Nella testa dei giocatori della Fiorentina: come si esce da questa crisi

Questo non è solo un vademecum per il giocatore della Fiorentina . Probabilmente vale per i giocatori in generale. Soprattutto quelli che partono con un certo tipo di ambizioni ma che poi si ritrovano di colpo ad affrontare le zone peggiori della classifica. E qui, invece, la Fiorentina c’entra eccome. Ripeto: questa crisi io l’ho vissuta e l’ho vissuta purtroppo molto sulla mia pelle. Era la mia ultima stagione in viola: 2011/2012, venivo fischiato ogni partita al Franchi, mi era stata tolta la fascia di capitano, in primavera avevo capito che sarei quasi passato al Milan e soprattutto mi stavo giocando la convocazione per l’Europeo che si sarebbe giocato quell’estate . Ma non ho mollato. È una strada, quella di non mollare. L’altra è quella di parlare con il proprio agente e di chiedere subito la cessione. Non si scappa. Nella testa di un giocatore emergono questi due pensieri e da questi si deve partire. C’è chi non crede nel progetto e preferisce sùbito cambiare aria; c’è invece chi resta per provare a sistemare le cose per poi valutare con calma quello che c’è da fare. Ma cosa passa nella testa di un giocatore, in situazioni di crisi così accentuate? Me lo sono chiesto anche io, vedendo le partite di quelli che, oggi, nella Fiorentina dovrebbero essere i più rappresentativi, come Kean o De Gea. E non penso che emerga un sentimento di inadeguatezza, o una forma di insicurezza. Un giocatore sa che certe crisi in carriera possano capitare. L’importante è essere sempre lucidi e sapere come affrontarle. Detto in altre parole: dubito che Kean, De Gea o chiunque altro pensi di non essere adeguato. Un giocatore conosce il proprio livello, al netto di una soggettività più o meno marcata. Conosce il proprio livello, scrivevo, ma si chiede cosa può fare per uscire da quelle secche. Ed è qui che entra in gioco chi vuole restare, chi vede quella dell’uscita dalla crisi come una sfida nella sfida, e chi invece preferisce cambiare aria. A Firenze, probabilmente, è quello che si sta vivendo ora: l’allenatore è appena arrivato ma è già in fortissima discussione e la piazza sta vivendo la situazione come se una figlia stesse tradendo la sua famiglia. Questa figlia è amata in maniera viscerale, ma il pessimismo si percepisce tutto e il dolore è ancora più forte. Per questo giocare in casa è così complicato. Io stesso, ricordo, ho vissuto in quel mio anno ritiri su ritiri. Anche lontano da Firenze, per provare a distanziarsi da una città che, altrimenti, rischia di farti sprofondare per il troppo amore e la troppa passione che mette. È tutto un lavoro di squadra che nella Fiorentina serve come il pane: manca una figura carismatica forte in società, che aiuti a prendere una direzione. Perché ora non servono più giocatori con una tecnica eccelsa, ma uomini che possano avere quella giusta personalità per poter gestire questa pressione, anche senza essere tecnicamente i migliori in rosa. È come se si tracciasse una linea: dentro o fuori. Un confronto che nello spogliatoio sarà necessario portare avanti con grande chiarezza e trasparenza il discorso della salvezza: serve una strategia tattica chiara dalla quale partire per sistemare i problemi, servono circa 12 giocatori che possano fare da testuggine nell’arena per provare a ribaltare una situazione quasi troppo difficile per essere vera. Per quanto sia reale. Alcune statistiche sono chiare: servono 29 passaggi per portare Kean sottoporta e la media punti è rimasta, con Pioli prima e con Vanoli ora, a 0.4 a partita . Due numeri che fanno capire lo stato dell’arte e come poterne uscire. Un giocatore questo lo sa: si impegna per superare le difficoltà, consapevole che conta il 10% nell’economia di una squadra. In fin dei conti, il problema è legato alla collettività. Ed è per questo che una guida chiara è necessaria. Lo abbiamo vissuto noi anni fa, lo possono percepire i giocatori ora. Nulla è perduto, ancora. Ma tutto è necessario, adesso.

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Riccardo Montolivo