Dopo la vittoria dell'Europa League, Sarri dedica il trofeo ai tifosi del Napoli, ma poi li gela con una frase: "Avranno sempre il mio rispetto, ma a volte la professione porta a fare altri percorsi"
CHELSEA-ARSENAL 4-1, GOL E HIGHLIGHTS
Il tifo è una cosa, la professione un’altra. Questo il concetto, in sintesi, espresso da Maurizio Sarri fresco vincitore dell’Europa League. Che dedica ai tifosi del Napoli quel successo che non è riuscito a garantire loro, ma che in fondo li avvisa che tutto è possibile nel calcio, quando viene inteso come lavoro.
“Mi hanno fatto piacere i complimenti del Napoli e del suo presidente, i napoletani sanno l’amore che provo per loro e sanno che ho scelto l’estero per non andare in un’altra italiana un anno fa. Avranno sempre il mio rispetto, ma a volte la professione porta a fare altri percorsi”.
L'illusione della giacca
Non vuole illudere nessuno, tanto meno i tifosi che l'hanno tanto amato, anche se la sua serata era iniziata proprio con un'illusione, quando scendendo dal pullman e presentandosi allo stadio in giacca e cravatta ci aveva fatto pensare che avesse cambiato abitudini: più probabile vedere la sua squadra schierata con il 3-5-2, conoscendolo, e difatti il travestimento è durato poco. Prima si è allentato il nodo, poi ha fatto sparire la cravatta, infine si è sfilato pure la giacca. All’ingresso in campo, per la finale di Europa League, tutto era tornato alla normalità: Sarri in tuta e il suo Chelsea con le tre punte.
E con la sua inseparabile tuta ha sollevato il primo trofeo della sua carriera (ma su questo si potrebbe discutere), scatenato nel momento della premiazione, vicinissimo ai suoi ragazzi nonostante le voci di mercato degli ultimi giorni lo abbiano allontanato dalla panchina del Chelsea di circa 1.200 km, la distanza che separa Londra da Torino.
Primo trofeo? Non è esatto
Primo successo in Europa League di un allenatore italiano dal 1999 (l’ultimo era stato Malesani con il Parma, quando ancora si chiamava Coppa Uefa), il terzo “italian” ad alzare un trofeo sulla panchina del Chelsea dopo Vialli (Coppa delle Coppe 1998) e Di Matteo (Champions 2012). Primo trofeo personale per Sarri, dicevamo, ma solo se non consideriamo la Coppa Italia di serie D conquistata nel 2003 alla guida del Sansovino, superando la concorrenza di 162 squadre italiane. Questa volta ne ha “battute” 213, provenienti da tutta Europa, confermando la sua attitudine a crescere: dal Sansovino all’Empoli portato in A, fino al Napoli migliorato anno dopo anno contendendo lo scudetto alla Juventus che adesso lo tenta.
Alla fine Sarri ha vinto con le sue idee, leggermente (e intelligentemente) smussate come è capitato a tutti quelli che si sono confrontati con il calcio inglese, ma sempre fedele al possesso palla, alle azioni ragionate chiuse da spettacolari folate in verticale, alla regia di Jorginho, alla ricerca della qualità. E alla sua tuta.