Dalla F2 alla F3: l'Italia cerca gloria in Ungheria con Antonelli, Minì e Fornaroli

GP UNGHERIA

Lucio Rizzica

©Motorsport.com

L'Italia del motorsport finora all'Hungaroring non ha avuto grandissime occasioni per gioire. E dire che la storia era partita bene, se si pensa che nel 1936, il primo Gran Premio Automobilistico d’Ungheria lo aveva vinto Tazio ‘Nivola’ Nuvolari, vestito del suo celebre maglione giallo. Adesso, tra Formula 2 e Formula 3, ci affidiamo ad Antonelli, Minì e Fornaroli. Qui un viaggio nella storia aspettando di andare in pista. Tutto il tutto il weekend è live su Sky e in streaming su NOW

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Nonostante anche in Ungheria sventoli un tricolore, per giunta di un bianco rosso e verde assai vicini alle tonalità di quello italiano -ma a bande orizzontali, mentre il nostro è posto in verticale- nelle gare a quattro ruote svoltesi sul tracciato di Mogyoród, piccolo comune nella contea di Pest che ospita il circuito noto come Hungaroring, entrambe le bandiere non hanno fin qui avuto grandissime occasioni di garrire liete al vento magiaro. E dire che la storia era partita bene, se si pensa che nel 1936, il primo Gran Premio Automobilistico d’Ungheria lo aveva vinto Tazio ‘Nivola’ Nuvolari, vestito del suo celebre maglione giallo con tanto di iniziali e con tanto di tartarughina d’oro al collo, celebre portafortuna regalatogli da Gabriele D’Annunzio al Vittoriale nell’aprile di quattro anni prima, con la dedica ‘all’uomo più veloce, l’animale più lento’. Ma c’è un ma. E sveliamo l’inghippo. Quel successo, lontano nel tempo ben ottantotto anni fa, non venne celebrato all’Hungaroring (inaugurato solo nel 1986) ma nel Parco Népliget di Budapest, il Parco del Popolo di Pest, vicino alla Piazza degli Eroi, zollato e alberato nel 1860 sotto la supervisione austriaca. Lì si era corso il prestigioso primo e ultimo Magyar Nagydíj. Un graffio isolato italiano del ‘mantovano volante’, alla guida di un’inarrivabile Alfa Romeo color rosso sangue di bue, progettata da Vittorio Jano e via.

Quella grande conquista al di là del muro e della cortina

Prima di tornare in Ungheria a correre passò mezzo secolo. Fu una grande conquista simbolica riuscire ad andare al di là del muro, della cortina, in pieno blocco sovietico, in pieno cuore socialista sovietico e portare la Formula 1 in braccio a un comunismo lì un po’ edulcorato dalle prime aperture vigilate, ma non troppo. L’Ungheria era al tempo un Paese ‘a suo modo più aperto’ e ‘sperimentale’, eppure era ancora fresco quel no ricevuto da Leonid Breznev dopo che sembrava fatta, tre anni prima, a proposito di portare un Gran Premio a Mosca. Al punto che -in un calendario assai provvisorio- la data era stata persino stabilita. Ma comunque Budapest era pur sempre una frontiera di avanguardia, di scambi, di gemellaggi con la Germania Ovest, l’Italia, il mondo. Da allòra si sono fatti passi da gigante. Non sempre per il verso giusto. In ogni caso c’è stato Michail Gorbačëv alla guida del PCUS, è caduto il Muro di Berlino, si è dissolta l’Unione Sovietica, la DDR è svanita, poi sono successe così tante altre cose: la guerra fredda è finita, è nata l’EU, è arrivato l’EURO e -a dire il vero- non giurerei che stiamo poi così tanto meglio. In ogni caso il Gran Premio d’Ungheria è diventato quasi una istituzione ed è puntualmente presente nel calendario della Formula 1, ma anche della Formula 2 e della Formula 3 (che hanno preso il posto rispettivamente di Gp2 e Gp3).

Finora poche gioie per l'Italia del motorsport in Ungheria

Per tornare all’incipit del nostro pezzo, la bandiera tricolore italiana (quella magiara ha avuto sinceramente meno talenti in cui sperare) non ha fin qui avuto dal 1986 ad oggi grandissime occasioni di garrire lieta al vento magiaro. Parliamo di una quasi consecutività di competizioni che sfiora oramai i quattro decenni, nel corso della quale ci saremo anche avvicinati al successo, ma lo abbiamo toccato con mano poche volte. O meglio, mai in Formula 1, che io ricordi. Una sola volta nelle gare Sprint di GP2 (Giacomo Ricci, su DPR nel 2010) e una nelle gare Sprint di Formula 2 (Luca Ghiotto, Su Hitech nel 2020). Poi una volta in gare Sprint di GP3 (Kevin Ceccon, su Arden nel 2015), una in gare Feature (ancora Luca Ghiotto, su Trident e sempre nel 2015) e una soltanto in Formula 3 in gare Sprint (Matteo Nannini, su HWA nel 2021). Poi basta. Un po’ pochino, no? Quest’anno ci presentiamo a Mogyoród con Gabriele Minì (Prema) leader della Formula 3 e Leonardo Fornaroli (Trident) in corsa anch’egli nella lotta per il titolo di categoria. E con Kimi Antonelli (Prema), fresco vincitore di una Sprint race sul bagnato a Silverstone. Le speranze (e le premesse) che tutti e tre possano fare bene ci sono tutte. E che un paio su tre possano fare sventolare la bandiera italiana sul gradino più alto del podio almeno nel 50% delle gare pure. Non so chi, due a caso. ma mi accontenterei di risentire l’inno, italiano, come tanti anni fa…