco e la punta e il numero..."
Il primo capitolo giallorosso si chiude con le dimissioni per l'allenatore di Certaldo. Colpa di due sconfitte consecutive nelle prime due di campionato, ma conseguenza di un rapporto ormai logoro. E le avvisaglie si erano avute, probabilmente, proprio nelle parole del mister toscano in conferenza stampa, arrabbiato per l'eccessiva leziosità dei suoi giocatori in un contesto di gioco, risultati e classifica evidentemente complicati. "Nei risultati è più facile ammorbidirsi e credersi bravo e andare meno a lavorare sul particolare e sullo sporco. Ci si specchia nel numero e nel titolo... [...] È cinque anni che dico gli equilibri, gli equilibri, gli equilibri. Il tacco, la punta, il numero, il titolo, il gol, gli equilibri, se non si fanno i contrasti non si vincono le partite. Poi da questo bisogna partire, altrimenti parliamo di aria fritta fino a domani mattina".
In Russia cala il gelo
Il motivo è una celebre sfuriata televisiva dell'allenatore. È ai tempi dello Zenit, ma la rabbia italica accorcia le distanze e più che a una frase cult si assiste a un momento cult che impiega poco ad arrivare sui nostri schermi. La premessa è dettata dal recupero subito in pieno recupero dalla squadra di San Pietroburgo, la sceneggiatura prosegue poi con la scomoda domanda del giornalista inviato che chiede al mister le emozioni vissute. "Ma che emozione? Ma che c.... dici? Ma quale emozione?" risponde furioso Spalletti che lamenta un gol arrivato ormai a tempo di recupero scaduto. "L'ho già detto che a lui (riferito all'arbitro ndr) non gli sto simpatico e anche oggi l'ha fatto vedere" conclude prima di abbandonare l'intervista.
Il suo mantra
"Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c’è altra strada". Diventerà il suo marchio di fabbrica, lo slogan da cui partire (anche se lui afferma che non gradisce gli slogan), il suo mantra da far respirare a tutto l'ambiente circostante. Lo conia quando le strade con l'Italia si sono completamente accorciate, anzi ritrovate, perché se tutte le strade portano a Roma quella per Spalletti era una direzione già conosciuta. La "cit" arriva nel settembre 2016, dopo un pazzo 3-2 in rimonta sotto la pioggia, ma lo ripeterà più volte lo stesso anno e anche nelle esperienze successive, che fosse l'Inter o il Napoli, fino a giungere alla Nazionale. Del resto "si può essere uomini o donne senza essere campioni, ma è impossibile diventare campioni senza essere veri uomini o vere donne". Spalletti docet.
Le galline del Cioni
Passa un mese da quel Roma-Samp e arriva il Palermo. Altra vittoria, altra conferenza stampa e altro show. Gli viene posta una domanda a proposito dell'ambiente e l'allenatore si mette le mani in testa, prima di sbattere la testa sul tavolo. Il clima è già frizzantino ma il coup de théâtre deve ancora arrivare. Lo stesso cronista chiede, poi, qual è il problema della prestazione di Juan Jesus - sostituito al termine del primo tempo -, ma la risposta di Spalletti spiazza tutti: “È che le galline del Cioni hanno bisogno di mezzo chilo di granturco al giorno e bisogna dargli da mangiare. Il Cioni è quello che abita vicino casa mia a Certaldo, e bisogna nutrire tutti i giorni le galline del Cioni. Non è soddisfacente come risposta?".
Inter, mi presento
Dalla Roma finisce all'Inter e del suo nuovo progetto si vuole prendere la massima cura. Attraverso le colonne della Gazzetta si 'presenta' così ai suoi nuovi tifosi: "Perché le cose accadano bisogna volerle davvero. Io non sono nato in Toscana, sono voluto nascere in Toscana. Infatti ho le gambe storte di chi fa solo sali e scendi e non può mai andare pari, su un terreno regolare. Guardi le mani. Anzi, no. Le tocchi proprio. Sono quelle di uno che ama stare nella campagna, potare le piante, dare da mangiare agli animali". E in ritiro rincara la dose: "In situazioni normali non c'è un furbo se non c'è un bischero e a noi la parte del bischero garba poco farla". E sarà dalle radici spallettiane che l'Inter inizierà il suo ritorno ai vertici.
