Emre Can è stato uno dei migliori in campo nella vittoria contro il Manchester City, anche se il suo lavoro difensivo a centrocampo è stato molto meno appariscente di quello dei suoi compagni
L’influenza degli highlights e di YouTube sul nostro consumo quotidiano di calcio, l’abitudine a giudicare il tutto da una parte molto piccola, che a volte si sostituisce alla visione di una partita vera e propria, taglia fuori dal nostro immaginario molti giocatori: quelli meno vistosi, quelli che, come si dice, fanno un “lavoro oscuro”. È paradossale, se pensiamo che in un calcio in cui la tattica conta sempre di più e le strategie dei tecnici (quasi tutti ormai) sono aggiustate su misura di ogni singola partita, i giocatori in grado di fare esattamente quello che gli viene chiesto fanno la differenza almeno quanto quelli in grado di rompere gli schemi con una giocata. Liverpool-Manchester City ha messo in mostra entrambi questi aspetti fondamentali: Oxlade-Chamberlain, Salah, Mané e Firmino si sono occupati della parte “in luce” della partita; gente come Georgino Wijnaldum o Emre Can si è occupata invece delle “ombre”.
Emre Can in particolare ha dato una dimostrazione visiva chiarissima del lavoro oscuro di un centrocampista difensivo, con quei compiti tattici che cambiano il contesto di una partita in maniera quasi invisibile. Emre Can è nei pensieri di noi italiani perché se ne parla in vista di un possibile passaggio alla Juventus la prossima estate, ma se qualcuno ha approfittato del week-end senza Serie A per osservare il prossimo potenziale acquisto del nostro campionato (uno dei pochissimi, in caso, a muoversi dalla Premier alla A ormai) in una partita di altissimo livello si è imbattuto in una prestazione al tempo stesso di grande spessore ma sicuramente meno evidente rispetto a quelle “sopra le righe” di altri compagni di squadra. La partita di Emre Can contro il City è una di quelle che andrebbero mostrate a un bambino cresciuto solo guardando gli highlights su YouTube.
Un calcio fatto di highlights ci toglie un piacere in particolare: quello di poter far vagare lo sguardo al di fuori della cornice predeterminata del computer o dei momenti scelti per non farci annoiare. Per spiegare cos’era l’inconscio, Gustav Jung paragonava i pensieri a un’automobile, che anche quando esce dal nostro campo visivo continua ad esistere, non scompare nel vuoto. Allo stesso modo i calciatori in campo stanno continuando a giocare anche quando sono lontani dalla palla. E certi giocatori, e certe prestazioni, si capiscono meglio proprio se si guardano questi momenti.
Prendiamo l’azione qui sotto come esempio.
Quando l’azione comincia non lo vediamo neanche Emre Can. È in posizione, al centro del 4-3-3 di Klopp (al posto di Henderson, infortunato), libero da marcature. Emre Can entra nell’inquadratura quando Stones trova una linea di passaggio pulita per Fernandinho: Can arriva veloce e impedisce a Fernandinho di girarsi. Poi resta in zona, segue il brasiliano a un paio di metri di distanza e lascia che faccia una seconda sponda per Otamendi, che si alza con la palla al piede.
A quel punto Emre Can lascia Fernandinho e si fa avanti per chiudere la luce in verticale al difensore argentino. Le mezzali del City hanno sovraccaricato lo spazio sul centrodestra alle sue spalle, con Gündogan che si è allargato e Chamberlain che per un attimo ha avuto un’indecisione: c’era anche De Bruyne in zona e Wijnaldum era rimasto lontano. Così la palla arriva a Gündogan sull’esterno, che riesce a girarsi e correre frontalmente in direzione dell’area del Liverpool (il passaggio con cui una mezzala si gira fronte alla porta è fondamentale per cambiare l’equilibrio dell’azione).
Chamberlain chiude Gündogan sulla riga laterale, che la passa a De Bruyne lì vicino. Appena il belga entra in possesso del pallone si fionda su di lui Emre Can, che interviene sul pallone lateralmente, e lo allunga in direzione di Gündogan. 13 secondi prima Emre Can si era alzato fin dentro la trequarti offensiva per mettere pressione Fernandinho, e adesso sta risolvendo un recupero sulla linea laterale a ridosso della propria trequarti di campo difensiva, anticipando Gundogan con una specie di tacco in scivolata, che è anche un passaggio verso Matip.
Erme Can aveva risolto una situazione molto simile nei primi secondi di gioco, stavolta usando il proprio peso e la propria forza per spostare Delph, che si era infilato alle spalle di Chamberlain, in maniera pulita. A inizio azione sta portando pressione sul playmaker avversario e la palla arriva a Gündogan proprio dopo che Emre Can ha intercettato un passaggio di Fernandinho diretto a Leroy Sané: il rimpallo favorisce la sovrapposizione di Delph e a Emre Can non resta che corrergli dietro per venti metri e strappargli la palla dai piedi.
