Sulemana, il 'Neymar del Ghana' che corre per l'Atalanta: istinto, caos e ripartenze

Kamaldeen Sulemana corre con due cuori: uno batte per l’Africa, l’altro per l’Europa. Il primo è nato sulle strade di Techiman, dove il dribbling è una questione di sopravvivenza calcistica. Il secondo ha imparato il rigore tattico e il freddo delle panchine europee. In mezzo, una vita da ala che sfida lo spazio, che cerca la luce dentro il caos, che trasforma l’uno contro uno in poesia selvaggia. C’è qualcosa di antico in lui. Un calcio istintivo, ribelle, che cozza con le griglie ordinate del calcio moderno. Ma proprio lì, in quella frizione, Sulemana trova la sua identità. È un’ala che dribbla come se dovesse fuggire da qualcosa, che parte da sinistra per rientrare col destro, ma sembra sempre sul punto di inventare. Ghanese - classe 2002 - è cresciuto nella Right to Dream Academy, un settore giovanile indipendente che cerca di dare un futuro ai giovani calciatori africani. La prima esperienza fuori casa l’ha fatta invece da neomaggiorenne. La Danimarca è stata la sua prima tappa: oltre 7500 chilometri di distanza e uno sbalzo termico con più di 35 gradi. Dal profondo sud, al profondo nord. Con il Nordsjaelland farà 14 gol con 5 assist in 43 presenze prima di passare al Rennes. Dopo aver stupito nelle prime due stagioni europee con i francesi, Sulemana ha vissuto una parabola complessa, fatta di alti, bassi, e di quella strana imprevedibilità che accompagna spesso i talenti più puri. Nel 2021/22, il suo primo anno in Ligue 1, ha messo insieme 28 presenze, 5 gol e 3 assist. Una stagione di impatto, vissuta all’interno di una squadra che esaltava le sue accelerazioni e lo lasciava libero di inventare. L’anno dopo, nel 2022/23, le presenze aumentano — 38 complessive — ma il rendimento cala: solo 3 gol e 3 assist, a conferma di un talento che vive ancora troppo di fiammate. Il passaggio al Southampton per 25 milioni di euro, nell’inverno 2023, lo porta in Premier League: un altro salto, un’altra lingua, un altro calcio. E se il primo impatto è faticoso — 0 gol e 3 assist nelle sue prime 26 partite in Inghilterra — la stagione successiva mostra timidi segnali di crescita: 2 gol, 3 assist in 30 presenze, pur in un contesto ancora instabile. Ma Sulemana, anche nei mesi più difficili, ha continuato a fare ciò che lo distingue: spaccare le partite con le sue accelerazioni, provare il dribbling anche quando il contesto lo sconsiglia, cercare la giocata anche nei momenti più oscuri. Gioca a sinistra ma a piede invertito. Ama partire largo per poi rientrare sul destro, cercando la porta oppure il cross. Ma ridurre il suo gioco a una semplice traiettoria sarebbe un errore: Sulemana è movimento, esplosione, imprevedibilità. La sua arma principale è l’accelerazione in spazi brevi: ha una progressione verticale, quasi da centometrista, che unisce rapidità di pensiero e velocità di piedi. Nei duelli in uno contro uno, soprattutto in campo aperto, è difficile da contenere. Il dribbling è parte integrante del suo DNA: non sempre funzionale, ma spesso capace di creare superiorità numerica. Il suo gioco somiglia più a un’intuizione che a una costruzione: segue l’istinto, non la geometria. A volte scompare, ma quando appare, lo fa lasciando il segno. Uno dei motivi per cui l’Atalanta lo ha scelto è Ivan Juric. Con lui ha condiviso la seconda parte della scorsa stagione in Inghilterra, quando il croato venne chiamato per sostituire Russell Martin. I numeri rimasero modesti, l’allenatore ne apprezzò però l’atteggiamento, la voglia di saltare l’uomo, la capacità di rompere gli equilibri. Ora Juric lo ha voluto a Bergamo, in una squadra che sa esaltare chi gioca sulle corsie. In un sistema più organizzato, dove le sue doti atletiche possono trovare spazi più adatti, Sulemana può diventare una risorsa offensiva importante. All’Atalanta gli si chiederà meno quantità e più qualità: meno strappi a vuoto, più concretezza negli ultimi metri. Juric proverà a renderlo un giocatore più completo. E lui, forse per la prima volta da anni, si ritrova in un ambiente che vuole non solo correggerlo, ma anche proteggerlo. Lo chiamano il ‘Neymar del Ghana’ oppure, se preferite, più romanticamente ’il Brasile d’Africa’. Su Instagram non a caso il suo nickname è ‘Kamaldeenho’. E forse, basta solo questo per capire che tipo di calcio sogna di giocare. A Bergamo proverà a ritrovare sé stesso. Non quello che il mercato aveva esaltato troppo presto, ma quello delle partite di strada, dei dribbling istintivi, delle accelerazioni che spaccano il tempo. Juric lo conosce, lo stima e vuole dargli una nuova occasione. E in una squadra che corre e crea, Kamaldeen potrà finalmente scegliere di non dover più inseguire. Ma solo di partire. Sempre a sinistra. Sempre a tutta velocità.

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Sulemana, il 'Neymar del Ghana' che corre per l'Atalanta: istinto, caos e ripartenze

Pier Francesco Monachino