Il derby e Napoli prima di Napoli
Da una calda rivalità cittadina a un'altra. Nell'ottobre 2017 ad accendere l'aria da derby sono le parole del ds rossonero, Mirabelli. "L'Inter deve avere paura anche del Milan" dice a proposito della lotta ai vertici, e Spalletti a Milano richiama Napoli (prima di Napoli). E lo fa citando 'Non ci resta che piangere' in conferenza: "Mi sembra il 'prete di Frittole', quello che con l’indice puntato ricorda a Troisi che deve morire. Va bene, mo’ me lo segno”. Alle parole sarà Spalletti a far seguire i fatti, con l'obiettivo Champions che sarà raggiunto solo dai nerazzurri.
"Lo sa anche la mia mamma..."
Il clima sereno con vista sul derby si copre di nuvole col passare delle settimane. Arriva un momento di scarsi risultati a cavallo tra il 2017 e il 2018 e l'allenatore sbotta in conferenza stampa alla domanda sulla 'coperta corta' dell'Inter in fase difensiva: "Ma non ce la faccio più, fate come vi pare... Non so più cosa dire. Non parlo, perché poi sono io che devo andare negli spogliatoi a dire ai ragazzi che sono scarsi. Che devo fare? Giudicate voi, io penso a lavorare. Ovviamente qualche difficoltà oggettiva c'è, inutile nasconderlo. In questo momento non siamo al top della condizione. È sotto tutti gli occhi che ci manca un centrale, non c'è bisogno di indagare e analizzare ogni mia sillaba! Lo sa anche mia madre di 80 anni: da inizio stagione ci manca un difensore, non serve fare centomila volte la stessa domanda".
Avversari e capitani
Allora era uno dei pretendenti allo scudetto alla guida del Napoli, oggi ha segnato in qualche modo il suo destino, condannando alla sconfitta l'ultimo Tudor bianconero. Non stiamo parlando di Spalletti, ma di Maurizio Sarri, a cui l'allenatore di Certaldo - un altro toscano come lui - gli riservò un complimento mica da poco in una conferenza stampa prima di affrontarlo: "Se Sarri avesse continuato a lavorare in banca, ora sarebbe ministro dell’economia”.
Non si può dire che abbia usato lo stesso miele quando, nel commentare il caso Icardi ormai lontano dall'avventura interista, rivolto ad alcuni studenti durante un evento disse: "Si dice che i panni sporchi vanno lavati in famiglia. No, i panni sporchi si portano alla lavanderia a gettoni, fuori. E qualche volta ci si piglia anche tutta la centrifuga”.
L'importanza della gavetta nel suo primo Napoli
Dopo la parentesi nerazzurra, Spalletti resta fermo per un paio d'anni in attesa di una nuova avventura. Ma non sono due anni di riposo, perché Spalletti continua a studiare, sospinto dalla gavetta già consumata e la voglia di arrivare dove non è mai arrivato prima. Quell'occasione si chiama Napoli e quella rincorsa si traduce nel messaggio che l'allenatore Certaldo esprime durante la prima stagione: "Io ero scarso. Ero scarso da giocatore e da allenatore. Poi mi sono fatto il mazzo e mi è capitato di vincere contro squadre e allenatori più forti”. Sarà il preludio di un qualcosa di magico in azzurro.
"C'è un Sud che non tiferà mai Juve"
I legami sono anche fatti di frasi e discorsi. Specie quando arriva alla vigilia di un match che rappresenta molto di più per una città intera. Spalletti sa toccare le corde giuste del popolo napoletano e alla vigilia della sfida alla Juve ribadisce: "‘I tifosi della Juve sono della maggioranza del Sud, ma c’è un Sud che non tiferà mai Juventus. Per questo Sud, essere napoletani e tifare Napoli è l’unica cosa che conta".
Per vincere a Napoli, Spalletti non può che farsi ispirare anche da Maradona: Queste le parole con cui lo descrive nel novembre 2022: "Per capire l'anima di Diego va ascoltato quando cantava forse più che vedere le sue prodezze in campo. La sua grandezza è come faceva sentire gli altri e quando li faceva diventare grandi".
Lo scudetto a Napoli: "Si dilaziona il mio godimento"
"L'amore dei tifosi si percepisce ed è massiccio dentro la testa, rappresentiamo il loro sogno. Volevamo fare quel gol in più per donarlo direttamente a loro, ma dal mio punto di vista si dilaziona il mio godimento. In questa classifica io ci sto benissimo, rimandiamo la festa ma vuole dire proseguire coi festeggiamenti perché alla fine quei punti li faremo". Si esprime così l'allenatore dopo Napoli-Salernitana, terminata con un pari che rimanda la festa scudetto degli azzurri. Ed è con queste dichiarazioni che riavvicina in un istante il profumo di titolo, allontanando tutti gli spettri possibili che si erano già materializzati. Per lo scudetto basterà attendere altri 4 giorni. Detto, fatto.