La partita di Emre Can sta tutta in questo lavoro continuo in verticale, alzandosi e abbassandosi, alternando la pressione sul playmaker brasiliano del Manchester City alle scalate laterali sulla mezzala del City che era riuscita a liberarsi (se, ad esempio, Chamberlain scalava su Delph, lui prendeva in consegna Gündogan), e ai recuperi più o meno profondi. Nel primo quarto d’ora specialmente, quello in cui il Liverpool ha dettato il contesto della partita trovando il gol del vantaggio e tenendo anche palla più di quanto ci si sarebbe aspettati, Emre Can ha tenuto un ritmo molto alto, con una decina di interventi difensivi tutti degni di nota.
Al sedicesimo minuto, dopo aver raddoppiato e inseguito Agüero, troppo più veloce di lui anche con la palla al piede, ha inseguito anche il passaggio per Sterling, scivolando in modo intimidatorio (nel video qui sotto).
Se Klopp lo ha tolto a un quarto d’ora dalla fine, con il punteggio sul 4-1, è anche perché un lavoro del genere è estenuante per un fisico che ha bisogno di molto ossigeno come il suo. Ma va sottolineato come solo una lettura intelligente delle singole giocate può impedire una ricezione facile alle sue spalle o un intervento in ritardo. Emre Can è un giocatore “tattico” nel senso che per posizionarsi usa come riferimento tutti i suoi compagni e gli avversari, non si fa attirare né dal pallone né da un avversario a differenza di quello che succede a Sami Khedira, giocatore a cui viene spesso paragonato. E sappiamo quanto sia importante per Allegri avere a disposizione giocatori in grado di portare a termine i compiti tattici che gli ha assegnato.
Alfredo Giacobbe ha sottolineato nella sua analisi su Ultimo Uomo come il numero di passaggi riusciti del Manchester City sia diminuito dell’11,8% rispetto al solito, nonostante siano aumentati i passaggi giocati nella propria metà campo difensiva, quelli più semplici in teoria. Il valore di una partita difensiva spesso si può provare a dimostrare solo in negativo, evidenziando cosa non è riuscita a fare la squadra avversaria: più “lavoro oscuro” di così…
Emre Can però è stato anche uno dei giocatori ad aver eseguito più tackle in partita (8) e quello con la percentuale di riuscita più alta (75%). Se si guarda alla mappa dei suoi interventi difensivi (qui sotto), si nota subito come abbia distribuito i propri interventi su entrambe le fasce, compiendone solo uno al centro, dove probabilmente ha avuto maggiore importanza la sua capacità di schermare le linee di passaggio verso le ali del City.
Le “X” rosse corrispondono ai due soli tackle non riusciti in partita
Emre Can ha giocato in parecchi ruoli (compreso quello di interno di difesa, anche se non ci gioca più praticamente da un anno), e a centrocampo può giocare sia come mediano che come mezzala, ma in ogni caso, come ricorda Fabio Barcellona, “dà il suo meglio nello svolgimento di compiti essenzialmente difensivi”. Al momento, Emre Can è un giocatore più conservativo che altro anche quando ha il pallone tra i piedi: la maggioranza dei suoi passaggi contro il City sono stati verso la difesa, all’indietro o più o meno in orizzontale, con pochissime verticalizzazioni.
Tecnicamente è abbastanza a suo agio da non perdere la calma anche giocando davanti alla difesa. Usa il controllo con il destro per orientarsi difensivamente, per muovere la palla a seconda di dove si trova l’avversario più vicino: sposta la palla per tenere l’avversario alle spalle e proteggerla con il corpo senza troppo sforzo. È piuttosto rapido nell’esecuzione dei passaggi e il contatto con la palla è molto stretto, anche se non è agile e non può perdere tempo se pressato.
Il Liverpool di Klopp ormai non è più solo una squadra che si muove in avanti, quella del gegenpressing e dell’intensità a tutti i costi. Resta comunque una squadra con alcuni giocatori molto verticali e diretti e, nell’undici di partenza sceso in campo ieri, Emre Can era il giocatore più vicino a poter dettare i tempi di gioco, con e senza il pallone. Più volte ha fatto cenno alla difesa, e persino a Karius, il portiere, di giocare con calma. Tutto Anfield ha esultato praticamente dopo tutti i suoi interventi difensivi, ma sta in questi dettagli pressoché invisibili il valore di un giocatore che è riuscito a sparire dietro i propri compiti.
La prossima volta che ne avete occasione guardate il modo con cui Emre Can sceglie la distanza da tenere rispetto agli avversari, non troppo lontano da arrivare in ritardo, neanche troppo vicino da lasciare un buco alle sue spalle: quello che viene prima dell’intervento che vi lascerà impressionati. La prossima volta guardate Emre Can quando la palla è lontana, e vi accorgerete di tutte le cose importanti che fa e che non finiranno mai su YouTube.