Inter campione d'Italia: le pagelle scudetto di Stefano De Grandis
Dalle mosse di Inzaghi a i gol di capitan Lautaro, dalla regia di Calhanoglu alle pennellate di Dimarco, dagli strappi di Barella agli assist di Thuram: voti e giudizi di Stefano De Grandis su tutti i protagonisti del 20° scudetto dell'Inter
- Non ha vinto il suo primo scudetto, lo ha stravinto. Voleva talmente questo successo, da non aver mai ceduto – nemmeno nel periodo da dentro o fuori dalla Champions – alla tentazione del turn over: in Serie A, in campo sempre i migliori. Stavolta ci si ubriaca, ma senza usare la coppa. Con una gestione oculata e programmatica anche dei cambi in corsa. COMPUTER
- Arriva come rimedio alla partenza di Onana, sacrificato per fare cassa. Con meno fisico (e senza posare per i fotografi) regala affidabilità e alla fine è lui uno dei segreti di questo scudetto dominato. Perché dopo avere offerto i mezzi per la campagna acquisti, non para l’imparabile ma... tutto il resto sì! LEADER SILENZIOSO
- Col suo arrivo, Inzaghi completa la sua rivoluzione offensiva. Diventano 10 gli uomini capaci di attaccare, tutti quelli di movimento. Anche Pavard, che non si presenta in area solo sui calci piazzati, ma anche estemporaneamente, quando c’è la possibilità di inserirsi partendo da destra. Non segna come in Germania (4 gol nella stagione precedente col Bayern), ma promette che lo farà. ESUBERANTE
- A lui non si rinuncia. Gioca sempre. Da regista della difesa, certo. Ma anche da terzo a sinistra, quando c’è da far rifiatare Bastoni oppure bisogna premiare la fedeltà e la professionalità di De Vrji. Acerbi gioca comunque. Tanto che Inzaghi ne ha preteso il riscatto a 4 milioni a dispetto dei suoi 35anni e dei rapporti azzerati con la Lazio. Senso dell’anticipo, gioco aereo, ottimo piede sinistro. GARANZIA
- Il suo cambio di gioco rappresenta una chiave in più a disposizione di Inzaghi, quando non funzionano le mosse tradizionali. Allora il suo sinistro incide per la sventagliata, il lancio lungo o il cross risolutivo. Eccellente nel palleggio, quanto nella interpretazione tattica della partita. Altro che braccetto; è il bicipite ipertrofico di un culturista. E senza bisogno di anabolizzanti. PREPOTENTE
- Interista a 22 anni e mezzo, segna il primo gol in nerazzurro contro il Lecce poco dopo averne compiuti 23. Ma non sono solo i suoi 196 centimetri di altezza a dimostrare che in Serie A ci può stare. Oltre alla forza fisica e allo stacco aereo, funziona il tempismo in marcatura e la disponibilità a collaborare all’azione offensiva. In assenza di Pavard, lui più di Darmian può blindare la difesa. GLADIATORE
- Mai una parola fuori posto, sebbene Inzaghi abbia favorito il sorpasso di Acerbi al centro della difesa. Cioè del centrale che la Lazio era andato a pescare dal Sassuolo per mettere una pezza alla fuga dell’olandese. Riserva di Acerbi: Stephan ha accusato il colpo, ma non ha mai protestato. Anzi si è concentrato. Per rispondere, puntuale, ad ogni chiamata del suo allenatore. PROFESSIONISTA
- E’ la classica offerta del supermercato: paghi uno (difensore di fascia) e il secondo (braccetto difensivo) è gratis. Tanto Matteo dove lo metti funziona. In attesa di Pavard, fa il difensore di destra, ma col francese in campo si sposta a tutta fascia, costringendo Dumfries ad alternativa di lusso. Fa tutto bene, rispettando i compiti alla lettera. Disciplinato e attento, volendo anche a sinistra. TRISVALIDO
- Dei laterali è quello che parte sempre per primo, anche quando l’azione si sviluppa dalla parte opposta. Perché ha forza e velocità e permette all’Inter di spingere con quattro attaccanti, le due punte più due ali vere (lui e Dimarco). La necessità di equilibrio lo dirotta in panchina e forse, in prospettiva, a diventare pedina di mercato. BULLDOZER
- Ora sa anche difendere e all’occorrenza si piazza nella linea più bassa, a fianco del centrale e del difensore di destra. Ma diventa uno spreco, visto quello che produce spingendo sulla fascia sinistra. Gol e assist, col mancino capace di colorare traiettorie meravigliose. I suoi cross, oltre la linea dei difensori, diventano spesso decisive chiavi di accesso. ARTISTA
