Milan, Rebic: "Rangnick venne a Firenze per me. Ibra un leader, c'è bisogno di lui"
retroscenaIl croato si racconta a Sportweek: "Dipendesse da me resterei al Milan, Rangnick mi conosce e al Lipsia mi ha portato lui". Poi su Ibra: "Un leader, c'è bisogno di lui". Sullo screzio con Szczesny: "Mi ha detto di non fare il fenomeno che perdevo 2-0, gli ho risposto a modo a mio"
"Con Giampaolo non ho mai parlato. Quando a gennaio sono andato a Francoforte per vendere la mia casa e i giornali invece hanno scritto che tornavo all’Eintracht, ho detto: ‘Voglio fare quattro-cinque partite di fila al Milan. Se le giocherò male, vorrà dire che questo non è il mio livello e sarò il primo a dire che non posso rimanere’. Non volevo andar via senza avere un'occasione. Quando questa è arrivata, l'ho presa". E oggi Ante Rebic è uno dei pilastri del Milan di Pioli, con i rossoneri che sono già al lavoro per acquistare il suo cartellino – è arrivato in Italia in prestito biennale nell’operazione che ha portato André Silva a trasferirsi in Bundes con la stessa formula – a titolo definitivo dall’Eintracht Francoforte: "Ho già detto che se dipendesse da me resterei qui", ha affermato il croato in una lunga intervista a Sportweek.
La stima di Rangnick
I primi sei mesi in rossonero senza quasi mai vedere il campo, poi per Rebic la svolta: numeri (10 gol in Serie A e uno in Coppa Italia da gennaio in avanti) e prestazioni che sembrano aver convinto anche Rangnick, con ogni probabilità futuro allenatore del Milan nella prossima stagione, manager che lo conosce bene. "Avevo fatto bene al mondiale in Brasile, così lui, che era a capo della divisione calcistica della Red Bull, chiama il mio procuratore e gli dice che mi vuole. Viene apposta a Firenze: ‘Benvenuto alla Red Bull. Scegli: vuoi giocare nel Salisburgo o nel Lipsia?’. Scelgo il Lipsia: era nella seconda divisione, ma il progetto che mi illustro Rangnick era importante, e i fatti gli hanno dato ragione. Però anche lì gioco poco perché l’allenatore, Alexander Zorniger, aveva un suo gruppo di giocatori fidati nel quale non c’era spazio per i nuovi", il retroscena svelato dall’attaccante del Milan.
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"Ibra è un leader, c'è bisogno di lui"
Rebic che in rossonero ha trovato la sua dimensione anche grazie all’intesa in campo con Ibrahimovic: "Ruolo preferito? Giocare con uno come Ibra che prende la palla di testa e mi apre spazi. L’anno scorso all’Eintracht abbiamo fatto bene perché io attaccavo la profondità, Jovic faceva gol e Haller vinceva tutti i duelli aerei. Io sapevo che Haller l’avrebbe presa di testa e mi buttavo dentro. Così succede oggi con Ibra". Un leader, in campo e fuori, lo svedese. "C’è bisogno di lui. Ibra è un leader. Prima della Juve ci diceva: 'Farò vedere agli juventini come si gioca al calcio'. Era il suo modo per caricarci. Anche Begovic, Kjaer... Giocatori maturi che sanno come calmarti o spronarti. Ibra ha portato tanto a tutti. Però, quando lui dice qualcosa, molti stanno zitti. Se invece io non la penso come lui, glielo dico", ha proseguito Rebic.
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Lo "screzio" con Higuain e Szczesny
Personalità che di certo non manca nemmeno al croato, come si è visto ad esempio durante la sfida vinta contro la Juve in rimonta che ha visto Rebic grande protagonista (si è procurato il rigore del 2-1 e poi ha realizzato la rete del 4-2). "Durante la gara a un certo punto ho detto qualcosa a Higuain. Non mi piacciono quelli come lui che, grandi e grossi, a ogni contatto restano a terra per tre minuti. Idem Bernardeschi. Lo stesso era successo con la Spal. Anche Ibra prende un sacco di botte ma si rialza subito e senza un lamento. Altri piangono troppo. Insomma – racconta Rebic – dico qualcosa a Higuain e Szczesny mi fa: 'Perdi 2-0, non fare il fenomeno'. Non gli rispondo. Normalmente avrei replicato, perché un’altra cosa che non mi piace è quando mi sottovalutano. Ma stavolta non ho aperto bocca. A Szczesny ho risposto in un altro modo (segnando, ndr). Questa è la mia forza nella testa: chi mi attacca, mi carica", ha concluso il croato.