Gift Orban può diventare un dono per la salvezza del Verona

Un dono per la salvezza. Ecco cosa può diventare Orban per il Verona. In fondo, con quel nome, non potrebbe essere altrimenti. Anche se i suoi genitori pensavano a qualcosa di più profondo. Entrambi molto religiosi, hanno considerato quell’unico figlio un vero e proprio dono di Dio. Nell’accezione delle lignue Tiv e Idoma, parlata nello stato di Bunue, da dove arriva il papà nigeriano. La mamma invece è togolese e la sua famiglia era una delle più grandi produttrici di fosfati al mondo. Gift nasce il 17 luglio 2002, figlio unico. Grazie alla condizione borghese dei suoi genitori ha potuto evitare di andare a lavorare da bambino, come è capitato al 30% dei suoi coetanei. Invece, i suoi genitori hanno dato priorità all’istruzione. Anche se lui, ostinatamente, la priorità l’ha sempre data al suo gioco preferito: il calcio. Giocato come accadeva una volta, per lo più in strada, con amici e compagni improvvisati. Gli piaceva talmente tanto che quando aveva una partita, metteva regolarmente in secondo piano la scuola, sfidando anche le punizioni che sapeva gli sarebbero state inflitte. “A volte per andare a fare una partita saltavo la scuola e il giorno dopo venivo punito” ha spiegato. Gran parte dell’infanzia l’ha trascorsa a Lagos, prima di trasferirsi in Togo, dove è stato fino all’adolescenza. E’ lì che ha trovato un primo idolo a cui ispirarsi: Emmanuel Adebayor, che andava alla grande in Europa. Logico che il sogno suo e dei suoi amici fosse ripercorrere il suo stesso tragitto. Ma tra tutti, Orban spiccava per la sua tecnica e la sua velocità. Nonostante la sua statura non particolarmente elevata. Quando tornava a Lagos non perdeva occasione per giocare anche sulla spiaggia a beach soccer, sport che ha avuto una certa importanza nella formazione della sua notevole massa muscolare. Il primo tentativo di lasciare il calcio di strada arriva a 13 anni. Entra in un Academy in Togo, ma fa una fatica tremenda a rispettare le regole. Gli mancava troppo la libertà del gioco con gli amici. Comunque resiste 4 anni ma poi, vista la mancanza di prospettive, torna in Nigeria, con la convinzione di smettere con il calcio ed arruolarsi nella polizia nigeriana. La svolta si presenta sotto forma di un torneo organizzato da alcuni stranieri per visionare ragazzi locali, come se fanno a decine ogni anno. A seguire quel torneo però ci sono Torgeir Bjarmann e Thomas Finstadt. Nomi che diranno poco ai più, ma che saranno la verasliding door della vita di Gift Orban. Loro fanno parte del settore tecnico dello Stabaek, squadra della seconda serie norvegese. Rimangono colpiti subito e sull’aereo di ritorno fanno salire insieme a loro proprio Orban, per fargli sostenere un vero e proprio provino. Ma a 19 anni, lontano da casa, in un Paese diversissimo, l’impatto per Orban fu tremendo. Passare alla temperatura media di 33 gradi dei Paesi dove viveva lui al sottozero della Norvegia è stato uno shock. Da solo e senza nemmeno un ristorante africano in cui rifugiarsi per trovare qualche aspetto familiare, tipo un piatto tipico nigeriano. Per tutto il periodo mangia riso e pollo. Gioca con la squadra b, e nella stagione 21-22 è costretto a tornare in patria per la scadenza del suo visto. La svolta a maggio 2022: lo Stabaek lo porta in prima squadra e lui fa di nuovo il viaggio Nigeria-Norvegia, ma questa volta più pronto ad affrontare quello che lo aspetta. Anche l’impatto in campo è diverso: comincia a fare gol, si guadagna un posto in prima squadra e presto diventa un idolo per i tifosi. Soprattutto grazie al suo gol al Brann, facendo fuori mezza squadra avversaria. Le reti si susseguono, alla fine diventano 16 in 23 partite: la squadra viene promossa in Eliteserien e lui vince il titolo di capocannoniere e di giocatore giovane dell’anno. Merito della sua determinazione e della sua grande forza di volontà, che lo spinge a non mollare, e a non farlo arrendere di fronte alle difficoltà. Poi la seconda svolta: mentre pensa alla prima stagione nella massima serie, lo chiama il suo agente per dirgli che lo vuole il Gent. Il trasferimento si concretizza a gennaio 2023, per poco più di 3 milioni. Lui è felicissimo, il Gent di più, perché l’impatto è devastante: due gol all’esordio in campionato, 15 nelle prime 14. L’ascesa sembra inarrestabile: segna la tripletta più veloce della storia della Uefa: 3 gol in 205 secondi in Gent-Istanbul Basaksehir, marzo 2023, portando per la prima volta la squadra ai quarti di finale di una competizione europea. Dopo 32 reti in 51 partite in Belgio, lo step successivo lo porta a Lione, in Ligue 1 per 13 milioni. Sempre a gennaio, esattamente un anno dopo l’arrivo in Belgio. Ma qui arriva una sorta di stop: segna poco, appena 1 gol in 13 partite in Ligue 1. Poi nella stagione successiva pian piano perde posizioni. Dopo un anno, un nuovo viaggio: lascia la Francia per la Bundesliga. L’Hoffenheim lo paga 9 milioni e in Germania ritrova almeno qualche gol. 4 in metà stagione. Veloce, bravo con entrambi i piedi, versatile e anche integro ora vuole tornare a guardare in alto e con la maglia del Verona. E magari a sognare di raggiungere quella nazionale che finora non ha mai vissuto. Molto divertente, considerato una sorta di comico dai compagni per le risate che provocano in spogliatoio le sue battute. Un look eccentrico, con collana stile Allen Iverson e un corpo che racconta lui e la sua vita per immagini: un leone con orologio su tutto il braccio destro, la sua fede sul petto e Bob Marley sulla coscia. Fiducia ed onestà sono i suoi valori di riferimento: "Sono molto diretto; se qualcosa non mi piace, ne parlo con qualcuno. Ma allo stesso modo, anche le persone dovrebbero essere oneste con me. Non sopporto quando la gente parla male alle spalle di qualcuno" ha raccontato in un’intervista. Parla francese ed inglese e appena può fa un salto in spiaggia, ovunque sia. In Veneto avrà ampia scelta. E magari proprio in una spiaggia vorrà provare a festeggiare un’altra salvezza. Sarebbe il suo dono migliore per il Verona.

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Alessandro Sugoni