"Affaracci" di gennaio: Jardel, il SuperMario che aveva perso i poteri

Calciomercato

Vanni Spinella

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Arriva all'Ancona nel gennaio 2004, fuori forma e dopo aver sconfitto una forte depressione. Fiore all'occhiello di un mercato in cui il presidente Pieroni cambia mezza squadra, ma è solo il ricordo del campione che era stato

«Se posso, cambio tutta la squadra». Ci andrà molto vicino, il presidente Pieroni, dopo aver minacciato di rivoltare come un calzino – bucato, molto bucato come si scoprirà nei mesi successivi – il suo Ancona. Siamo nel gennaio 2004, sessione di mercato che per definizione serve a riparare, e la squadra marchigiana ha chiuso il girone d’andata con la miseria di 5 punti, frutto di altrettanti pareggi e di 12 sconfitte. Per Ermanno Pieroni la soluzione è semplice: comprare, comprare, comprare. Inizia a fare la spesa, mettendo nel carrello di tutto un po’ e senza una logica. Servono i gol? Non c’è problema: che ne dite di un paio di attaccanti? Troppi gol subiti? Cambiamo anche il portiere. E terzini ne abbiamo? Per sicurezza io un altro lo prendo…

L’Ancona 2003-2004: ora si spiegano tutte quelle sconfitte

Un mercato senza capo né coda – lo confermerà il campo – in cui il punto più alto (o più basso, fate voi) è rappresentato dall’ingaggio di Mario Jardel. Quel, Mario Jardel. Il primo di una lunga serie di SuperMario che verranno, l’attaccante da 130 gol in 125 partite con il Porto (tra il 1996 e il 2000), due volte Scarpa d’Oro e 5 capocannoniere del campionato portoghese; l’uomo che aveva fatto ammattire Paolo Maldini in un Milan-Porto (2-3, doppietta per lui, entrando a mezz’ora dalla fine) di Champions; lo stesso Jardel che, passato al Galatasaray, ne aveva infilati altri 22 in 24 partite di campionato, sfilando la Supercoppa europea al Real Madrid con una doppietta e poi, tornato in Portogallo allo Sporting Lisbona, si era superato con un’annata da 42 gol in 30 partite.

Lui, proprio lui: ma con almeno 10 chili in più addosso e il fiuto del gol smarrito da oltre un anno. Più precisamente dall’estate 2002, quella del Mondiale vinto dal suo Brasile, che lui si godette – si fa per dire – in poltrona, scartato dal Ct Scolari. Aggiungiamoci che in quel periodo viene anche lasciato dalla moglie, la modella Karen Ribeiro Matzenbacher (ex, tra l’altro, dell’affaraccio viola Marcio Santos, quello che sognava Sharon), e il mix esplosivo diventa in un attimo depressione prima e dipendenza dalla cocaina (nel tentativo di scacciare la depressione), dopo. Una situazione drammatica, ma nel cinico mondo del calcio se sei un attaccante sei utile se fai i gol, altrimenti quella è la porta.

Lo Sporting sospetta addirittura che la depressione sia in realtà una mossa del suo manager, José Veiga, per arrivare alla cessione, ma gli acquirenti in ogni caso non si fanno vivi. Alla fine si fa avanti il Bolton, che nel luglio 2003 lo paga un milione e 300mila euro: gioca 7 partite, non segna mai. Finisce comunque sui tabloid, ma solo perché all’epoca la sorella Jordana si fidanza con un promettente ragazzino che Mario ha già incrociato nello Sporting Lisbona, il diciottenne Cristiano Ronaldo appena approdato al Manchester United.

Compagni di squadra...

