Il giorno in cui George Weah inventò l’auto-assist

Come quelli che assistettero alla prima rovesciata, al primo gol di tacco o alla prima rabona, il 3 dicembre del 1995 ci trovammo improvvisamente al cospetto di un nuovo “gesto” del calcio. Lo inventava George Weah, ma non ebbe battesimo: nel senso che non gli fu mai dato il nome del suo ideatore – come era successo ad esempio per il gol “alla Del Piero”, tre mesi prima – e tuttora vive nei nostri ricordi privo di un’etichetta precisa. Potremmo chiamarlo l’auto-assist, e il punto, per farla breve, è che “King George”, quel pomeriggio, effettuò un lancio verso la porta e poi corse a raccoglierlo, per fare gol lui stesso. Al fantacalcio sarebbe stato un +4. Lazio-Milan, stadio Olimpico. La difesa della squadra di Zeman sta reggendo contro il Milan capolista: Fabio Capello ha mandato in campo dal 1’ Roberto Baggio e Dejan Savicevic a ispirare George Weah, che però sembra tutt’altro che propenso a raccogliere i loro inviti: un gol mangiato in avvio, il resto della partita che si trascina senza spunti da parte dell’attaccante liberiano in odore di Pallone d’Oro. A 20’ dalla fine anche Capello sembra rassegnato all’idea di uno 0-0 che comunque non è da buttare e anzi, va protetto dalla possibile beffa che nel calcio punisce spesso chi spreca troppo: fuori Baggio e dentro Coco, per un Milan più accorto. Chi pensa che l’interruttore della creatività rossonera sia stato spento deve però ricredersi al minuto 87, quando Weah si inventa “quel” gol. Sebastiano Rossi con un rinvio a una mano, usando il braccio come un discobolo, fa arrivare il pallone a Eranio, sulla linea di centrocampo: ma questo – il rinvio di Rossi – è un altro capitolo. Eranio stoppa e prolunga per Weah, pochi metri più avanti. Weah riceve con il destro e, mentre sta già girando su se stesso, con un secondo tocco di sinistro fa sparire il pallone sotto il naso di Marcolin, che aveva provato ad allungare gamba e braccio per fermarlo. L’eleganza con cui scavalca quel primo ostacolo sul suo cammino fa già alzare qualcuno dal seggiolino. Il tocco successivo è quello del capolavoro: di tecnica, di inventiva, di capacità di improvvisare. Con Nesta e Bergodi a formare un secondo muro – un muro che gli va anche incontro – Weah fa passare il pallone in una breccia con un tocco di velluto e poi aggira con movenze da pantera quei due corpi che, al confronto, sembrano pesantissimi. Ecco: quel tocco in profondità è il classico passaggio filtrante che un trequartista suggerirebbe per il compagno attaccante pronto a scattare. Weah fa entrambe le cose: prima trequartista e poi attaccante, con uno scatto va a riprendersi il pallone, e qui l’unica colpa di Francesco Mancini è quella di rimanere bloccato a metà strada, indeciso tra l’uscita e il ripensamento, dopo aver calcolato male le distanze o forse aver sottovalutato la velocità dell’avversario. A rivederlo è proprio così: il tocco in profondità fa la differenza, perché in un primo momento pare troppo forte, e dunque facile preda di un portiere in uscita, ma quando Weah accende il motore ci si rende subito conto che sarà lui ad arrivarci per primo. La zampata finale, con l’esterno, per mettere in rete, è forse la parte più semplice. Campione anche di umiltà, in sala stampa Weah spiegherà così la genesi del suo capolavoro: “Grazie all’allenatore che mi ha lasciato in campo anche se non stavo giocando bene e forse meritavo di essere sostituito con un compagno più riposato”. Palla a Capello: “George era forte ma nessuno immaginava a questi livelli - disse - Ci sorprende la genialità di alcune sue reti, anche se a volte ci meravigliamo di come riesca a sbagliare gol in apparenza facili. Ce lo teniamo stretto: è un grande giocatore e un grande uomo, mischia qualità raramente rintracciabili nei protagonisti del calcio di oggi”. Qualità su cui immediatamente ci si interroga, dopo quel gol che, se non è da supereroe, è certamente da super atleta. Di Weah si lodano l’irrefrenabile potenza d’urto, la prodigiosa capacità di addentare spazi e pallone, la straordinaria coordinazione , non a caso il tasto su cui batte il preparatore atletico Vincenzo Pincolini: “Quel gol è un inno alla capacità di accelerazione, ma in George è impressionante soprattutto la coordinazione dei movimenti quando la velocità è al massimo”. In effetti Weah lanciato a tutta velocità lascia a bocca aperta sia per la fluidità dei movimenti ampi quando distende la falcata in progressione sia nei movimenti brevi come i cambi di direzione e le accelerazioni. “George ha praticato altre discipline sportive – continua Pincolini – ha fatto atletica a livello studentesco ed è un discreto giocatore di basket. Insomma, conosce tante parole del vocabolario motorio. A mio parere deve soltanto migliorare nella forza: non essendo un atleta giovane sarà costretto a lavorare parecchio. Deve prendere esempio da Baresi, il cui segreto sta proprio nella forza”. Lo farà. Prenderà talmente esempio dal suo capitano che qualche settimana dopo, in partenza per la Liberia per una partita con la nazionale, annuncerà: “Di sicuro giocherò nel ruolo di libero, perché in squadra ci sono diversi attaccanti di un certo livello”. Da applausi la risposta di Fabio Capello: “Se fosse vero non oso pensare che cosa siano gli altri attaccanti della Liberia. O sono scarsi dietro, oppure in avanti hanno solo fenomeni. Da visionare subito”. Ora, a proposito di quel gol dicevamo che gli manca solo il nome. Non possiamo nemmeno chiamarlo gol “alla Weah” perché quello, nell’immaginario collettivo, è il gol segnato con il coast to coast a San Siro, contro il Verona, prodezza che è un riassunto in movimento del calciatore Weah: velocità, destrezza, resistenza, atletismo, astuzia. Bellezza. Ecco: quel gol al Verona in un certo senso è figlio di quello alla Lazio, in quel suo autolanciarsi alla rincorsa del pallone gettato in uno spazio libero sempre più avanti e in cui arriva sempre prima degli altri. Il calendario non mente. Il gol al Verona è datato 8 settembre 1996, nove mesi dopo la perla alla Lazio rimasta senza nome. Possiamo dire che quel giorno, all’Olimpico, assistemmo al concepimento del gol "alla Weah". Nascita e battesimo arriveranno.

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Vanni Spinella