Identità e qualità: la Juve di Spalletti ha ancora tanto lavoro da fare

L'effetto Spalletti sembra già svanito. La Juve è tornata ad avvitarsi nelle sue lacune, nelle sue fragilità. Piu o meno 300 milioni spesi nelle ultime due sessioni estive di mercato per ritrovarsi con una squadra che non è migliorata, come se gli investimenti non ci fossero mai stati. Le scelte del nuovo allenatore documentano le difficoltà della Juve, cosi come le sue parole al termine della partita di Firenze: "Siamo sotto livello", ha detto con apprezzabile onestà intellettuale Spalletti, che si è assunto la responsabilità dell'ingresso tardivo di David e Openda. Ma è evidente che in questo momento il problema della Juventus non siano i cambi. La Juve sembra lontana dal livello di cui parla l'allenatore. Perché è una squadra che ha diversi problemi e che insegue a fatica una sua identità. La lacuna principale sembra la carenza di qualità a centrocampo: Koopmeiners è stato retrocesso in difesa, mentre Thuram si è infilato in una preoccupante involuzione, un giocatore in questo momento irriconoscibile rispetto a quello che si stava ritagliando un ruolo importante nella nazionale francese. Locatelli ha sì personalità, è una buona diga davanti alla difesa, ma non ha le qualità tecniche del regista che servirebbe ai bianconeri. Il fallimento nella passata stagione di Douglas Luiz ha zavorrato il club., forse sarebbe stato opportuno concedere un'altra chance al brasiliano. O forse la Juve avrebbe dovuto cercare un'alternativa sul mercato. Magari i 40 milioni spesi per Openda potevano essere dirottati su un regista. Trovare un regista all'altezza non sarà semplice. Quasi impossibile nel mercato di gennaio. Per questo motivo Luciano Spalletti dovrà arrangiarsi con le risorse a sua disposizione. E le caratteristiche dei giocatori della Juventus conducono a una squadra muscolare, più da battaglia che da gioco ragionato. Intanto sarà fondamentale trovare quell'aggressività che a Firenze non si è vista: il tiki taka dei primi 25 minuiti, per di più quasi sempre all'interno della propria trequarti, è stato sterile. Per alzare il livello di cui parla Spalletti, l'apporto dei due giocatori piazzati alle spalle di Vlahovic diventa determinante. E se accade, come a Firenze, che l'apporto di Yildiz si rivela inconsistente, i problemi si amplificano. E la soluzione McKennie appare come una resa davanti alle difficoltà della squadra. Un mediano in più, un attaccante in meno: una strategia momentanea che non può essere la soluzione. Una scelta che cozza contro le ambizioni della Juventus, ma ancor di più contro l'idea di calcio di Spalletti, amante della qualità e del gioco propositivo. Il nuovo corso ha bisogno di tempo. L'esordio di Cremona aveva diffuso l'idea che sarebbe bastato il cambio di allenatore per risolvere i problemi della Juve. Un po' quello che era accaduto con l'esonero di Allegri, che aveva sicuramente fatto meglio di Motta e Tudor con meno risorse a disposizione. Spalletti ha le qualità per rilanciare i bianconeri. Il primo obiettivo deve essere quello di restituire una identità alla squadra, frastornata dal vortice di cambi, in panchina e all'interno della rosa. Il ruolo di Yildiz, Conceiçao e Zhegrova diventa perciò fondamentale. Ricordando che il turco è senza dubbio un grande talento, ma appena 20enne; che possa avere degli alti e bassi è inevitabile. Caricarlo di eccessive responsabilità potrebbe essere deleterio, anche se resta uno dei pochi che può accendere la luce del gioco.

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Maurizio Compagnoni