... e quasi cognati

Finché, e qui si torna al nostro gennaio 2004, a Pieroni non viene la pazza idea di provare a rianimarlo, facendogli ritrovare sorriso e gol perduti nel Paese che l’ha più volte cercato (accostato a più riprese a Milan e Juventus, ai tempi d’oro) e che lui insegue da sempre. È il suo pallino, l’Italia, e così non ci pensa due volte quando arriva la proposta dell’Ancona. Non importa che la squadra sia ultimissima in classifica e sembri assemblata da un fantallenatore nostalgico con ambizioni da talent-scout: Jardel dice sì e finisce per essere il grande acquisto di gennaio in un mercato in cui arrivano anche uno stanco Dino Baggio a fine carriera, Luis Elguera (fratello del più talentuoso Ivan), il portiere svedese Magnus Hedman, l’ex-promessa Corrado Grabbi, un Luigi Sartor martoriato dagli infortuni, l’interista Alessandro Potenza (rispedito al mittente dopo una partita!) e Cristian Bucchi, forse l’unico a salvarsi in quella folle stagione. Diciotto i nomi in uscita, tra cui Hubner, Luiso, Di Francesco, Viali, Poggi (da cui Jardel eredita il 9): Pieroni era serio, quando minacciava di cambiare tutta la squadra.

Il 18 gennaio 2004, giorno della presentazione, Jardel è in formissima, almeno a parole. Fornisce titoli già pronti come «Stavolta mi sono preso l’Italia e non la mollo più», «Voglio regalare all’Ancona lo scudetto dei piccoli: la salvezza», per finire con un non elegantissimo – almeno per un neo-acquisto – «Lasciatemi fare gol e allora qualcuno verrà a richiedermi: io credo ancora a una ‘grande’ italiana». Fa ancora peggio una volta uscito dalla sala stampa, quando il team manager Petrachi lo accompagna in campo per salutare la curva prima che inizi la partita contro il Perugia. Lui, che dell’Ancona conosce solo i colori sociali, si dirige festante verso la prima curva biancorossa che vede, peccato che sia quella del Perugia. Solo il provvidenziale intervento di Petrachi che lo riporta sulla retta via evita il peggio.

Non può nulla, però, una settimana dopo, quando Jardel fa il suo esordio in campo. Nella prima di ritorno l’Ancona affronta il Milan, a San Siro. All’andata era finita con un 2-0 secco targato Shevchenko, che aveva fatto venire il mal di testa a Bilica, il suo marcatore (vendicandosi di quando, 4 anni prima, gli aveva parato un rigore), impreziosito dalla prima in rossonero di Kakà, al quale erano bastati un controllo e uno strappo dei suoi dopo pochi minuti per far capire a tutti con chi avremo avuto a che fare.

Nessun problema, garantisce un Jardel sempre più spavaldo. «Io da San Siro esco sempre con qualcosa di buono: probabilmente quello stadio mi porta bene, o forse è lo stesso Milan a donarmi questo effetto», profetizza alla vigilia, e a guardare i precedenti (4 gol ai rossoneri in 4 incroci) non avrebbe nemmeno tutti i torti. Uscirà da San Siro con un 5 in pagella di incoraggiamento e un 5-0 sul groppone. Memorabili alcuni commenti sui giornali del giorno dopo, tra cui spicca un “Jardel per il momento sembra un commendatore che fa jogging”.

Ne fa le spese Sonetti, esonerato: al suo posto Galeone (ma si era pensato anche a Beppe Bergomi), che contro Lecce e Modena tiene fuori il commendator Jardel. «Diciamo che non era in condizione - spiega - Non poteva giocare e lo sapeva anche lui. Se si fosse lamentato gli avrei fatto vedere le cassette di quando era al Porto. Ma sta trovando la forma e diventerà prezioso». Lo si rivede a quella dopo, in un sorprendente 0-0 con la Roma di Totti e Cassano che sta inseguendo il Milan capolista; poi, e siamo al 22 febbraio, 36 minuti contro l’Udinese, sua terza e ultima apparizione con la maglia dell’Ancona. Il 29 marzo viene rispedito al Bolton, dopo 203 minuti di carriera in Italia. Perfetta sintesi di ciò che fu quel surreale mercato di gennaio dell'Ancona.