Calciomercato: "c'è chi dice no", i grandi rifiuti del passato

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Verdi non è stato il primo giocatore a rifiutare una big. Da Riva che scartò l'ipotesi Juve per restare a Cagliari a Kakà che rinunciò ai soldi del Manchester City per finire alle lacrime in riva all'Arno di Milinkovic-Savic. Ecco i 'no' più celebri del nostro campionato

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Simone Verdi ha detto no al Napoli. L’esterno azzurro, dopo giorni di riflessione, è tornato sulla scelta iniziale, quella di restare a Bologna almeno fino al termine della stagione. Un rifiuto sorprendente, visto che nelle ultime settimane la sua posizione si era alleggerita e sembrava in procinto di accettare la destinazione azzurra. Ora il club di De Laurentiis dovrà virare, per forza di cose, su altre alternative ma quello di Verdi non è il primo grande rifiuto a cui abbiamo assistito nel nostro campionato. Il primo in origine fu Gigi Riva. L’attaccante sardo era il fiore all’occhiello della Serie A negli anni ’70, tanto che tutte le big stravedevano per lui. La Juventus era pronta a far follie per lui e infatti arrivò a proporre un miliardo di lire al Cagliari, una cifra esorbitante per l’epoca e quasi irrinunciabile per i rossoblù. Quasi appunto, perché la società cagliaritana si vide costretta a dire no per il desiderio di “Rombo di Tuono” di legarsi per tutta la sua vita alla sua terra d'adozione. Andando avanti negli anni si arriva a Francesco Totti, l’uomo simbolo di Roma e della Roma. 25 anni d’amore incondizionati, un addio, lo scorso maggio, che ha fatto il giro del mondo perché Totti ha rappresentato la fedeltà assoluta verso un’unica maglia. Eppure le cose potevano andare diversamente se l’ex capitano giallorosso non avesse resistito alle lusinghe del Real Madrid. È l’estate 2002 e Totti, dopo aver vinto lo scudetto nella capitale, si è messo per la prima volta in mostra in Champions League. È il sogno proibito di Florentino Perez, pronto ad accontentare in tutto per tutto la Roma per assicurarsi il numero 10. Totti ci pensa, ma poi consigliato dalla famiglia, dagli amici e ricoperto d’amore dai suoi tifosi, decide di rimandare al mittente la proposta e continuare la sua carriera in maglia giallorossa.

Il doppio no viola, la "quasi" partenza di Kakà e le eterne promesse di Hamsik e Di Natale

