Nel Circus della Formula 1 i top manager con un passato da pilota sono ormai pochi, molti meno rispetto al passato. La propensione al rischio è quindi diventata molto bassa e per questo il ricambio dei piloti oggi è lentissimo. C’è un’eccezione su tutti, quella rappresentata da Helmut Marko
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Il Gran Premio di Francia è terminato da poco, e gli addetti alla logistica delle squadre fremono per entrare in azione. Il tempo a disposizione per impacchettare le hospitality e il materiale tecnico è davvero poco, visto che giovedì mattina tutto deve essere già montato e operativo sul circuito Red Bull Ring, distante 1112 chilometri. Tra i ‘cicalini’ dei carrelli elevatori un addetto ai lavori stringe con la mano destra una ventiquattr’ore in pelle nera, ed attende il resto dei passeggeri di un volo privato che decollerà dalla pista adiacente il circuito nel giro di pochi minuti: direzione Gran Bretagna. “Niente traffico per noi - ammette – siamo fortunati, ma sai quanti anni di code mi son fatto…”.
Si parla di mercato piloti, e il discorso arriva ovviamente ai top team. “Facci caso – spiega il nostro amico prima di decollare – c’è chi per indole si sente sicuro delle proprie scelte e chi meno. Tra i manager solo pochi ormai hanno nel proprio curriculum un passato da corsa. La maggior parte sono stati assunti provenendo da altri contesti, percependo stipendi che nel mondo ‘ordinario’ non prendono neanche amministratori delegati di grandi aziende. Quindi l’obiettivo diventa quello di esporsi il meno possibile, ed evitare problemi. Cosa c’entra col mercato? C’entra, perché pochissimi oggi sono disposti a prendersi dei rischi, sbagliare una scelta vuol dire mettere a rischio il posto di lavoro, quindi di base resta sempre tutto com’è”.
Il messaggio è chiaro. È per questo che il ricambio dei piloti è lentissimo e le divise vengono quasi tatuate sulla pelle dei piloti? “Non del tutto. C’è ancora qualcuno che ci mette la faccia e rischia. Helmut Marko lo fa, lui è un ex pilota, un manager lo è diventato dopo, e gestisce i piloti a modo suo. La sua formazione è avvenuta in pista, e nel bene e nel male si vede. Gli piace un pilota? Lo mette su, e se ne assume la responsabilità. Un altro non va come previsto? Lo mette a piedi, magare viene criticato, ma va per la sua strada. Questo weekend si è parlato di Leclerc, e sai come la vedo? C’è Marchionne dietro questa scelta, lui è un altro che prende decisioni, altrimenti avremmo visto Kimi anche nel 2019. Vedrete che alla fine Hamilton e Bottas resteranno dove sono, in Mercedes nessuno si prenderà il rischio di ritrovarsi a rivivere il 2016, con il box spaccato in due e l’agonismo che è costato al team delle vittorie già in tasca”.
Scusi, ma non vedremo più stagioni ad alta tensione tra compagni di squadra? “Forse in Red Bull, se il team arriverà ad avere una monoposto da Mondiale, o forse in Ferrari. Provate a pensare se il prossimo anno dovesse essersi un Leclerc che dà fastidio a Vettel come fece Hamilton in McLaren con Alonso…non sarebbe facile da gestire, però vuoi mettere lo show?”.