Vlahovic o Hojlund, le due strade da percorrere per il Milan

Ci sono sfide che si giocano prima ancora che l’arbitro fischi, e non sul prato verde. Si consumano nei corridoi delle idee, nei tavoli delle dirigenze, negli appunti scarabocchiati degli osservatori. Il Milan, oggi, vive uno di quei momenti. Sul piatto ci sono due attaccanti che parlano due lingue diverse quando il pallone rotola. Dusan Vlahovic e Rasmus Hojlund: entrambi oltre il metro e novanta, entrambi mancini, entrambi capaci di oscurare un difensore con un solo passo. Ma uno vive nell’area come fosse casa sua, contando tocchi e tiri come un cecchino conta i colpi; l’altro ama spingersi oltre i confini, associarsi, correre, trascinare. È il duello silenzioso tra il finalizzatore puro e l’attaccante che costruisce. E in questo silenzio, il Milan deve decidere quale voce ascoltare. C’è una cosa che però li accomuna - oltre all’interesse del Milan: entrambi vengono da stagioni decisamente al di sotto del loro potenziale ed entrambi sanno che il treno su cui saliranno ad agosto sarà fondamentale per la loro carriera. Per motivi opposti, ma per motivi uguali. Per analizzare quale dei due profili sembra essere più adatto al Milan di Allegri ci siamo fatti aiutare da Soccerment. Iniziamo capendo la similarità tra l’attaccante del Manchester United, quello della Juventus e soprattutto Santi Gimenez. Per similarità si intendono quei dati che nel complesso presentano delle somiglianze o delle differenze tra giocatori. E le similarità sono di due tipi: quella sui dati puramente tecnici e quella invece legata al rendimento in campo. Partiamo intanto con il confronto tra Vlahovic e il messicano, nell’ultima stagione. Hanno una similarità dell’88% nello stile di gioco, percentuale che però scende all’83% se guardiamo invece alle performance. Per quanto riguarda Hojlund, invece, facciamo un discorso più ampio. Vedendo, intanto, il confronto con la passata stagione, c’è un 74% di similarità nello stile di gioco ed un 51% nelle performance. Dati chiaramente molto molto bassi. Quello che abbiamo fatto noi, però, è confrontare anche i dati che riguardano Hojlund in versione Serie A 2022/23. In questo caso le percentuali schizzano: nello stile di gioco è del 92%, nelle performance addirittura del 98%. Vlahovic è la lama: affilata, letale, pronta a colpire. In 29 presenze di Serie A ha firmato 10 gol, a fronte di 13 gol attesi, con una media di 0,66 ogni 90 minuti, il miglior dato tra tutti gli attaccanti del campionato. Non è un attaccante che ama disperdere energie lontano dall’area: la sua casa è lì, tra i sedici metri, dove ogni movimento è studiato per creare un varco. 22 tocchi in area ogni 100 palloni giocati, 3,89 tiri a gara, un’ossessione costante per la porta. Hojlund, invece, è la corsa, la fatica, l’apertura di spazi. Il danese ha chiuso la sua stagione in Premier League con 4 gol in 32 gare, 0,23 gol attesi a partita. Numeri meno scintillanti, ma che raccontano un’altra storia: sicuramente di una difficoltà maggiore a trovare la propria dimensione in un’orbita come quella inglese. Ma anche quella di un attaccante associativo, che gioca con e per la squadra. In area tocca 13 palloni ogni 100, ma è fuori da quel rettangolo che costruisce il suo valore. Subisce 4,75 falli a partita, è il migliore dell’intera Premier per sponde , sa ricevere spalle alla porta e far salire la squadra. E quando parte in conduzione, è un’arma: 32,8 km/h di velocità massima, tra i più rapidi nel suo ruolo. In un tridente con Pulisic da una parte e Leao dall’altra sarebbe perfetto per sfruttare in ogni modo possibile spazi e profondità. Due modi diversi di interpretare lo stesso mestiere. Vlahovic vive per l’ultimo tocco, per trasformare ogni mezzo pallone in un gol. Hojlund vive per connettere, per far respirare i compagni, per aprire varchi e scardinare difese. Il primo è un collezionista di reti, il secondo un architetto di spazi. Per il Milan, la scelta non è un semplice calcolo di gol segnati. È una questione di identità. Scegliere Vlahovic significa puntare sul presente, sulla sicurezza di un attaccante che sa esattamente come e dove colpire. Scegliere Højlund significa investire sul futuro, su un cavallo di razza ancora in piena crescita, che può diventare devastante se affiancato alla spalla giusta. Il primo in Serie A ci è nato, cresciuto e adesso cerca la maturità definitiva. Il secondo invece in Italia ha solo imparato a camminare, ma in Premier non è riuscito a correre e tornerebbe proprio per imparare a farlo. Perché se c’è una cosa che è rimasta uguale dalla nascita del calcio, è la definizione di attaccante: simbolo, cifra stilistica di una squadra e di un’epoca. Vlahovic e Hojlund sono due facce della stessa medaglia costruita però con leghe e materiali diverse. Il Milan, in questo passaggio cruciale, è chiamato a scegliere non solo il volto del suo attacco, ma il destino del suo futuro. Come in un film d’autore, la trama si dipana tra ombre e luci, tra silenzi e scrosci di applausi. Il Milan sta scrivendo il suo prossimo capitolo e sa che quel capitolo dipenderà dalla voce scelta per raccontare l’attacco. La suspense è già nell’aria, la platea è pronta: adesso manca solo che il sipario si alzi.

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Pier Francesco Monachino