La stagione prima invece due contemporanei rifiuti avevano scombussolato il mercato italiano. La Fiorentina è in grave crisi finanziaria e ha bisogno di vendere per ripianare i suoi debiti. I sacrificati sono Toldo e Rui Costa e la viola ci mette poco a trovare un accordo con il Parma, disposto a versare 140 miliardi di lire per averli entrambi. Manca solo la firma dei giocatori per ufficializzare il tutto, ma sia il portiere che il trequartista si rifiutano perché non accettano la destinazione. La Fiorentina non può far altro che accettare la decisione ed è costretto a venderli qualche giorno dopo a cifre minori. Entrambi prendono un treno con direzione Milano, ma raggiungono sponde differenti: Rui Costa si accorda con il Milan, mentre Toldo finisce all’Inter. Un biglietto in uscita da Milano è quello invece che ha in mano Kakà nel gennaio 2009. Il Manchester City passa in mano agli sceicchi che sono pronti a piazzare il primo grande colpo della loro gestione. Offrono circa 100 milioni al Milan e Berlusconi ci mette meno di un secondo a dire ‘si’. Sembra tutto fatto, nonostante le proteste dei tifosi rossoneri allo stadio e sotto l’abitazione del Pallone d’Oro, ma alla fine Kakà decide di restare. Rinuncia al ricco ingaggio promessogli «perché il progetto non mi convinceva» confessò qualche anno dopo, forse con un po’ di rimorso. L’estate successiva il grande ‘no’ è proferito invece da Totò Di Natale. Il centravanti napoletano, dopo varie stagioni da protagonista a suon di gol, viene individuato dalla Juventus come rinforzo ideale dopo un deludente 7° posto. I bianconeri non trovano l’opposizione dell’Udinese, ma a fermare tutto ci pensa lo stesso giocatore. Udine per lui è ormai come una seconda pelle e decide di tenersela stretta fino al termine della carriera. “È stato semplice dire no perché tutto è durato un minuto, il tempo di parlare con la mia famiglia e decidere di restare ad Udine. Volevo continuare in questa squadra e in questa città dove sto bene” spiegherà al tempo Di Natale. Anno 2011, altro giro, altro no. Questa volta il gran rifiuto è opera di Marek Hamsik. Dopo 4 stagioni di altissimo livello a Napoli, il centrocampista slovacco può compiere il grande passo della carriera: andare in un top club come il Milan. Per i rossoneri è l’acquisto giusto per interrompere il dominio dei cugini interisti in Italia e in Europa. Le due società trattano e trovano un punto d’intesa, ma manca una firma fondamentale che non arriverà mai: quella del giocatore. Hamsik infatti non si sente pronto per il grande salto, forse perché ancora giovane o forse perché impaurito di perdere quel sostegno, quasi familiare, che aveva ormai trovato nella città campana. L’affare salta, con lo slovacco che diventerà poi il capitano del Napoli, snobbando anche la Juve nelle sessioni di mercato successive.

Le lacrime di Milinkovic-Savic, il «non ancora» di Berardi e il rifiuto cinese di Kalinic

In quest’ultimi anni le risposte negative e i colpi di scena non sono mancati. Nell’estate 2015 uno dei giocatori più ambiti è Milinkovic-Savic, autore di uno straordinario campionato in Belgio con il Genk. In italia Lazio e Fiorentina se lo contendono, ma dopo vari tira e molla sono i viola a trovare l’accordo definitivo con il club belga, anticipando la concorrenza per circa 10 milioni. Il ragazzo, insieme alla fidanzata e al procuratore, va a Firenze per mettere nero su bianco ma si ferma al momento di firmare. Ci pensa su, parla con i suoi parenti e dopo un po’ scoppia a piangere. Il centrocampista ha scelto la Lazio e non vuole tradire la parola data a Tare. Così prende il treno per Roma e va a chiudere con i biancocelesti. Scherzo del destino siglerà poi la sua prima rete in Serie A proprio a Firenze. Ancora oggi rimane un grande rimpianto per la società toscana. Il 2016 invece sembra l’anno giusto per il passo in avanti nella carriera di Domenico Berardi. La Juve, che detiene una prelazione per l’esterno classe ’94, vuole riportarlo a casa e il Sassuolo sembra rassegnato a lasciarlo andare. Il giocatore però stoppa tutto: vuole rimanere in neroverde. Dietro la scelta pare ci sia anche il suo tifo nerazzurro, ma la ragione principale è che Berardi a Reggio Emilia ha trovato la sua dimensione ideale per continuare a crescere. Si arriva infine al gennaio dello scorso anno e il protagonista è Nikola Kalinic. Il Tianjin di Cannavaro offre 40 milioni alla Fiorentina e un triennale da 12 milioni l’anno al giocatore. I viola non vogliono lasciar partire l’attaccante ma non possono rifiutare così tanti soldi per un classe ’88. Il croato invece è tentato dal volare in Oriente per guadagnare una somma tale da far star bene generazioni. Tentenna per qualche giorno, ma alla fine prende la decisione: rinuncia a un ricco stipendio pur di rimanere in Italia. E poi sappiamo tutti com’è andata. Kalinic è rimasto sì in Italia, ma da Firenze ha preferito spostarsi verso Milano.