- Rispetto a Monza, ha segnato meno. Ma c’era Dimarco e per correre sulla fascia Carlos si è dovuto accontentare delle briciole (comunque distribuite da Inzaghi partita dopo partita). Per aumentare il minutaggio, allora, il brasiliano ha giocato anche più indietro. Imparando a difendere e aggiungendo referenze per il prossimo contratto. DISPONIBILE
- L’infortunio di Cuadrado ne favorisce l’arrivo, ma l’affidabilità di Bisseck e Darmian lo trasformano in un piccolo lusso, nel vestito delle grandi occasioni. Guizzante e offensivo più degli altri laterali, può diventare un rinforzo nella partite bloccate. Sarà utile nella prossima stagione, una volta mandate a memoria le lezioni di Inzaghi. INVESTIMENTO
- E’ il centrocampista italiano più forte, ma il guaio è che lo sa. E quindi quando ha il pallone tra i piedi, infila qualche ghirigoro in più, lo pettina e lo accarezza, lo tratta un po’ più del necessario, e spesso cerca la giocata più plateale. E’ il piccolo neo di un riferimento completo: tecnica ma anche quantità e capacità assoluta di gestione del gioco. E’ uno dei tre registi nerazzurri. UNIVERSALE
- Inzaghi lo inventa regista post Brozovic e l’intuizione cambia la vita all’Inter (e a lui). Ha trovato il modo di migliorare la propria categoria: prima si inseriva e tirava, ora disegna la manovra, ha forza e intelligenza per contrastare e, se capita, impegna i portieri da lontano. I gol li fa su rigore, l’errore non è previsto. Stanco nel finale di stagione, ma non spegne mai la luce. RIFLETTORE
- Con Inzaghi cambia le abitudini: da nomade della mediana ad abitante del centro città. Dimostrando di essere tutto, ma proprio TUTTO, meno che individualista e inaffidabile. Copre il campo a meraviglia, è il primo nelle coperture preventive quando si perde palla. E, a 35 anni, non ha perso lo spunto e il gusto per le iniziative personali. Arrivato gratis dalla Roma: colpo magistrale. DOUBLE FACE
- In un’altra Big avrebbe giocato di più: il ritornello è più o meno questo. In effetti nell’Inter parte solo pochissime volte titolare (tre fino alla vittoria aritmetica dello scudetto). Eppure segna, dimostrando di essere il centrocampista più abile nell’inserimento. Paga una concorrenza eccellente nel palleggio, ma resta un valore aggiunto della rosa. GUASTATORE
- La sua inesperienza aveva favorito, quando fu necessario sostituire Brozo, il trasloco di Calha in mezzo. Quest’anno invece ha dimostrato di poter essere lui l’alternativa. Quando il turco ha dovuto tirare il fiato, Inzaghi lo ha piazzato al suo posto senza sconvolgere il rendimento della squadra. Geometrico ed elegante, deve forse accettare di sporcarsi quando serve. PROMOSSO
- Nell’Ajax è stato considerato miglior talento giovane ma anche, in una stagione, miglior giocatore del campionato. Eccellente nel sistema di gioco a cui era abituato, ha fatto fatica a inserirsi negli schemi dell’Inter. “Formaggino Klaassen” veniva scherzosamente soprannominato nel suo Paese. Ora deve mettere la crosta. RIMANDATO
- Forse lo ha aiutato il titolo di campione del mondo o magari anche la fascia di capitano. Di certo il salto di qualità c’è stato, nella consapevolezza e nel gioco. Cannoniere naturale (quest’anno dominatore in Serie A), ora prova a giocare anche per gli altri. Le partenze di Dzeko e Lukaku lo hanno imposto come riferimento assoluto. A volte sorride, e questa è una novità assoluta. INDISCUTIBILE
- Non era facile sostituire un maestro come Dzeko o un cannoniere come Lukaku. Thuram sgombra i dubbi velocemente: è la spalla ideale di Lautaro. Per come difende palla, per come fa salire la squadra, per come attira la marcatura. Non è un bomber irresistibile, ma nel primo anno italiano supera i 10 gol: non male. E poi alle reti ci pensa il cavalier Lautaro. Lui lo serve come il più fedele... SCUDIERO
- Sognava di tornare all’Inter per imporsi da protagonista dopo l’avventura fallimentare all’epoca dei venti anni. In realtà, gli infortuni e l’esplosione di Thuram finiscono per ridurne gli spazi. Quando gioca, alterna numeri raffinati (tecnicamente Marko è molto bravo) a errori grossolani sotto porta. Ma accetta il ruolo di alternativa e si porta a casa un titolo. INCOMPIUTO
- Aveva chiesto di andare via perché giocava poco, torna per fare la riserva a tempo pieno. E’ un paradosso, ma El Nino se lo cuce addosso con disinvoltura. Non ha più lo spunto di un tempo, ma nel finale di campionato entra in forma e soprattutto in rifinitura dà il suo contributo. LAMPEGGIANTE